Abuso edilizio – interventi SCIA – irrilevanza penale

7.2.2020 Trib. Pesaro – Sent. 862/2019 -Est. Di Palma

27/02/2020

IN FATTO E IN DIRITTO Nelle rispettive qualità indicate al capo d’imputazione X, Y, Z sono stati citati a giudizio per rispondere dei reati di cui all’art. 44 lett. a) e b) DPR N. 380/2001 di cui in epigrafe. Aperto il dibattito ed ammesse le prove, si è proceduto all’esame dei testi indicati dalle parti e del consulente di difesa Ing. L., nonché ad acquisizione dei documenti prodotti. L’imputato Y ha reso spontanee dichiarazioni. Il processo si è concluso all’udienza del 10.12.2019 mediante discussione e conclusioni delle parti, e pronuncia di sentenza con lettura del dispositivo in udienza. Risulta dalla documentazione acquisita agli atti e dalle disposizioni testimoniali che con SCIA protocollata in data 29.10.2015 presso il Comune di V, X proprietario dell’immobile, segnalava intervento di restauro e risanamento conservativo di edificio rurale abitativo in zona agricola E (scheda 37 dei fabbricati rurali ed extraurbani). Veniva allegata relazione tecnica con documentazione integrativa da parte del geom. Y. Faceva seguito nota del Comune di V datata 4.2.2016, relativa agli adempimenti da eseguire prima dell’inizio dei lavori (doc. 3 prod. Imp. Z). veniva successivamente trasmessa la comunicazione di inizio lavori (protocollata in data 6.4.2016). in data 8.4.2016 i richiedenti provvedevano a comunicare al tecnico istruttorie dello sportello unico per l’edilizia del Comune interessato che durante le operazioni di demolizione di alcune pareti/solai e di puntellamento delle murature di previsto mantenimento come da progetto di restauro e risanamento conservativo, dette murature erano risultate in elevatissimo stato di degrado aggravato dalle recenti precipitazioni atmosferiche: si comunicava quindi la demolizione e ricostruzione delle partizioni suddette, vista l’impossibilità di recupero delle parti in oggetto, di previsto risanamento. Erano seguiti sopralluoghi il 7 e 8 giugno 2016 sia da parte della Polizia municipale che da parte del responsabile dell’ufficio tecnico comunale Ing. S. Ciò era emerso visivamente riguardava l’avvenuta demolizione dell’intero edificio, con completa eliminazione delle precedenti strutture murarie. L’intervento, ha osservato il teste S, non era quindi per nulla corrispondente a quello oggetto di SCIA (per l’immobile in oggetto, ricompreso nella scheda n. 37 delle NTA del Comune di V quale immobile avente interesse storico, era prevista unicamente la possibilità di procedere ad interventi di restauro e risanamento conservativo): in luogo dell’edificio originario, era presente unicamente una struttura (scheletro) in cemento armato (cfr., foto allegate ai verbali di sopralluogo). In ordine alle dimensioni di tale nuovo manufatto, l’Ing. S (che poi era intervenuto con le ordinanze di sospensione dei lavori e quindi di demolizione, oggetto di impugnazione davanti al TAR) ha precisato che non erano state effettuate misurazioni precise, pur apparendo simile al manufatto originario nella sagoma e nelle piante. Ha ricordato inoltre lo stesso S che in effetti era pervenuta in precedenza comunicazione riguardante pericolo di potenziale crollo della muratura originaria, ma a tale lettera non era stata data risposta, posto che in ogni caso dovevano essere seguiti i piani progettuali, che prevedevano interventi di “cuci e scuci”, essendo del tutto inattuabile un intervento di completa e radicale demolizione come quello invece posto in esecuzione (sul punto, si richiama la stessa relazione allegata alla SCIA, che sosteneva come: “Il progetto prevede il restauro e risanamento conservativo dell’immobile come previsto da PRG attraverso un insieme sistematico di opere che coinvolgono tutte le componenti dell’organismo edilizio (formali, strutturali, distributive e tecnologiche) attraverso una serie di interventi puntuali (cuci e scuci) e rinnovativo (nuova struttura di copertura in legno), nel rispetto degli elementi tipologici dell’edificio”). Ne sono seguite quindi ordinanze di sospensione dei lavori (n. 41/2016) e di demolizione delle opere abusive (n. 57/2016), con le quali è stata ribadita l’assoluta non conformità degli interventi eseguiti alla SCIA depositata e alle successive integrazioni alla stessa, nonché allo strumento urbanistico edilizio vigente, in relazione al quale sull’immobile in oggetto (rientrante nella zona omogenea E agricola e ricompreso all’interno della tabella B delle NTA – scheda 37), non sono previste opere di ristrutturazione edilizia e demolizione e ricostruzione, tra l’altro con tipologia costruttiva diversa, come invece quella realizzata nel caso di specie, che presenta un edificio “completamente demolito, come da sopralluogo di cui sopra, ed al suo posto è presente una  struttura intelaiata in c.a., in contrasto con le norme riferite all’intervento specifico, per il quale non è stato possibile quantificarne la consistenza in termini di superficie e volume, ma che può essere ricondotta alla SCIA depositata, per una superficie complessiva tra piano terra – sottoscarpa e piano terra di mq. 475 circa” (cfr. ordinanza di demolizione in atti). In base a tali risultanze ritiene il giudicante che, a prescindere dalle osservazioni della difesa sulla congruità dello strumento urbanistico adottato in relazione all’immobile “de quo”, ed alla presunta mancanza di qualsiasi pregio storico che ne giustificasse la particolare “protezione” così adottata, emerge con chiarezza la violazione compiuta, eseguendo lavori evidentemente difformi dallo stesso elaborato progettuale presentato quale accompagnamento alla SCIA, e al di fuori da quanto consentito dagli strumenti urbanistici comunali. Né la semplice comunicazione inviata al Comune. Relativa alla presunta impossibilità per cause di forza maggiore di seguire le modalità di lavoro in precedenza stabilite, può valere a “sanare” quanto immediatamente dopo realizzato, mediante demolizione completa del fabbricato preesistente e realizzazione della intelaiatura in cemento armato. A tal proposito, si veda Cass. pen. Sez. 3 n. 1978 del 16/1/2015, secondo la quale “la demolizione o il crollo dell’intero fabbricato non consente la sua ricostruzione, senza la necessità verifica da parte dell’autorità amministrativa nell’ambito del provvedimento concessorio e nel rispetto della normativa urbanistica vigente al momento del rilascio del provvedimento abilitativo”. Nel caso di specie, è stato eseguito appunto un intervento di ristrutturazione edilizia, concetto nell’ambito del quale rientra, ex art. 3 lett. d) DPR n. 380/2001, anche l’intervento di demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria. Sorge la necessità, in relazione alle contestazioni elevate a carico degli imputati nelle rispettive qualità (che emergono dagli atti e sulle quali non vi sono contestazioni), di verificare però la rilevanza penale dell’intervento realizzato. Gli interventi di ristrutturazione edilizia diversi da quelli indicati nell’articolo 10 co l. lett. c) DPR n. 380/2001 sono infatti realizzabili mediante SCIA prevista dall’art. 22 dello stesso DPR; nel caso in cui rientrino nella previsione del citato art. 10 co.l lett. c) essi necessitano invece – in alternativa al permesso di costruire della cd superscia di cui a successivo art. 23. Differenza essenziale ai fini che qui interessano, poiché le sanzioni penali previste dall’art. 44 DPR n. 380/2001, per effetto del disposto dell’ultimo comma di tale articolo, sono applicabili soltanto per gli interventi edilizi suscettibili di realizzazione (oltre che a seguito di permesso di costruire) mediante segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’art. 23 eseguiti in assenza o totale difformità dalla stessa, e non anche per interventi (pure abusivi) per i quali sia sufficiente la SCIA prevista dall’art. 22. Ciò premesso, ritiene questo giudice che le caratteristiche dell’intervenuto realizzato dagli imputati rientrino appunto nella categoria della ristrutturazione edilizia come indicata all’art. 3 lett. d) del Tu di riferimento, e che inoltre esulino dalla previsione dell’art. 10 co. l. lett. c) dello stesso Tu (riguardante gli interventi di ristrutturazione per i quali è richiesto il permesso di costruire o in alternativa la SUPERSCIA di cui all’art. 23), i quali concernono quegli interventi che “portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliare, modifiche della volumetria complessiva degli edifici e dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 e successive modifiche”. Nel caso in esame, l’immobile non risulta sottoposto a vincoli ai sensi della normativa sopra richiamata, e rientra nella zona omogenea E (agricola). Inoltre, come precisato dal tecnico Ing. S ed evidenziato nella stessa ordinanza di demolizione, il nuovo edificio ricostruito (sia pure allo stato embrionale, vista la successiva sospensione dei lavori), non presenta diverse volumetrie né una sagoma diversa rispetto a quella preesistente. Deve necessariamente concludersi che la ristrutturazione eseguita esula dal campo definito attraverso l’art. 10 lett. c) DPR n. 380/2001, rientrando almeno astrattamente negli interventi necessitanti di sola SCIA ex art. 22 del testo Unico. Il fatto che in concreto un tale intervento non potesse essere realizzato perché non consentito dalle NTA del Comune di riferimento non incide sull’inquadramento della vicenda dal punto di vista penale, stante appunto il disposto dell’art. 44 u.c. del Testo Unico in precedenza citato. E ciò neppure con riguardo al reato previsto dall’art. 44 lett. a) DPR n. 380/2001: “in tema di reati edilizi, la sanzione penale di cui all’art. 44 lett. a) DPR n. 380/2001 consegue solo alla violazione della cd SUPERSCIA di cui all’art. 23 co. 01 del medesimo DPR e non anche alla violazione della SCIA prevista dall’art. 22 co.1” (Cass. pen. Sez. 3, sent. n. 44561 del 5/10/2018). Ferma restando la tutela normativamente prevista mediante sanzioni di natura amministrativa in relazione all’intervento come sopra realizzato, si deve concludere pertanto che detto intervento non integra le fattispecie di reato previste dall’art. 44 DPR n. 380/2001 come contestate agli imputati nei due capi di imputazione. Ne consegue la loro assoluzione con la formula “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato” (omissis)…

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