Diritti di riscatto agrario- presupposti- ruralità del bene oggetto di riscatto- necessità.

28.9.2018 Corte di Appello di Ancona sent. 1183/2018 Pres. Castagnoli- rel. De Donato

28/01/2019

Con sentenza n.262/2014 il Tribunale di Pesaro aveva respinto la domanda proposta da A, cui aderiva B , moglie dell’attore, volta ad esercitare il diritto di riscatto ex art. 8 L. 590/1965 e successive modificazioni che chiedeva che fosse dichiarata l’inefficacia degli atti di compravendita del 12.09.2001 tra C, società s.r.l. in liquidazione, e i coniugi L e I, del 24.09.2001 tra C e I e la promessa di vendita del 13.07.1999 tra C e B,
Avverso tale sentenza, A ha proposto appello fondato sui seguenti motivi:
1) Nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c. per omessa indicazione e valutazione delle conclusioni rassegnate da A in ordine alle invocate nullità.
Non si tratterebbe di mera irregolarità formale, giacchè la mancata trascrizione delle conclusioni rassegnate si accompagna all’omessa analisi delle domande che, certamente non possono ritenersi assorbite.
2) Erronea interpretazione delle domande formulate dall’attore nel giudizio di primo grado: la sentenza gravata, dopo aver permesso che la vendita del 12.09.2001 ha per oggetto un fabbricato di civile abitazione ed un terreno, assume che tale fabbricato non abbia alcun carattere di ruralità, fondando tale decisione su motivazioni non condivisibili. L’assunto per cui nel caso di esercizio di diritto di riscatto mediante domanda giudiziale avente ad oggetto una pluralità di immobili riferibili a distinti contratti di compravendita vi sia una inscindibilità della domanda “per una considerazione unitaria” non trova alcun fondamento fattuale e giuridico. Dalla lettura delle conclusioni formulate in primo grado risulta evidente che nella specie si è di fronte ad una pluralità distinta di domande giudiziali. Le distinte compravendite a terzi comportano infatti l’insorgenza di distinti diritti di riscatto a tutela del diritto di prelazione leso. Pertanto il rigetto della domanda limitatamente al fabbricato per asserito difetto di ruralità non causa il rigetto dell’intera domanda di riscatto anche con riguardo ai mappali oggetto del diverso e distinto contratto di vendita del 24.09.2001.
3) Violazione e falsa applicazione di legge (art.8 L. 590/1965); Errata insussistenza dei presupposti obiettivi legittimanti l’esercizio del diritto di riscatto: il primo giudice ha affermato che in ipotesi di due domande distinte di retratto aventi ad oggetto distinti contratti di compravendita, anche quella relativa al secondo contratto deve essere rigettata, mancando la ruralità di tutti i fabbricati in questione, sul rilievo che l’intero fondo oggetto dei due contratti è stato asservito alla edificazione della villa con destinazione urbana, mentre la natura agricola non può essere desunta dalle risultanze catastali, non avendo il catasto funzione di determinare la natura dei beni in esso rappresentati. La conclusione cui giunge il Tribunale non appare condivisibile. La Suprema Corte ha costantemente affermato il principio secondo cui la prelazione ex art. 8 L. 590/1965 non è consentita quando i terreni siano destinati in base ai piani regolatori, anche se non approvati, ad una utilizzazione edilizia industriale e turistica, giustificata dal rilievo che la destinazione del terreno ad un uso diverso dalla coltivazione agricola rende impossibile la realizzazione del fine cui la legge è preordinata, cioè lo sviluppo della proprietà diretta coltivatrice. La contrapposizione si pone tra aree destinate ad usi agricoli e aree destinate ad utilizzazione diversa. Il giudice afferma di non condividere la tesi del Ctu, secondo il quale, sotto ogni aspetto catastale, urbanistico e di fatto il connotato di ruralità dei fabbricati oggetto della vendita del 24.09.2001. Inoltre il Ctu, mettendo in luce la destinazione agricola dei fondi, rende irrilevante l’affermazione secondo cui da almeno quarant’anni i terreni non sarebbero stati sottoposti ad alcuna utilizzazione di natura agricola. Affermazione peraltro smentita dalla presenza di un capanno adibito a ricovero di attrezzi agricoli.
Provata quindi l’oggettiva destinazione agricola dei fondi, si alesa del tutto irrilevante che l’iscrizione al catasto sia stata effettuata da presunta irregolarità che è inidonea ad incidere sulla oggettiva esistenza del presupposto oggettivo legittimante  l’esercitato diritto di riscatto.
4) Violazione e falsa applicazione dei principi riguardanti il carattere formale ed insurrogabile della denuntiatio. Errore di fatto: con riferimento al contratto di vendita tra C e B in data 13.07.1999: la sentenza ha escluso che la mancata notificazione della proposta di vendita potesse considerarsi ragione di inefficacia a causa della conoscenza da parte di A di tutte le condizioni di vendita. Per la comunicazione ai sensi dell’art. 8 L. 590/1965 è richiesta infatti la forma scritta  ad substantiam  non essendo idonea allo scopo l’effettuazione della stessa in qualsiasi modo, anche verbale, trattandosi di un negozio preparatorio di una fattispecie traslativa avente ad oggetto un bene immobile, e deve pertanto necessariamente rivestire la forma scritta ex art. 1350 c.c. Né potrebbe postularsi una rinuncia preventiva all’esercizio del diritto di prelazione in quanto soltanto al momento del perfezionamento del contratto preliminare il coltivatore si viene a trovare nella condizione di poter valutare, sotto tutti gli aspetti, la convenienza del possibile affare.
5) Spese processuali: motivo formulato in via condizionata al rigetto dei precedenti motivi:
in ipotesi di rigetto dell’appello, il signor A, ha chiesto la riforma delle statuizioni sulle spese di lite, osservando che l’obiettiva incertezza sulla destinazione agraria o urbana dei terreni, l’incontroversa sussistenza dei requisiti soggettivi per l’esercizio della prelazione, l’accertata imputabilità alla condotta della venditrice dei dubbi sulla natura di una parte degli immobili, avrebbero dovuto persuadere il giudice a disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite. La sentenza non risulta condivisibile anche riguardo al quantum, posto che le spese di I, F, G e H si sovrappongono integralmente divenendo equipollenti e andranno liquidate in relazione alle norme sopravvenute D.M. 140/2012.
Si è costituita concludendo per l’accoglimento dell’appello proposto da A avverso la sentenza n.452/2012 del Tribunale di Pesaro, con conseguente accoglimento della domanda proposta in primo grado da B. La difesa di B ripercorre l’iter argomentativo dell’appello principale proposto da A sostenendone la fondatezza e formulando analoghe contestazioni e censure verso la sentenza impugnata.
In via subordinata, B ha formulato appello incidentale sulle spese condizionato al rigetto dei motivi di appello incidentale, nella parte in cui il primo giudice ha compensato per la metà le spese legali tra A e B, nonché condannato B al pagamento della quota residua delle spese in favore di C.
Si è costituita C, contestando la fondatezza dell’avverso gravame e chiedendone il rigetto con conferma della sentenza impugnata e condanna dell’appellante alla refusione delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
Si sono costituiti F, G e H chiedendo il rigetto del gravame e la conferma della sentenza di primo grado, con ordine al Conservatore dei Registri Immobiliari di cancellare la trascrizione della domanda eseguita con l’atto di citazione introduttivo del primo grado di giudizio.
Gli appellati hanno altresì chiesto la condanna di A al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. posto che, pur consapevole dell’insussistenza di qualsivoglia diritto di prelazione relativamente al mappale 322, ha continuato a mantenere sullo stesso la trascrizione della domanda di retratto. Gli appellati hanno contestato puntualmente i motivi di appello illustrando compiutamente le ragioni dell’infondatezza degli stessi a sostegno della richiesta di rigetto dell’avverso gravame.
Si è costituita I chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata e la condanna di A al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. fondata sugli stessi motivi di F, G e H.
Con ordinanza del 18/12/2012 La Corte d’Appello di Ancona ha rigettato l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata avanzata da A con l’adesione di B  ritenendo l’insussistenza di dei presupposti per la concessione dell’inibitoria.
Dopo alcuni rinvii, la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 5 luglio 2017 con concessione dei termini per note conclusive ex art. 190 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE 
L’Appello principale proposto da A e l’appello incidentale proposto da B sono infondati.
Con riferimento al primo motivo, premesso che “la mancata espressa indicazione delle conclusioni delle parti non integra motivo di nullità della sentenza, va osservato che le questioni sollevate dalle parti e non espressamente trattate devono considerarsi implicitamente ritenute infondate ed assorbite nella ratio decidendi principale, e in ogni caso fanno capo alla Corte di Appello, quale giudice del merito, poteri di integrazione della motivazione ove si ravvisi un’omessa pronuncia su un punto della sentenza. Non sussiste quindi la denunziata nullità della sentemza”.
Anche il secondo motivo risulta infondato. La sentenza impugnata infatti è esente dalla censure rivolte con il gravame, ed è coerentemente e adeguatamente motivata sia con riferimento alla valutazione dei dati di fatto che con riguardo all’applicazione dei corretti principi di diritto. L’appellante confonde la pretesa di non unicità della cosa oggetto del contratto di compravendita del 12.09.2001 con l’unicità della domanda di riscatto. “Altro è infatti la circostanza che il contratto di compravendita del 12.09.2001 contenga in sé distinti negozi di compravendita, altro è l’interpretazione, correttamente svolta dal primo giudice, della domanda giudiziale proposta da A che ha chiesto di esercitare il diritto di riscatto con riferimento a tutti gli immobili oggetto dei due atti di compravendita (…) senza precisare, in via subordinata, la possibilità di limitare la domanda al alcuni solo dei beni compravenduti oggetto delle compravendite. (…) E’ evidente dalla semplice lettura delle conclusioni contenute nell’atto di citazione, che la domanda di prelazione è stata proposta in modo unitario, con riferimento a tutti i beni, ed in particolare con riferimento ai beni oggetto del primo contratto del 12.09.2001, e tale unitarietà non è stata emendata nel corso del giudizio, né poteva esserlo in virtù dell’interpretazione dell’art. 8 L. 590/1965 offerta dalla giurisprudenza di legittimità richiamata dal primo giudice e condivisa da questa Corte”. Ribadito che l’appellante non nega la carenza del requisito dei presupposti per l’esperibilità della prelazione agraria, per il fabbricato di cui al mappale x, correttamente il primo giudice ha tratto la conseguenza del rigetto della domanda unitariamente proposta da A.
Passando ad esaminare il terzo motivo, va ribadita la correttezza dell’iter decisionale del primo giudice che ha ritenuto che l’intero fondo oggetto dei due contratti sia stato asservito all’edificazione della villa, perdendo la precedente caratteristica di ruralità poiché la superficie dei mappali è stata sfruttata ai fini edificatori come risulta dagli atti e come accertato dal Ctu. Si legge nella sentenza che “la licenza edilizia era subordinata alla costituzione di un vincolo di inedificabilità del terreno, che veniva interamente asservito a destinazione esclusiva dell’erigenda villa” Inoltre “non appare sufficiente, per riconoscere il carattere della ruralità, l’iscrizione, peraltro erroneamente eseguita, al catasto terreni, stante il perdurante valore della convenzione sostitutiva di vincolo del 27.08.74, con cui l’area è stata asservita all’edificazione della villa, con conseguente destinazione urbana”. L’apprezzamento delle risultanze probatorie effettuate dal primo giudice è ineccepibile. Il giudice di primo grado correttamente richiama i principi esposti dalla giurisprudenza di legittimità per cui sono esclusi dalla prelazione tutti i terreni la cui destinazione, seppure non edificatoria, sia comunque da considerare urbana in contrapposizione ad agricola, e vi riconduce la fattispecie, in cui deve valorizzarsi il tipo di sfruttamento che è stato in concreto consentito dagli strumenti urbanistici, posto che per la realizzazione della villa è stata rilasciata una concessione edilizia  e sottoscritta una convenzione con il Comune di Pesaro , evenienze che, pur non essendo i terreni inseriti nell’ambito di un piano regolatore, implicano una valutazione positiva di compatibilità rispetto agli strumenti urbanistici vigenti, che consentivano l’utilizzo di terreni agricoli al fine di erigere immobili urbani, beneficiando di un indice di edificabilità predeterminato ex lege, utilizzo che determina la definitiva perdita della ruralità di tali terreni. “ La perdita della natura agricola non può essere superata da una variazione catastale delle aree da urbane ad agricole intervenuta, peraltro, in maniera irregolare ed inidonea a superare l’operatività del vincolo di asservimento oggetto della convenzione stipulata tra la proprietà ed il Comune di Pesaro. Non ha pregio infine la tesi dell’appellante sul valore confessorio della richiesta di variazione catastale delle aree da urbane ad agricole avanzata da C, posto che la natura agricola o meno di un’area non può stabilirsi sulla base di una valutazione soggettiva, nemmeno se proveniente dal proprietario del terreno, in presenza di dati obbiettivi che escludono che il terreno oggetto della domanda di riscatto possa considerarsi agricolo”.
Il quarto motivo di appello relativo alla promessa di vendita in data 13.07.1999 tra C e B avente ad oggetto il terreno con sovrastante capanno con ricovero di attrezzi sito in Comune di Pesaro,  va osservato che pur essendo condivisibile la tesi dell’appellante fondata su consolidata interpretazione della giurisprudenza di legittimità, secondo la quale per la comunicazione al coltivatore diretto o al confinante della proposta di alienazione del fondo ai fini della prelazione ex art. 8 L. 590/1965 è richiesta la forma scritta ad substantiam, senza possibilità di forme equipollenti, ciò non comporta l’accoglimento della domanda di A osta la definitiva perdita del carattere di ruralità del terreno a seguito dell’asservimento all’edificazione della villa. Tale terreno, pertanto, non può essere oggetto della domanda di riscatto agrario.
Con riguardo alle statuizioni sulle spese di lite, oggetto del quinto motivo di gravame, la sentenza impugnata appare anche sul punto esente da censure, avendo il primo giudice valorizzato la circostanza delle incertezze interpretative sulla natura agricola di una parte degli immobili.
E’ altresì infondato l’appello incidentale proposto da B.
Non può essere in fine accolta la domanda di risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. proposta da F, G, H e I posto che: “La responsabilità processuale aggravata per trascrizione di domanda giudiziale ex art. 96 comma 2 c.p.c. postula, oltre alla consapevolezza dell’infondatezza della pretesa, l’accertamento in concreto della violazione del canone della normale prudenza, occorrendo verificare se la trascrizione sia stata effettuata fuori dai casi consentiti o previsti dalla legge, sichhè non può ravvisarsi inosservanza dell’obbligo di agire con normale prudenza nel solo fatto della trascrizione di una domanda giudiziale –poi dichiarata infondata- quando essa sia imposta dlla legge allo scopo di rendere opponibile ai terzi l’eventuale esito positivo del giudizio” ( Cass., sez. 3 -, Ordinanza n. 26515 del 09/11/2017).
La sentenza impugnata va quindi integralmente confermata.
Per questi motivi, la Corte di Appello di Ancona rigetta l’appello principale e gli appelli incidentali e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

 

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