ATC – Ambito Territoriale di Caccia – Associazione privata – svolgimento di attività di rilievo venatorio pubblicistico – conferimento di incarico professionale – giurisdizione G.A. – art. 84 c. 5 d.l. 17.3.2020 n. 18 – decisione con sentenza ex art. 60 cpa - legittimità

4.5.2020 Consiglio di Stato Sez. V – Sentenza n. 2829/2020 – Pres. Franconiero Est. Barreca

04/05/2020

“1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per le Marche ha accolto il ricorso avanzato da X contro l’Ambito territoriale di caccia V (A.T.C. V) per l’annullamento del bando pubblicato in data settembre 2019, avente ad oggetto “Manifestazione di interesse per servizi di assistenza tecnica riferiti alla gestione faunistico venatoria di competenza dell’ATC V”.

1.1. Il ricorrente, professionista qualificato “tecnico faunistico esperto” e “tecnico faunistico degli ungulati selvatici”, secondo la normativa specifica applicabile nella Regione Marche (legge Regione Marche 5 gennaio 1995 n. 7 e succ. mod. e regolamento della Regione Marche n. 3 del 2012), ha impugnato il bando, col quale l’A.T.C. V aveva avviato una procedura per la ricerca di manifestazioni di interesse per l’affidamento dei servizi di assistenza tecnica riferiti alla gestione faunistica venatoria di propria competenza per il triennio 2020-2023, prorogabile di altri tre anni. Tra i requisiti di ammissione alla selezione, a pena di esclusione, era previsto l’avvenuto svolgimento di un servizio di almeno tre anni, documentato da fatture o da attestati di corretta esecuzione del servizio, in favore di almeno un ambito territoriale di caccia della Regione Marche, “per quanto attiene alla gestione della fauna selvatica in applicazione a quanto previsto all’art. 19 della L.R. 7/95 e alla gestione degli ungulati in applicazione a quanto previsto dal regolamento della Regione Marche n. 3/2012, ovvero alla redazione dei piani e programmi di gestione degli istituti faunistici, della fauna selvatica stanziale oggetto di prelievo venatorio e degli ungulati selvatici (cinghiale, capriolo, daino)”.

1.2. Impugnando il bando con quattro motivi, il ricorrente, dopo aver dato atto che era in possesso delle qualifiche che, ai sensi della legge Regione Marche n. 7 del 1995 e del Piano faunistico regionale individuano i “(…) requisiti del personale tecnico addetto alle attività di pianificazione e gestione faunistico-venatoria” (art. 4 comma 2, lett. i, L.R. n. 7 del 1995), nonché di quelle per gli addetti alla gestione faunistico-venatoria degli ungulati, ai sensi dell’art. 2 del regolamento adottato ai sensi dell’art. 27-bis della citata legge regionale, ha dedotto che: 1) il bando prevedeva un’illegittima limitazione delle candidature a coloro che avessero svolto un servizio di almeno tre anni, in favore di almeno un ambito territoriale di caccia della Regione Marche; 2) inoltre, prevedeva che lo svolgimento del servizio triennale presso gli A.T.C. marchigiani dovesse essere riconducibile “(…) alla gestione della fauna selvatica in applicazione a quanto previsto all’art. 19 della legge Regione Marche n. 7 del 95 e alla gestione degli ungulati in applicazione a quanto previsto dal regolamento della Regione Marche n. 3 del 2012 (…)”, richiedendo perciò illegittimamente una separata esperienza professionale in entrambi gli ambiti; 3) era mancata adeguata pubblicità del bando; 4) era troppo breve il termine concesso per la presentazione delle domande.

1.3. Dato atto dell’ammissione con riserva del ricorrente alla procedura selettiva a seguito di decreto cautelare monocratico e della costituzione in giudizio dell’A.T.C. V, il Tribunale amministrativo regionale, con sentenza semplificata ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., ha deciso come segue: - ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’ente resistente; - ha accolto il primo motivo di ricorso, in particolare sotto i profili della violazione della disciplina regionale in tema di requisiti del personale tecnico addetto alle attività di pianificazione e gestione faunistico venatoria, del difetto di motivazione e della violazione di principi in materia di gare pubbliche; - ha quindi annullato il bando impugnato nella parte in cui richiedeva ai candidati lo svolgimento di tre anni di servizio alle dipendenze di un A.T.C. della Regione Marche; - ha reputato assorbente l’accoglimento del primo motivo, in quanto “riguardante l’unica disposizione del bando con carattere escludente per il ricorrente”; - ha affermato la carenza di interesse del ricorrente rispetto ai motivi restanti, non avendo interesse, allo stato, a contestare la scarsa pubblicità del bando e la ristrettezza del termine di partecipazione (dato che aveva regolarmente presentato domanda), né a censurare l’eventuale richiesta, da parte del bando, per la gestione della fauna selvatica e quella degli ungulati, di una separata esperienza professionale nei due campi (dato che tale requisito non risultava con immediatezza dal bando impugnato, e non era quindi immediatamente escludente); - ha compensato le spese processuali.

2. L’ Ambito territoriale di caccia V ha proposto appello con due motivi.

2.1. X ha resistito all’appello ed ha depositato memoria difensiva in data 27 marzo 2020.

2.2. L’appellante ha depositato memoria difensiva in data 31 marzo 2020.

2.3. Fissata la camera di consiglio del 2 aprile 2020 per decidere sull’istanza cautelare dell’A.T.C., il procedimento è stato deciso con decreto monocratico, ai sensi dell’art. 84, comma 1, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18. Con tale decreto, n. 1657 del 3 aprile 2020, è stata respinta l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza ed è stata fissata per la trattazione collegiale la camera di consiglio del 21 aprile 2020.

2.4. Le parti non hanno depositato altre memorie.

2.5. In data 21 aprile 2020, in sede di decisione collegiale sulla domanda cautelare, il collegio, accertata la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 60 cod. proc. amm., ha deciso di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata, deliberando in camera di consiglio ai sensi dell’art. 84, comma 5 e 6, del d.l. n. 18 del 2020.

3. In via preliminare va precisato che l’art. 84, comma 5, prima parte, del d.l. 17 marzo 2020 n. 18 prevede che “Successivamente al 15 aprile 2020 e fino al 30 giugno 2020, in deroga alle previsioni del codice del processo amministrativo, tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ferma restando la possibilità di definizione del giudizio ai sensi dell'articolo 60 del codice del processo amministrativo, omesso ogni avviso. Le parti hanno facoltà di presentare brevi note sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione. […]”. La possibilità di definire il giudizio in camera di consiglio con sentenza in forma semplificata è da intendersi riconosciuta alle condizioni fissate dall’art. 60 cod. proc. amm. per addivenire alla decisione di merito, in modo che sia garantita la partecipazione di tutti gli interessati e l’acquisizione di tutti gli elementi probatori indispensabili al giudizio (cioè, ai sensi appunto dell’art. 60, “accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria”). La deroga eccezionalmente sancita (“... alle previsioni del codice del processo amministrativo”) dall’art. 84, comma 5, citato è riferita quindi soltanto alle modalità di svolgimento del contraddittorio processuale, in quanto vi si prevede che, a seguito di tale deroga, le controversie, nel periodo di tempo delimitato dalla medesima disposizione, passano in decisione “senza discussione orale” e che, in luogo della presenza dei difensori in udienza, si possa avere il deposito di “brevi note sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione”. Tale previsione eccezionale – conforme alla ratio esplicitata dalla rubrica dell’art. 84 di “contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID 19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia amministrativa” - comporta che anche il contraddittorio sulla definizione del giudizio ai sensi dell’art. 60 Cod. proc. amm. (laddove la norma del codice del processo amministrativo richiede che siano “sentite sul punto le parti costituite”) è sostituito dal preventivo scambio di note. L’art. 84, comma 5, espressamente consente la definizione del giudizio con sentenza semplificata, di modo che alle parti, edotte di tale evenienza ex lege in sede di decisione della domanda cautelare, è dato modo di avvalersi delle note d’udienza di cui allo stesso art. 84, comma 5, per dedurre anche sul punto della definizione con sentenza semplificata.

3.1. In mancanza di opposizione o di dichiarazione di voler proporre “motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione”, nel presente giudizio sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 60 Cod. proc. amm., come richiamato dall’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18 del 2020.

4. Prima del merito dell’appello va esaminata la questione di giurisdizione con esso riproposta dall’Ambito territoriale di caccia V 1.

4.1. Col primo motivo si censura la decisione di rigetto della corrispondente eccezione e l’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo, che il primo giudice ha fondato sulle seguenti argomentazioni: - poiché la normativa sulla caccia rende direttamente compartecipi i soggetti interessati ad un aspetto ludico della vita associata, con la migliore gestione della risorsa costituita dalla selvaggina cacciabile, espressamente dichiarata bene patrimoniale indisponibile dello Stato (art. 1 della legge n. 157 del 1992), l’ambito territoriale di caccia non perde la preminente natura di associazione di diritto privato, ma per determinate attribuzioni svolge funzioni pubbliche mediante l'esercizio di poteri autoritativi; a sostegno della conclusione secondo cui il giudice amministrativo ha perciò giurisdizione sull'impugnativa degli atti del Comitato di gestione vengono richiamate le pronunce di Tar Emilia Romagna Parma 17 febbraio 2016 n. 155, Tar Piemonte 16 ottobre 2015, n. 1470 Tar Liguria, 10 giugno 2013 n. 907; Tar Lombardia, Brescia, 11 giugno 2013 n. 561 (ma contra Tar Toscana 10 aprile 2017 n. 546); - le attività oggetto del bando sono in tutta evidenza di rilevanza pubblica ai sensi della legge della Regione Marche n. 7 del 1995, poiché riguardano il piano faunistico venatorio, sottoposto all’approvazione della Provincia (art. 19 comma 2), la quale peraltro coordina i Comitati di gestione degli A.T.C. (art. 19 comma 5) e ne verifica i risultati (art. 19 commi 8 e 9).

4.2. L’appellante afferma, per contro, che la giurisdizione apparterrebbe al giudice ordinario.

4.2.1. L’affermazione è basata in primo luogo sui seguenti elementi: l’art. 17 della legge della Regione Marche n. 7 del 1995 e succ. mod. (che prevede che “Gli ambiti territoriali di caccia sono strutture associative di diritto privato che perseguono finalità di interesse pubblico e operano nel rispetto dei principi di trasparenza e correttezza. Quali organismi tecnico-operativi sono dotati di autonomia organizzativa, statutaria e finanziaria nei limiti stabiliti dalla presente legge e dagli atti programmatici e amministrativi della Regione. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge e dagli statuti degli ambiti si applicano le disposizioni del Libro I, Titolo II, del codice civile anche ai fini del riconoscimento della personalità giuridica”); il fatto che gli organi dell’A.T.C. non sono in maggioranza di nomina pubblica, ma designati o eletti dai soci; i compiti di gestione faunistica di cui all’art. 19, comma 1, della detta legge e la previsione del comma 4 (secondo cui “I comitati direttivi degli ATC per l'espletamento di funzioni di servizio, possono dotarsi con fondi propri di strutture tecniche amministrative e di collaboratori o di personale particolarmente qualificato nel campo della gestione della fauna”); la considerazione che, essendo ogni aspetto della vita associativa caratterizzato per statuto dalla “gestione faunistica ambientale e venatoria”, ove si riconducesse nell’aspetto pubblicistico l’affidamento dell’incarico oggetto della manifestazione d’interesse per cui è processo, attinente a tale gestione, si snaturerebbe la qualifica dell’A.T.C. medesimo come ente di diritto privato.

4.2.2. Inoltre, dopo aver richiamato i precedenti della giurisprudenza europea sulle concomitanti condizioni alle quali è legata la natura di organismo di diritto pubblico (Corte di Giustizia, 10 aprile 2008, causa C-393/06), l’appellante sostiene che non vi sarebbe il finanziamento maggioritario degli A.T.C. né da parte dello Stato né da parte di altri enti pubblici, salvo un “minoritario contributo annuale in conto spese correnti … non superiore al 45% del bilancio dell’ATC” da parte della Regione Marche; il dato avrebbe riscontro nella normativa regolamentare emanata per dare attuazione alla legge (cfr. la deliberazione della Giunta Regionale n. 474 del 30.03.2005) che definisce espressamente l’intervento regionale a favore di ciascun A.T.C. come “contributo” cioè una sovvenzione. Tali considerazioni indurrebbero ad escludere la natura di organismo di diritto pubblico degli ambiti territoriali di caccia, trattandosi di associazioni territoriali che non gestiscono fondi pubblici bensì operano con fondi propri di natura privatistica.

4.3. Il motivo è infondato.

4.3.1. Gli ambiti territoriali di caccia sono strutture associative di diritto privato (corrispondenti a territori agro-silvo-pastorali provinciali, dove è possibile praticare la caccia, perimetrati ai sensi dell’art. 15 della legge regionale e deputati a raccogliere le iscrizioni di cui al successivo art. 16), le quali, come esplicitato dall’art. 17, comma 1, della legge della Regione Marche, 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria) e succ. mod. perseguono “finalità di interesse pubblico e operano nel rispetto dei principi di trasparenza e correttezza”. La disposizione è coerente con la previsione dell’art. 1, comma 1 ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241 che estende l’ambito di applicazione dei principi generali dell’attività amministrativa ai “soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative”. A sua volta, lo statuto dell’A.T.C. V, approvato sulla base di un statuto tipo definito dalla Giunta regionale, ai sensi del citato art. 17, comma 2, ha costituito un’associazione di diritto privato così denominata, non avente scopo di lucro, ma finalizzata alla “gestione faunistica ambientale e venatoria dell’Ambito Territoriale di Caccia V” (art. 1, comma 2), avente scopi fissati (all’art. 3 dello statuto) anche in attuazione dell’art. 19, comma 1, della legge n. 7 del 1995 e succ. mod. (“L'ATC ha compiti di gestione faunistica nel territorio di competenza. A tale fine i comitati di gestione, entro tre mesi dall'approvazione del piano faunistico-venatorio provinciale, presentano alla Provincia un proprio piano quinquennale nel quale devono essere previsti: a) la pianificazione territoriale delle aree di rispetto, con indicazione delle relative modalità gestionali; b) le modalità di gestione faunistica del territorio di caccia programmata; c) i piani di intervento finalizzati al miglioramento ambientale e alla realizzazione di pratiche agricole favorevoli all'incremento della fauna.”). Ai fini del riparto di giurisdizione la preposizione dell’ambito territoriale di caccia all’esercizio di attività amministrative per la cura di interessi evidentemente pubblici, quali quelli appena esplicitati, e quindi la sua soggezione ai principi del procedimento amministrativo comportano, ai sensi dell’art.7 cod. proc. amm., che siano devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, in riferimento -per quanto qui rileva- ad atti adottati dall’ente di diritto privato, ma riconducibili anche mediatamente all’esercizio del detto potere pubblicistico. In linea con la sentenza appellata, va perciò affermato che per l’individuazione del giudice dotato di giurisdizione è del tutto irrilevante la natura privata dell’A.T.C. V, essendo piuttosto rilevante che nella gestione faunistico-venatoria sia deputato a svolgere funzioni pubbliche mediante poteri autoritativi (cfr., per il riconoscimento di tali funzioni pubblicistiche in capo agli ambiti territoriali di caccia, Cass. sez. lav., 27 settembre 2012, n. 16647, laddove si evidenzia che “sono disciplinati direttamente dalla legge su aspetti sostanziali che concernono la stessa composizione dei loro comitati direttivi, perseguono fini che trascendono una dimensione puramente privata in quanto attuativi della normativa comunitaria in materia di caccia e protezione della fauna selvatica, hanno forme di finanziamento non collegate al mercato e sono soggetti ai poteri di controllo e vigilanza da parte degli enti pubblici territoriali.”).

4.3.2. L’atto oggetto della presente controversia è un bando per manifestazione di interesse alla partecipazione ad una procedura selettiva per l’affidamento di servizi di competenza dell’A.T.C. Ai fini del riparto di giurisdizione non è necessario soffermarsi sulla qualificazione o meno dell’A.T.C. come organismo di diritto pubblico (né sugli argomenti spesi dall’appellante per escludere tale qualificazione, non tutti completamente rispondenti alle previsioni di legge, in specie quanto ai poteri di nomina dei componenti dei comitati di gestione ed ai poteri di controllo da parte degli enti pubblici territoriali di riferimento, Regione e Provincia, nonché quanto alle modalità del finanziamento e di rendicontazione: cfr. artt. 18 e 19, della legge n. 7 del 1995). È sufficiente verificare se i servizi oggetto della manifestazione di interesse e della procedura di selezione da indire riguardino, sia pure in parte, attività che A.T.C. V svolge nell’esercizio delle sue funzioni pubblicistiche, rispetto alle quali la posizione del privato si configura - per quanto qui rileva - come di interesse legittimo. Anche per tale profilo va confermata la conclusione raggiunta dal primo giudice circa la rilevanza pubblica delle attività oggetto del bando - peraltro nemmeno specificamente contestata dall’appellante - atteso che l’affidamento riguarda i servizi di assistenza tecnica “riferiti alla gestione faunistico venatoria di competenza dell’ATC V”, come da intitolazione del bando, ed in particolare quelli specificati ai numeri da 1) a 23) sotto la rubrica di “oggetto del servizio”. Senza entrare nel dettaglio, è qui sufficiente ribadire la rilevanza pubblicistica, se non altro, dell’attività di redazione del programma quinquennale dell’ambito, che (essendo collegato al piano faunistico-venatorio provinciale ed avendo i contenuti di cui alle lettere a, b e c dell’art. 19, comma 1, della legge regionale n. 7 del 1995 e succ. mod.), è sottoposto all’approvazione della Provincia (art. 19 comma 2), così come la rilevanza pubblicistica della redazione del programma annuale delle attività dell’ambito, che va trasmesso alla Provincia (art. 19, comma 3), spettando all’ente territoriale l’esercizio di forme di raccordo degli ATC (art. 19 comma 5) e la verifica dei risultati (art. 19 comma 8), tanto che “in caso di inerzia o di gestione non rispondente alle necessità, il comitato di gestione dell’ambito è sostituito dalla provincia” (così l’art. 18, comma 6).

4.4. In conclusione, le funzioni pubbliche esercitate dall’A.T.P. V mediante esercizio di poteri autoritativi e la riconducibilità a tali poteri del bando impugnato in ragione della rilevanza pubblicistica delle attività che ne sono oggetto comportano la giurisdizione del giudice amministrativo, già affermata in primo grado.

5. Respinto perciò il primo motivo, va esaminato il secondo motivo di appello. L’Ambito territoriale di caccia appellante sostiene la legittimità del contestato requisito di partecipazione alla manifestazione di interesse, a pena di esclusione (svolgimento di tre anni di servizio alle dipendenze di un A.T.C. della Regione Marche), in quanto risponderebbe alla finalità di assicurarsi il comprovato possesso di conoscenze del tutto specifiche e peculiari per il territorio marchigiano, ivi compresa la normativa in esso applicabile; si tratterebbe in sostanza di una specificazione delle competenze richieste e previste dalla legge regionale n. 7 del 1995 e dal regolamento regionale 23 marzo 2012, n. 3 in quanto la limitazione geografica troverebbe rispondenza “nella specificità della fauna selvatica e degli ungulati degli ambiti regionali, in rapporto alla normativa peculiare vigente, nonché alle peculiarità del territorio ed alla realtà faunistica peculiare.”. Inoltre, secondo l’appellante, il proprio operato sarebbe conforme al disposto dell’art. 19, comma 4, della legge regionale n. 7 del 1995 e succ. mod. che consente di avvalersi direttamente di collaboratori e di personale qualificato nel campo della gestione della fauna, anche senza ricorso a procedure selettive pubbliche (come accaduto in passato), tanto più che l’A.T.C. non sarebbe tenuto al rispetto dei principi in materia di contratti pubblici e che la limitazione del numero dei partecipanti non potrebbe essere considerato “elemento di illegittimità”, in quanto sarebbe giustificato dalla specifica conoscenza richiesta per la peculiarità del servizio da assegnare. Il motivo è infondato sotto entrambi i profili.

5.1. Quanto al primo, è sufficiente richiamare la motivazione della sentenza appellata secondo cui “le eventuali particolarità della fauna marchigiana (che tra l’altro, paradossalmente, dovrebbero accomunare tutti gli ATC marchigiani ed essere assenti negli ATC limitrofi a quello di V appartenenti ad altre regioni) … avrebbero dovuto essere oggetto di approfondita motivazione nel bando, alla luce del carattere estremamente restrittivo del requisito richiesto”, che impedisce la partecipazione alla selezione di coloro che abbiano maturato la propria esperienza in altre regioni. La limitazione geografica risulta del tutto irragionevole, anche rispetto alla finalità dichiarata, in mancanza di apposito e comprovato supporto motivazionale (nel merito contestato dall’appellato X mediante richiamo di determinazione adottata dall’I.S.P.R.A. – Istituto per la protezione e la ricerca ambientale nel marzo 2020, dalla quale si può tuttavia prescindere).

5.2. Quanto al secondo profilo, va richiamato quanto detto sopra a proposito delle finalità istituzionali dell’ambito territoriale di caccia e dell’obbligo imposto per legge dello svolgimento dell’attività istituzionale nel rispetto dei principi di trasparenza e di correttezza. A ciò si aggiunga che, una volta che sia stata indetta un procedura selettiva pubblica, l’ente che vi abbia fatto ricorso ben può, come rilevato dal primo giudice, richiedere il possesso di determinati requisiti di partecipazione, purché questi siano conformi non solo ai principi relativi al corretto andamento del procedimento amministrativo (economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza) ma anche ai principi sanciti dai Trattati istitutivi dell'Unione Europea e/o elaborati in sede giurisdizionale dalla Corte di Giustizia, segnatamente quelli di libera concorrenza, di parità di trattamento e non discriminazione, di proporzionalità. La limitazione territoriale per l’ammissione della manifestazione di interesse in oggetto risulta nel caso di specie, oltre che irragionevole, posta in violazione di principi di libera concorrenza e di parità di trattamento e non discriminazione, poiché l’ente resistente non ha fornito significativi elementi di riscontro dell’affermato necessario collegamento tra la competenza richiesta per lo svolgimento del servizio di assistenza tecnica e consulenza riferito alla gestione faunistico-venatoria e le caratteristiche della fauna e del territorio regionali.

6. In conclusione l’appello va respinto.

6.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.” (OMISSIS)      

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