Comune – Nullità di misure compensative economiche ex artt. 12 c. VI D. leg.vo 387/2003 e 1 c. V L. 239/2004 – Sussistenza – Novella sopravvenuta di cui all’art. 1 c. 953 L. 145/2018 - Irrilevanza

3.3.2021 TAR Marche – Sent. 178/2021 – Pres. Conti - Est. De Mattia

23/03/2021

… “FATTO e DIRITTO 1. Con il presente ricorso per decreto ingiuntivo, il Comune di X ha chiesto di ingiungere, alla società V s.r.l. (di seguito anche opponente), il pagamento della somma di (omissis), oltre accessori, a titolo di adempimento dell’obbligazione nascente dalla convenzione del 30 luglio 2008, rep. n. 355 (stipulata con la ATI (omissis), alla quale è poi subentrata V), avente ad oggetto la realizzazione e l’esercizio, nell’ambito del territorio Comune di X, di impianti eolici costituiti da n. 5 aereogeneratori e da tutte le opere accessorie connesse; il ricorrente assume che detta convenzione, adottata prima delle linee guida 2010, nonché richiamata nella medesima autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio dell’impianto eolico (cfr., autorizzazione unica regionale di cui al decreto 114/EFR del 1° dicembre 2011), sarebbe tuttora vigente, valida ed efficace, stante l’intervento legislativo di cui all’art. 1, comma 953, della legge n. 145 del 2018. 2. Con decreto ingiuntivo n. 49 del 1° marzo 2019, questo Tribunale ha accolto il ricorso del Comune di X. 3. V ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo anzidetto, lamentando l’infondatezza della pretesa creditoria del Comune, deducendo, tra l’altro, la nullità, ex art. 1418, comma 1, c.c., della clausola di cui all’art. 4 della citata convenzione, per contrasto con l’art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 387 del 2003 (che avrebbe natura di norma imperativa), con l’art. 1, comma 4, lettera f) e comma 5 della legge n. 239 del 2004 e con il DM Sviluppo Economico del 10 settembre 2010, quest’ultimo contenente “Linee Guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, il quale, nel disciplinare, al punto 2, i “criteri per l'eventuale fissazione di misure compensative”, ribadisce, fra l'altro, che “per l'attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non è dovuto alcun corrispettivo monetario in favore dei Comuni”. 3.1. L’opponente assume, in particolare, che: - detta clausola della convenzione introduce una misura di compensazione patrimoniale vietata dalla legge, essendosi il legislatore adeguato alle pronunce di incostituzionalità intervenute in materia di cosiddette royalties richieste ai titolari di impianti da fonti rinnovabili (in particolare, sentenze della Corte costituzionale, n. 119 del 2010 e n. 124 del 2010); - l’autorizzazione unica regionale è stata rilasciata in data 1° dicembre 2011, ovvero successivamente all’entrata in vigore delle anzidette linee guida; - ha già versato alla Provincia di P un indennizzo a titolo di corrispettivo per le misure ambientali compensative (rimboschimento), pari a € 48.676,10, secondo quanto prescritto nelle autorizzazioni rilasciate; - sotto altro profilo, la pretesa di cui al decreto ingiuntivo opposto contrasta con le leggi regolanti la materia anche nella parte in cui il Comune di X ha imposto a V il pagamento di un corrispettivo sia in misura fissa che variabile, trattandosi di forme di prelievo senza alcuna copertura legislativa, in aperta violazione dell’art. 23 Cost. e del principio di tipicità delle entrate di diritto pubblico. 3.2. Sempre sul presupposto della nullità della convenzione stipulata con il Comune di X per contrarietà a norme imperative, l’opponente chiede la ripetizione dell’indebito per prestazioni pecuniarie adempiute in forza della convenzione stessa, per un importo pari a € (omissis). 3.3. In subordine, V deduce profili di illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 953, della legge 30 dicembre 2018 n. 145 (sulla quale il Comune fonda la propria pretesa creditoria) per lesione dei principi del legittimo affidamento e della libertà dell’iniziativa economica di cui agli articoli 3 e 41 della Costituzione, per violazione degli articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione in relazione all'art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU, nonché per violazione del divieto di retroattività desumibile dall’art. 11 delle preleggi. 4. Con successive memorie difensive il Comune di X ha eccepito che la sopravvenuta disposizione di cui all’art. 1, comma 953 della legge n. 145 del 2018 avrebbe efficacia retroattiva e dunque sarebbe applicabile agli accordi, quale quello in parola, stipulati prima del 3 ottobre 2010 (a sostegno dei propri assunti cita TAR Puglia Bari, sentenza 19 marzo 2019, n. 410); ha eccepito, altresì, che non vi sarebbe alcuna imposizione o coercizione dell’Ente a danno della società, trattandosi di corrispettivi liberamente pattuiti tra le parti. 5. Rispetto a tale eccezione l’opponente ha controdedotto che già prima delle linee guida del 2010 sia il legislatore che la giurisprudenza, anche costituzionale, avevano chiarito il divieto di misure di compensazione meramente patrimoniali (art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 387 del 2003 e art. 1, commi 4, lett. f) e 5, della legge n. 239 del 2004; Corte Costituzionale, sentenze n. 383 del 2005 e n. 284 del 2006; TAR Puglia Bari, sentenze n. 530 e n. 709 del 2008; TAR Puglia Lecce, sentenze n. 118 del 2009 e n. 1216 del 2010, nonché, in termini confermativi, Consiglio di Stato, parere 14 ottobre 2008, n. 2849) e che all'art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 387 del 2003 è stata riconosciuta natura di norma imperativa, con conseguente nullità di ogni previsione negoziale volta a stabilire un beneficio economico in favore di un Ente locale, quale corrispettivo della mera realizzazione sul territorio dell'impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili (TAR Puglia, Lecce, sez. I, sentenza n. 1361 del 2013). 6. Con ordinanza n. 141 del 25 luglio 2019, il Tribunale ha respinto l’istanza di concessione di misure cautelari. 7. Alla pubblica udienza del 2 dicembre 2020, tenutasi da remoto con l’utilizzo della piattaforma “Microsoft Teams”, la causa, sulle conclusioni delle parti, è stata trattenuta in decisione. 8. L’opposizione è fondata. 8.1. Il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi da quanto affermato dalla prevalente giurisprudenza amministrativa e da quanto statuito dalla giurisprudenza costituzionale in merito alla vigenza, nell’ordinamento, del divieto di misure compensative di carattere meramente economico, stante la natura imperativa delle disposizioni di cui agli articoli 12, comma 6, del decreto legislativo n. 387 del 2003 e 1, comma 5, della legge n. 239 del 2004. Anche di recente, la quinta sezione del Consiglio di Stato, con le ordinanze del 27 gennaio 2020 n. 677 e n. 678, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 953, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, in relazione agli artt. 3, 24, 41, 97, 101, 102, 111, 113, e 117, comma 1, Cost., nonché in relazione ai principi generali della materia della produzione energetica da fonti rinnovabili sanciti dagli artt. 6 della direttiva 2001/77/CE e 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e agli obblighi internazionali di cui agli artt. 1, del 1º Protocollo addizionale, 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e 2 del protocollo di Kyoto dell'11 dicembre 1997; secondo le citate ordinanze di rimessione (alle cui argomentazioni per brevità si rimanda), la norma, nel contemplare una sanatoria generalizzata anche di accordi in ipotesi contrari alla norma imperativa contenuta nell’art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 387 del 2003 e non conformi alle linee guida nazionali - in quanto hanno imposto ai titolari di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili oneri di carattere esclusivamente economico - presenta diversi profili di illegittimità rispetto alla Carta fondamentale. In particolare, alla luce delle linee-guida di cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010 e della normativa di settore su richiamata, come interpretata dalla giurisprudenza costituzionale ed amministrativa, “soltanto lo Stato e le Regioni in sede di conferenza di servizi (e non anche i Comuni) potrebbero prevedere eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale a carattere non meramente patrimoniale, posto che “per misure di compensazione si intende, in genere, la monetizzazione degli effetti negativi che l’impatto ambientale determina, per cui chi propone l’installazione di un determinato impianto s’impegna a devolvere, all’ente locale cui compete l’autorizzazione, determinati prestazioni e servizi” e che la legge statale vieta tassativamente che il rilascio dei titoli abilitativi per la costruzione e l’esercizio di impianti per la produzione di energia eolica sia subordinata all’imposizione di corrispettivi soltanto economici (Corte Cost., numeri 124 del 2010 e 119 del 2010)” (cfr., Consiglio di Stato, Sez. V, ordinanza 27 gennaio 2020, n. 678, cit.). Peraltro, come si osserva nell’ordinanza di rimessione appena citata, già anteriormente all’emanazione delle linee guida del 2010 erano vigenti nell’ordinamento norme imperative che vietavano l’adozione di misure compensative di carattere patrimoniale quali condizioni per il rilascio di titoli abilitativi e numerose pronunzie dei Tribunali amministrativi, conformandosi all’orientamento del giudice di appello, avevano dichiarato la radicale nullità di siffatte clausole contenute nelle convenzioni stipulate dai produttori di energia rinnovabile con i Comuni, ritenendo che si trattasse di prestazioni patrimoniali prive di causa per la realizzazione di tali impianti costituente libera attività di impresa e che fossero invece legittimi solo gli accordi che contemplavano misure di compensazione e riequilibrio del pregiudizio subito dall’ambiente a causa dell’impatto del nuovo impianto oggetto di autorizzazione (cfr. TAR Lazio Roma, 7 febbraio 2019, nn. 1595, 1591, 1590, 1588 e 1587; TAR Puglia Lecce, 15 novembre 2016, n. 1737; 7 giugno 2013, n. 1361 e 1347; TAR Puglia Bari, 24 maggio 2018, n. 737 e 7 giugno 2018, n. 830). 8.2. Alla luce dei suesposti principi e venendo alla convenzione per cui è causa - la cui natura negoziale comporta che ad essa vada senz'altro applicata la disciplina di cui agli articoli 1418 e seguenti del codice civile - reputa il Collegio che l’art. 4 della stessa, nel definire il corrispettivo economico annuale e una tantum dovuto dalla società per il sol fatto di aver realizzato l’impianto eolico sul territorio comunale, contiene clausole nulle per violazione delle norme imperative di cui ai già citati articoli 12, comma 6, del decreto legislativo n. 387 del 2003 e 1, comma 5, della legge n. 239 del 2004, dal momento che esse pongono a carico del titolare dell'impianto oneri non di carattere ambientale e territoriale - che tengano conto delle caratteristiche e delle dimensioni dell’impianto eolico e del suo impatto - bensì di carattere meramente economico; né sono sufficienti a mutarne la natura eventuali dichiarazioni d'intenti del Comune di devolverne parte a sponsorizzazione di iniziative ambientali (cfr., TAR Puglia Bari, sez. II, 15 giugno 2020, n. 854, con cui, riprendendo principi enunciati dalle già citate ordinanze del Consiglio di Stato n. 677 e n. 678 del 2020, si afferma altresì che “la nullità per contrarietà a norme imperative, infine, diversamente da quanto assunto dalla parte opposta, non può essere superata da una valutazione sulla condotta del Comune nella fase di formazione dell'accordo negoziale e sulla conformità ai canoni di lealtà e correttezza al fine di verificare se i proventi economici siano stati "liberamente pattuiti", secondo quanto previsto dalla norma: "l'assenza di eventuali lesioni inferte alla libertà di autodeterminazione dei soggetti proponenti l'installazione degli impianti e l'esclusione di dolo contrattuale o di una condotta di approfittamento da parte dell'ente locale diretta a influire sul consenso dell'operatore economico non pare poter incidere sull'oggetto della convenzione e su clausole in contrasto con norme imperative, causa perciò di nullità dell'atto, in ragione della natura pubblicistica e dell'indisponibilità dell'interesse tutelato dalla norma violata, laddove la violazione di norme di comportamento da parte dei contraenti costituisce unicamente fonte di responsabilità o, in ipotesi, di annullamento per dolo incidente" (Consiglio di Stato, Sez. V, ordinanza 27 gennaio 2020 n. 677, cit.)”. 8.3. L’opposizione, pertanto, è fondata, in ragione della nullità della convenzione, il che esime il Collegio dall’esame delle ulteriori censure nonché della questione di legittimità costituzionale proposta in via subordinata (peraltro già devoluta dal Consiglio di Stato alla Corte Costituzionale con le più volte citate ordinanze di rimessione n. 677 e n. 678 del 27 gennaio 2020). 9. Alla declaratoria di nullità della suddetta convenzione consegue la fondatezza della domanda di ripetizione della prestazione pecuniaria eseguita in forza della stessa, proposta dalla ricorrente nell’atto di opposizione. 10. L’esistenza di taluni precedenti difformi e i profili di peculiarità della questione esaminata, giustificano la compensazione integrale delle spese del giudizio. (omissis) …  

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