Ausiliare del giudice – Stimatore – Compenso – Valutazione aziende e società – Criteri di liquidazione - Fattispecie

30.10.2020 Tribunale Pesaro - Ordinanza Pres. Est. Fanuli

30/10/2020

… “Il Presidente, a scioglimento della riserva, osserva quanto segue: Parte ricorrente lamenta l’eccessiva liquidazione del compenso allo stimatore (attuale resistente) nominato dal G.E. e l’eccessivo importo delle “spese” rimborsate allo stesso relative al compenso dell’ausiliario geometra; chiede, inoltre, che il compenso sia posto a carico, in solido, anche dell’intervenuto. Va anzitutto rilevata la palese inammissibilità della pretesa avanzata dal ricorrente nei confronti del X, per le ragioni dallo stesso evidenziate. Il fatto che all’udienza di discussione il ricorrente abbia rinunziato alla domanda nei confronti del predetto non lo esime dal rimborsargli le spese di lite, che vanno liquidate in misura contenuta, proprio alla luce di detta rinunzia. Esaminando il merito dell’opposizione, appaiono infondate e comunque non pertinenti le censure relative alla emissione del decreto di liquidazione de plano (non essendo previsto il contraddittorio) e al preteso vizio motivazionale. Al riguardo è opportuno premettere alcune considerazioni giuridiche. Secondo i principi espressi dalla Suprema Corte il ricorso avverso la liquidazione del compenso ai periti e consulenti tecnici, non è atto di impugnazione, ma atto introduttivo di un procedimento contenzioso, nel quale il giudice adito ha il potere - dovere di verificare la correttezza di detta liquidazione in base ai criteri legali, a prescindere dalle prospettazioni dell'istante - con il solo obbligo di non superare la somma richiesta, in applicazione del principio di cui all'art. 112 c.p.c. Ne discende che la valutazione del giudice del procedimento di opposizione non è limitata alla verifica della correttezza formale del decreto opposto, ma investe anche la correttezza sostanziale della liquidazione, ben potendo quindi supplire alle eventuali carenze motivazionali del decreto di liquidazione, e senza che ciò determini l'illegittimità della decisione che in tale sede ponga rimedio con le proprie motivazioni alle carenti indicazioni del primo giudice. Trattasi quindi di un procedimento a carattere interamente devolutivo che impone quindi un'integrale rivisitazione della liquidazione, con la necessità di una nuova valutazione, sebbene con il menzionato limite della non eccedenza della decisione rispetto a quanto richiesto dall'ausiliario, non essendo dato quindi addivenire alla mera declaratoria di invalidità del provvedimento per carenza della motivazione, ma dovendo il giudice dell'opposizione invece autonomamente motivare, ancorché per relationem con rinvio a quanto esposto nel decreto (laddove invece il decreto sia munito di adeguata motivazione), sul perché la liquidazione debba essere compiuta in un certo importo (cfr., per tutte, Cassazione civile, sez. VI, 22/01/2018 -ud. 19/10/2017- dep.22/01/2018, n. 1470). Sono palesemente infondate anche le eccezioni relative alla asserita errata individuazione del valore della lite nel calcolo del compenso, all’asserito scarso pregio della consulenza e all’obbligo di decurtazione del compenso per tardivo deposito della relazione. Il valore su cui determinare il compenso del CTU non può essere quello coincidente con la valutazione finale del complesso aziendale (nella specie: modesto o negativo). L’infondatezza logico-giuridica dell’assunto è evidente. E’ sufficiente il ricorso all’ argomento apagogico: a voler applicare la regula iuris proposta da parte ricorrente si arriverebbe alla conclusione, illogica, che nel caso in cui, ad esempio in caso di vizi della cosa o altre cause di risarcimento dopo accertamenti estremamente approfonditi il consulente abbia escluso l’esistenza di vizi o difformità (escludendo ogni risarcimento) non gli spetterebbe alcun compenso. Così, nella specie, stante il valore negativo dell’oggetto delle valutazioni. Il valore della controversia è cosa ben diversa dalla quantificazione risultante dalla valutazione tecnica: è inutile soffermarsi su principi elementari. Ci si può limitare a richiamare l'orientamento della Suprema Corte (cfr. tra le altre Cass. 27.8.2015 n. 17140 e Cass n. 15465/2013) secondo cui il giudice, in difetto di altri elementi, può anche basarsi sui valori indicati dal consulente nella propria richiesta, se ritenuti congrui. In tal caso è stato correttamente ritenuto che la pretesa di parte ricorrente, quantificata sulla base di analisi dettagliata, consentisse di individuare il valore della controversia, su cui parametrare la liquidazione degli onorari a percentuale. Quanto alle altre eccezioni, il lavoro del consulente appare diligente e adeguato alla complessità della valutazione richiesta. Inoltre non vi è stato alcun ritardo nel deposito della relazione, atteso che lo stesso ha ottenuto proroga e depositato nel termine prorogato. Passando alla quantificazione, il CTU ha preso le mosse, come base di calcolo dalla somma delle attività nette e della passività delle attività oggetto di valutazione ed è pervenuto a valutare un compenso base di €. 8.000, applicando gli scaglioni di cui all’art. 2 d.P.R. cit. e poi ne ha chiesto l’aumento per l’eccezionale complessità della prestazione. Questa modalità si espone alle fondate eccezioni di parte ricorrente. Nella liquidazione in esame il giudice deve utilizzare il parametro del D.M. 30 maggio 2002, ex art. 3, che stabilisce che per la perizia o la consulenza tecnica in materia di valutazione di aziende, enti patrimoniali, situazioni aziendali, patrimoni, avviamento, diritti a titolo di risarcimento di danni, diritti aziendali e industriali nonché relativi a beni mobili in genere, spetta al perito o al consulente tecnico un onorario determinato ai sensi del precedente art. 2 e ridotto alla metà. Il richiamato art. 2, a sua volta, dispone che per la perizia o la consulenza tecnica in materia amministrativa, contabile e fiscale, spetta al perito o al consulente tecnico un onorario a percentuale calcolato per scaglioni. Non spetta neanche l’aumento di cui all’art. 52 co. 1 d.P.R. n. 115/2002. In tale ottica deve evidenziarsi che ai sensi della L. 8 luglio 1980, n. 319, art. 5 (oggi D.P.R. n. 115 del 2002, art. 52) costituiscono prestazioni eccezionali per le quali è consentito l'aumento fino al doppio degli onorari previsti nelle tabelle, quelle prestazioni che, pur non presentando aspetti di unicità o, quanto meno, di assoluta rarità, risultino comunque aver impegnato l'ausiliare in misura notevolmente massiva, per importanza tecnico scientifica, complessità e difficoltà (cfr. Cass. nn. 5132/1996; 9761/1997). Nel caso in esame l’eccezionalità così intesa non emerge, pur dovendosi dare atto dell’elevata qualità del prodotto tecnico scientifico. Ne consegue che il compenso va ridotto ad €. 4.000. Fondata, per quanto di ragione, è anche l’eccezione relativa alla quantificazione del compenso dell’ausiliario geometra. La liquidazione, trattandosi di unico incarico doveva avvenire previo accorpamento dei valori dei singoli immobili stimati, ai fini dell’applicazione dell’aliquota decrescente per scaglioni di cui all’art. 13 D.M. 30.5.2002. Non sussistono i presupposti per le riduzioni di cui al secondo comme del suddetto articolo, invocate da parte ricorrente, ma neanche per l’applicazione del massimo tariffario. Applicando valori intermedi dei rispettivi scaglioni, equo appare l’importo -superiore comunque a quello medio- di complessivi €. 2.500. L’accoglimento solo parziale dell’opposizione giustifica la compensazione delle spese di lite, nella misura della metà, con l’addebito dell’altra metà a parte resistente.  (omissis)

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