25.10.2018 Corte di Appello Ancona sent. 2337/2018 – Pres. Castagnoli –est. Bora

Risarcimento danni – caduta di alberi – responsabilità del proprietario o del custode del terreno – condizioni – domanda riconvenzionale riproposta dagli appellati senza ricorso incidentale – inammissibilità.

29/01/2019

…“Con atto di citazione notificato il 27.7.2005, A e Soc. B convenivano davanti al Tribunale di Urbino, C al fine di ottenere la condanna nei suoi confronti al risarcimento dei danni riportati dalle proprie autovetture in conseguenza della caduta di un’acacia insistente sul fondo di proprietà di C, verificatasi il 13.7.2002.             Il giudizio così instaurato – in seguito esteso anche alla Soc. D, pure citata dagli attori e ad Assicurazioni s.p.a. , chiamata in garanzia dalla predetta società – veniva definito con sentenza n. 255/11, con cui il Tribunale di Urbino, ritenendo che l’obbligo di custodia dell’acacia gravasse sulla Soc. D e ravvisando l’infondatezza dell’eccezione di inoperatività della polizza assicurativa sollevata dalla Assicurazioni s.p.a., condannava la prima al risarcimento dei danni subiti dagli attori e la seconda al rimborso in favore dell’assicurata delle relative somme.             Ha proposto appello avverso la citata sentenza Soc. D, per i motivi di seguito sintetizzati.             Con il primo motivo di gravame, la difesa dell’appellante ha lamentato l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che l’obbligo di custodia dell’acacia gravasse sulla Soc. D in particolare, ha evidenziato che dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata nel giudizio di primo grado è emerso che l’albero insisteva sulla proprietà di C; ha quindi dedotto l’illogicità e la contraddittorietà della decisione, nella parte in cui il primo giudice ha desunto la esistenza del suddetto potere di custodia in capo alla società D dal fatto che quest’ultima aveva compito alcune opere di urbanizzazione dell’area oggetto di causa, in tal modo ignorando le risultanze documentali del procedimento, dalle quali è invece emerso che la porzione di terreno su cui si trovava l’acacia, censita al foglio 6, particella n. 358 del Comune di X, non aveva formato oggetto della convenzione di urbanizzazione conclusa con il Comune, né del successivo atto di cessione dell’area urbanizzata in favore dell’Ente.             Con il secondo motivo di appello, l’appellante ha dedotto l’erroneità, la contraddittorietà e l’illogicità della sentenza nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto irrilevante, al fine di individuare il soggetto gravato dall’obbligo di custodia dell’acacia oggetto di causa, la circostanza – confermata dai testi – che il Comune di X si occupava della manutenzione dell’area in questione.             Con il terzo motivo di impugnazione, l’appellante ha sostenuto che l’evento dannoso oggetto di causa va comunque ricondotto al caso fortuito, attesa l’eccezionalità dell’evento atmosferico – desumibile dal contenuto del rapporto redatto dagli agenti intervenuti sul luogo, confermato dal teste in occasione del quale si è verificata la caduta dell’acacia.             Con il quarto ed ultimo motivo, è stata infine lamentata l’erroneità della pronuncia nella parte in cui il primo giudice ha ritenuto provati nel quantum i danni allegati dagli attori, evidenziando l’inidoneità a tal fine dei preventivi di riparazione prodotti in copia.             L’appellante ha quindi rassegnato le seguenti conclusioni: “Voglia l’Ill.ma Corte di Appello adita, in riforma della sentenza n. 255/2011 pronunciata dal Tribunale di Urbino in data 17.6.2011 ed in tale data depositata in Cancellaria, mai notificata, dichiarare, in via preliminare, il difetto di legittimazione passiva dell’odierna appellante Soc. D, in relazione alla richiesta di risarcimento danni spiegata dagli attori, in subordine dichiarare il difetto di specifica domanda;             Nel merito, in via principale, respingere le domande degli attori o comunque le pretese risarcitorie da chiunque proposte nei confronti della Soc. D, siccome inammissibili ed infondate, per carenza di responsabilità alcuna dell’odierna appellante;             Nel merito, in via subordinata, dichiarare che la verificazione dell’evento oggetto di causa è riconducibile a caso fortuito ovvero ad evento atmosferico fortuito ed imprevedibile e rigettare conseguentemente le pretese risarcitorie avversarie ovvero ridurle, nei limiti del giusto e provato.             Nel merito, sempre in subordine, in ipotesi di conferma della sentenza impugnata o di conferma di una qualche responsabilità, anche minoritaria, dell’odierna appellante nella causazione dell’evento dannoso, respingere l’appello incidentale spiegato da Assicurazione dichiarandosi l’operatività della polizza assicurativa nel caso di specie con accoglimento della domanda di manleva e garanzia spiegata dall’odierna scrivente per ogni esborso che la stessa fosse tenuta a corrispondere in conseguenza del procedimento de quo, detratta la franchigia di polizza.             In ogni caso rigettare le pretese risarcitorie avversarie, da chiunque spiegate nei confronti dell’odierna appellante, in quanto non provate né dovute.             Con vittoria delle spese legali tutte di entrambi i gradi di giudizio”.             Gli appellati A e Soc. B si sono costituiti, contestando tutti i motivi di appello: hanno chiesto quindi la reiezione della impugnazione, perché infondata in fatto e in diritto; nella denegata ipotesi di accoglimento dell’appello principale, hanno chiesto di accertare la responsabilità di C nella causazione dell’evento e, per l’effetto, di condannarlo al risarcimento dei danni subiti; il tutto con vittoria di spese di entrambi i gradi di giudizio.             Anche l’appellato C si è costituito, contestando l’appello; ha, quindi, chiesto la reiezione della impugnazione, perché infondata in fatto e in diritto; in via subordinata, ha chiesto “di accogliere la domanda subordinata dell’appellante nella parte in cui chiede di dichiarare che la verificazione dell’evento oggetto di causa è riconducibile a caso fortuito ovvero ad evento atmosferico fortuito e imprevedibile e rigettare conseguentemente o ridurre le pretese risarcitorie di A e Soc. B”, con vittoria di spese e competenze di entrambi di gradi di giudizio.             L’appellata Assicurazioni si è ritualmente costituita, chiedendo di accogliere l’appello principale e, per l’effetto, riformare la sentenza impugnata, respingendo la domanda avanzata nei confronti della Soc. D, ha proposto inoltre appello incidentale, lamentando l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tribunale ha respinto l’eccezione di inoperatività della polizza assicurativa, evidenziando in particolare che l’evento dannoso si è verificato in un contesto non riconducibile alle attività coperte dal contratto di assicurazione concluso con la Soc. D, pertanto, in via subordinata, nell’ipotesi di rigetto dell’appello principale, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, previa declaratoria di non operatività della polizza nel caso di specie, ha chiesto di respingere la domanda di garanzia proposta nei suoi confronti dalla Soc. D, il tutto con vittoria di spese di entrambi i gradi di giudizio”… …“II) Il primo motivo di appello principale è fondato e va, quindi, accolto. Invero, non è condivisibile il ragionamento che ha condotto il Tribunale ad affermare la responsabilità della società odierna appellante in via principale, non potendosi ritenere che l’obbligo di custodia dell’acacia, la cui caduta ha determinato l’evento dannoso per cui è causa, gravasse sulla Soc. D. Sul punto, vanno innanzitutto valorizzante le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado, dalla quale è emerso che la pianta di acacia oggetto di causa insisteva sul terreno di proprietà di C che, quindi, a seguito della morte del congiunto, ha acquisito il diritto di proprietà sul fondo in questione, censito al foglio n. 6, particella n. 358 del C.T. del Comune X con particolare riguardo all’obbligo di custodia dell’area, il consulente ha peraltro constatato l’assenza di “norme e prescrizioni in merito alla manutenzione della particella 358”, precisando a tal riguardo che “detta particella infatti non è stata mai ceduta da C al Comune di X , nonostante sia stata frazionata nel 1972, oltre a non essere mai stata oggetto di convenzione tra la proprietà e l’Amministrazione Comunale. Le porzione dell’area verde (..) che corrisponde in catasto alla particella 415, è stata invece ceduta senza corrispettivo alcuno al Comune di X in forza dell’atto del 18.01.2007, repertorio n. 65508 Notaio Venturini di Urbino in ottemperanza alla convenzione del 27.5.1999 rep. n. 29288 Notaio Venturini, dove in quest’ultimo atto si riporta che la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione sono a carico della Soc. D, mentre dopo il trasferimento (18.1.2007) tale obbligo è a totale carico del Comune”. (v. relazione definitiva di C.T.U., pp. 4-5). Dagli accertamenti tecnici compiuti dal consulente, è quindi emerso che la società odierna appellante non ha mai acquisito la titolarità del fondo su cui insisteva l’acacia, né ha mai su di essa esercitato quel potere fisico effettivo richiesto dall’art. 2051 c.c., così come pacificamente interpretato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Cass. 30941/2017; Cass. 1948/2003; Cass. 782/2001; Cass. 1859/2000) al fine di ravvisare la sussistenza in concreto dell’obbligo di custodia: infatti, dalla documentazione prodotta, opportunamente esaminata dal perito incaricato, si evince chiaramente che l’area su cui insisteva l’albero non ha formato oggetto della convenzione di lottizzazione del 27.5.1999 (all. n. 11 alla relazione definitiva del C.T.U.), con cui la società odierna appellante aveva assunto l’obbligo di eseguire opere di urbanizzazione dei terreni di sua proprietà – censiti al C.T. del Comune di X al foglio 6, mappali nn. 138-401-406/parte 410-411-412-413-414 e, nello specifico, in base all’art. 7 dell’accordo in esame, di curare la manutenzione ordinaria e straordinaria delle suddette opere ricadenti all’interno dell’area lottizzata, con l’ulteriore impegno – sancito dall’art. 4 della convenzione – di cedere gratuitamente al Comune il comparto, una volta terminati i lavori (tale cessione è poi effettivamente avvenuta – per l’appunto, con esclusione della particella n. 358 su cui insisteva l’acacia – con atto del 18.1.2007 – all. n. 12 alla relazione del C.T.U.). Non è quindi condivisibile la ricostruzione della vicenda compiuta dal primo giudice, che non trova plausibile fondamento né nelle dichiarazioni rese dai testi escussi in primo grado, né nelle sopra richiamate risultanze documentali, dalle quali, per quanto si è detto, non può desumersi alcuna espressa assunzione da parte della società D dell’obbligo di custodia della zona su cui insisteva l’acacia, né da tali risultanze può evincersi l’avvenuto esercizio da parte della società medesima di un potere fisico effettivo sull’area in questione che, peraltro, non risulta neppure contigua alle zone interessate dalla convenzione di urbanizzazione (come può constatarsi dall’estratto di mappa scala 1:2000, all. n. 3 alla relazione del C.T.U.). Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, il primo motivo di appello principale è quindi fondato e va accolto: resta pertanto assorbito l’esame degli ulteriori motivi di impugnazione articolati in via subordinata dall’appellante in via principale, nonché della questione – relativa alla inoperatività della polizza assicurativa – dedotta sempre in via gradata dalla Assicurazioni con l’appello incidentale. III) Quanto alla domanda riproposta in via subordinata dagli attori, odierni appellati nei confronti di C, si osserva che, secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione, “soltanto la parte vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per far valere le domande e le eccezioni non accolte e, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c., può limitarsi a riproporle mentre la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione, di cui intende ottenere l’accoglimento, ha l’onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato sul rigetto della stessa” (Cass. n. 9889/2016, che rimanda a Cass. Sez. U. n. 12067 del 2007; in tal senso anche di recente, v. Cass. n. 8674/2017). Nella specie, gli attori, odierni appellati, risultano soccombenti in relazione alla domanda risarcitoria avanzata nei confronti di C infatti il Tribunale ha esaminato tale domanda e ha escluso la responsabilità del predetto convenuto, proprietario della particella n. 358 sulla quale si trovava l’acacia, non ravvisando in capo al medesimo – che da lunghissimo tempo non era nel possesso dell’area il potere di custodia; gli appellati si sono limitati in questa sede a riproporre la domanda in via subordinata, senza formulare specifica impugnazione avverso la parte della sentenza che l’ha motivatamente respinta né censurare le argomentazioni poste a fondamento del rigetto. Pertanto, alla luce del principio di diritto sopra esposto, l’esame di tale domanda resta precluso dall’avvenuta formazione del giudicato sulla reiezione della stessa; tale conclusione assorbe infine l’esame dell’ulteriore questione relativa alla riconducibilità dell’evento dannoso al caso fortuito – prospettata in via subordinata dal C.”…  

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