Azione revocatoria – atto di scelta del regime di separazione dei beni ex art. 191 c.c. – fattispecie – inammissibilità dell’azione – responsabilità sussidiaria del coniuge ex art. 189 – 190 c.c. – inapplicabilità in assenza di regime di comunione dei beni.

24.3.2023 Tribunale di Pesaro Sent. 235/2023 - Est. Melucci

28/03/2023

(omissis) … “Conclusioni Per l'attore: “voglia l’Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria richiesta, in via principale, dichiarare X responsabile ex art. 189-190 c.c. per il pagamento del debito del coniuge Y della somma di € (omissis) nei confronti del creditore A, stante l’incapienza del patrimonio esclusivo del debitore principale; previa, ove occorre possa declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c. nei confronti dell’istante A l’atto in data (omissis) a rogito del Notaio (omissis) con il quale Y e X hanno scelto il regime della separazione dei beni, con ogni conseguenza di legge”. Per i convenuti: “in via preliminare accertare che le circostanze poste alla base della domanda proposta nel presente giudizio sono state già oggetto di giudicato nel “procedimento endoesecutivo R.G.E. n. 86/(omissis) del Tribunale di Pesaro conclusosi con Ordinanza del 17.12.2019”, e per l’effetto, dichiarare improcedibile e/o inammissibile la domanda attorea. In via principale rigettare tutte le richieste avanzate dall’attore A in quanto infondate in fatto e in diritto, e per l’effetto, accertare che la Sig.ra X non è responsabile ex art. 189-190 cod. civ. per il pagamento del debito del coniuge di euro (omissis), o ad altro titolo, nei confronti del Sig. A, e dichiarare valido ed efficace l’atto del (omissis) a rogito del Notaio (omissis) con il quale Y e X hanno scelto il regime della separazione dei beni. Con ogni vittoria di spese, e compensi professionali”. MOTIVAZIONE 1 - Con atto di citazione notificato in data (omissis) A conveniva in giudizio i coniugi X e Y, esponendo d’essere creditore di quest’ultimo della somma di € (omissis) in forza di sentenza penale del tribunale di Pesaro; che aveva proceduto a pignoramento della quota di un mezzo intestata al Y sugli immobili siti a (omissis), dei quali la X era comproprietaria per la restante quota; che il giudizio di divisione endoesecutivo si era concluso con ordinanza che aveva assegnato al Y la proprietà esclusiva del primo immobile ed alla X era la proprietà esclusiva del secondo immobile; che il bene assegnato al Y non era sufficiente al soddisfacimento del credito, per cui sussisteva il diritto di agire in via sussidiaria sul bene assegnato alla X; che i coniugi, con atto pubblico del (omissis) 2017, avevano mutato il proprio regime patrimoniale da comunione legale a separazione dei beni, con l’intento di sottrarre “parte dell’immobile destinato alla vendita al creditore”. Tanto premesso, lo stesso attore domandava che fosse dichiarata X responsabile “ex art. 189-190 c.c.” per il pagamento del debito di Y; in via subordinata, che fosse dichiarato inefficace ex art. 2901 c.c. l’atto in data omissis 2017. Si costituivano con unico atto di risposta X e Y, i quali eccepivano che le pretese erano inammissibili o improcedibili, perché già proposte nel giudizio divisionale endoesecutivo; che l’obbligazione del Y, scaturendo da fatto illecito, non rientrava tra quelle di cui all’art. 189 c.c., né sussisteva la responsabilità sussidiaria di cui all’art. 190 c.c.; che l’obbligazione di risarcimento era imputata al Y come legale rappresentante della società (omissis), la quale non era “azienda oggetto della comunione legale”, in quanto costituita prima del matrimonio in totale estraneità della X; che l’atto di mutamento del regime patrimoniale non era stato perfezionato in frode alle ragioni del creditore. Concludevano, pertanto, per l’inammissibilità od il rigetto delle domande. L’istruttoria era documentale. La causa, quindi, sulle opposte conclusioni delle parti, come in epigrafe trascritte, passava in decisione all’udienza del 16.1.2023. 2 – Sull’eccezione processuale, si rileva che l’ordinanza che, ai sensi dell’art. 789 comma 3 c.p.c., ha definito il processo di divisione endoesecutivo non ha statuito sulle pretese azionate nel presente giudizio, dichiarandole inammissibili per tardiva proposizione (v. doc. 5 convenuto). Non essendo intervenuta alcuna decisione di merito con riguardo alle domande de quibus, ma una mera dichiarazione di inammissibilità per un vizio della loro introduzione, la citata ordinanza non può considerarsi come giudicato preclusivo della cognizione sulle domande per cui è processo. Come affermato, infatti, dalla giurisprudenza di legittimità, la pronuncia di inammissibilità della domanda per vizio della sua introduzione, senza alcun esame della pretesa dedotta in giudizio, non equivale ad una sentenza di rigetto nel merito, e pertanto non impedisce la riproposizione della stessa domanda con un successivo, rituale atto introduttivo di un nuovo giudizio (cfr. Cass. 2004, n. 13785). L’eccezione è, dunque, infondata. 3 – Nel merito, è prioritario l’esame della domanda, con cui parte attrice domanda che sia dichiarata l’inefficacia ex art. 2901 c.c. dell’atto di mutamento del regime patrimoniale, stipulato dai coniugi il 24.11.2017. Le condizioni per l'esercizio dell'azione revocatoria ordinaria consistono nell'esistenza di un valido rapporto di credito tra il creditore che agisce in revocatoria ed il debitore disponente, nell'effettività del danno, inteso come lesione della garanzia patrimoniale a seguito del compimento, da parte del debitore, dell'atto traslativo, e nella ricorrenza, in capo al debitore medesimo, ed eventualmente al terzo, della consapevolezza che, con l'atto di disposizione, venga a diminuire la consistenza delle garanzie spettanti ai creditori. Nella specie, l’atto impugnato con revocatoria ordinaria è quello di scioglimento della comunione legale, per mutamento convenzionale del regime patrimoniale (art. 191 c.c.). Si tratta di negozio né oneroso, né gratuito, il cui effetto è quello dello scioglimento della comunione legale che determina la cessazione del regime patrimoniale, ma lascia intatte le contitolarità esistenti fino alla divisione. E’, infatti, ben noto che in tema di comunione legale (artt. 177 ss. c.c.) occorre distinguere tra scioglimento e divisione, il primo determinante la cessazione del regime de quo, la seconda la fine della contitolarità sui beni posseduti dai coniugi. La rilevata neutralità del negozio introduce la questione se esso possa qualificarsi atto di disposizione del patrimonio pregiudizievole per il creditore, nel senso indicato dal primo comma dell'art. 2901 c.c., ed individuato dalla giurisprudenza in qualsiasi atto, anche non riconducibile alla alienazione o al trasferimento in senso stretto, che attui o modifichi la situazione patrimoniale del debitore, pregiudicando o semplicemente rendendo più difficoltoso il soddisfacimento del credito; ossia in qualsiasi atto che incida sulla consistenza del patrimonio del debitore, anche solo in senso qualitativo, convertendolo ad esempio in beni facilmente occultabili, e così riduca o annulli la garanzia del credito. Orbene, la definizione e la qualificazione come sopra data dell’atto di scioglimento della comunione comporta che ad esso si può attribuire il carattere dispositivo e lesivo previsto dall'art. 2901 c.c., solo se per le modalità in cui risulta attuato o per le operazioni contestuali o prodromiche, con esso si realizzi la modificazione patrimoniale sopra definita e quindi il pregiudizio del creditore. In tal senso la giurisprudenza di legittimità, ha affermato che “ai fini dell'azione revocatoria ordinaria, è lesivo del credito anteriore anche l'atto che sia collegato ad uno o più atti successivi ove risulti che essi, per il breve periodo di tempo in cui sono stati compiuti o per altre circostanze, siano tutti convergenti al medesimo risultato lesivo, sicché è revocabile, sebbene privo di efficacia dispositiva, l'atto di scioglimento della comunione legale tra i coniugi compiuto contestualmente al trasferimento, da un coniuge all'altro, di una quota del 50 per cento dell'unico bene immobile al primo intestato” (Cass. 2015 n. 19129). Nel caso di specie, con il negozio in questione, stipulato il 24.11.2017, di cui è copia in atti (v. doc. a), i convenuti hanno pattuito “che il loro regime patrimoniale divenga quello della separazione dei beni, assumendo e conservando ciascuno di essi la titolarità esclusiva dei beni che acquisterà durante il matrimonio”; l’atto ha così prodotto il solo mutamento del regime patrimoniale, con passaggio a quello della separazione dei beni (v. doc. 1, 23 attore), senza determinare, anche per collegamento con altri atti, alcuna incidenza sulla consistenza del patrimonio del debitore, come rilevato dalla stessa difesa attrice (v. note 25.11.2021 pg. 3: “l’atto per cui si chiede l’inefficacia riguarda meramente un mutamento del regime patrimoniale”; v. replica pg. 7: con tale atto “viene semplicemente formalizzata la volontà di procedere alla separazione del regime patrimoniale dei propri beni senza altra disposizione di alcun tipo”). Non si tratta, dunque, di atto di disposizione del patrimonio ai sensi dell’art. 2901 c.c. che determini un'alterazione nel patrimonio del debitore tale da rendere più difficile l'aggressione dei suoi beni. Né certamente l’atto ha prodotto l’effetto di “distrarre” dalla garanzia patrimoniale il bene immobile assegnato in proprietà esclusiva alla X all’esito del giudizio divisionale endoesecutivo, giacché l’effetto costitutivo, sostanzialmente traslativo, che ha portato alla conversione della quota ideale sui beni facenti parte della comunione in titolarità esclusiva sull’immobile indicato, è l’effetto non dell’atto di mutamento del regime patrimoniale, ma della divisione giudiziale. In difetto dei presupposti, la domanda di revocatoria va, dunque, respinta. 3 – Con la domanda principale parte attrice chiede che la convenuta X sia dichiarata “responsabile ex art. 189-190 c.c. per il pagamento del debito del coniuge stante l’incapienza del patrimonio esclusivo del debitore” sulla base dell’asserzione che l’obbligazione di Y, di risarcimento del danno da fatto illecito, sarebbe stata contratta “nell’interesse della famiglia, quale obbligazione assunta nell’esercizio dell’impresa”. Ora, costituisce principio reiteratamente ribadito nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui nella disciplina del diritto di famiglia, introdotta dalla legge 19 maggio 1975 n. 151 - con la sola eccezione dei debiti contratti da un singolo coniuge al fine del soddisfacimento dei bisogni primari dei figli - l'obbligazione assunta da un coniuge, per soddisfare bisogni familiari, non pone l'altro coniuge nella veste di debitore solidale, difettando una deroga rispetto alla regola generale secondo cui il contratto non produce effetti rispetto ai terzi, ed operando tale principio indipendentemente dal fatto che i coniugi si trovino in regime di comunione dei beni, essendo la circostanza rilevante solo sotto il diverso profilo dell'invocabilità da parte del creditore della garanzia dei beni della comunione o del coniuge non stipulante, nei casi e nei limiti di cui agli artt. 189 e 190 cod. civ. (cfr. Cass. 2007 n. 3471; Cass. 2021 n. 37612). La convenuta non può, dunque, in base al principio indicato, rispondere in via solidale per il debito contratto dal marito, restando le sole ipotesi residuali degli artt. 189 e 190 c.c. L’art. 189 c.c. prevede due fattispecie di responsabilità sussidiaria dei beni della comunione tra coniugi: la prima ricorre per le obbligazioni contratte, dopo il matrimonio, da uno dei coniugi per il compimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione senza il consenso dell’altro, ipotesi non dedotta nel caso di specie; la seconda riguarda i creditori particolari di uno dei coniugi che possono soddisfarsi sui beni della comunione sino al valore della quota del coniuge obbligato. L’art. 190 c.c., a sua volta, consente ai creditori della comunione di agire in via sussidiaria sui beni personali di ciascuno dei coniugi nella misura della metà del credito, quando i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su di essa gravanti. La responsabilità sussidiaria prevista con riguardo ai beni della comunione (art. 189 c.c.) presuppone, com’è evidente, la sussistenza della comunione tra i coniugi. Allo stesso modo, la responsabilità sussidiaria dei beni personali (art. 190 c.c.) presuppone l’incapienza di quelli comuni, e dunque ancora una volta l’esistenza della comunione tra i coniugi. Poiché i convenuti non sono in regime di comunione legale, per effetto dell’atto di mutamento del regime patrimoniale, stipulato il 24.11.2017, valido ed efficace, manca il presupposto per dichiarare la responsabilità sussidiaria della X in base alle disposizioni citate. Per queste decisive ragioni, anche la domanda principale non può trovare accoglimento. 4 – Quanto, infine, alle spese di lite, la singolarità delle questioni trattate è giusto motivo per disporne l’integrale compensazione. (omissis)

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