Impugnazione Lodo Arbitrale – azione nullità – limiti- Successione nel contratto – clausola comprensoria – efficacia

4.4.2017 Corte Appello Ancona sent. 1655/2017 Pres. Marcelli est.

22/10/2019

…“Con atto di citazione (omissis) … “Asur X ha proposto impugnazione del lodo arbitrale del emesso dal Collegio Arbitrale costituito in dagli avv.ti “(omissis)… …”Si sono costituiti i convenuti V e Y per la conferma del lodo”. (omissis)… …”La proposta impugnazione del lodo è in parte infondata e in parte inammissibile. Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità per tardività dell’impugnazione avanzata dalla difesa degli ingegneri; non vi è dubbio difatti che, poiché l’impugnazione del lodo arbitrale introduce un vero e proprio processo giurisdizionale, quest’ultimo debba rimanere sottoposto – anche per quel che concerne il termine della propria introduzione – alla regola generale della sospensione feriale dei termini processuali (cfr. Cass., 6362/1995; Cass., 6698/2000). Completamente differente è la questione – cui si riferisce la difesa degli ingegneri – della applicabilità della sospensione feriale ai termini per la deliberazione del lodo, termini che peraltro non coinvolgono direttamente l’esercizio del diritto alla difesa giurisdizionale. In virtù pertanto della applicazione della sospensione feriale dei termini processuali, l’impugnazione introdotta da Asur X con l’atto portato alla notifica il 28.09.2012 (dacchè la notifica del lodo presso la propria sede legale, unica idonea a determinare il decorso del termine per l’impugnazione, si era avuta in data 29.06.2012) è certamente da ritenersi tempestiva. Con il primo motivo di impugnazione l’Asur X taccia di nullità il lodo per violazione degli articoli 807 e 808 cpc, in relazione a quanto disposto dall’art. 829, nn. 1 e 4 cpc. In particolare, eccepisce l’Asur X, nella specie il Collegio Arbitrale avrebbe deciso in assenza di una clausola compromissoria valida ed opponibile alla medesima, posto che il suo subentro nel contratto precedentemente siglato dal Comune di M con i professionisti non avrebbe comportato altresì il trasferimento anche al nuovo contraente della efficacia della clausola stessa. Detta clausola, infatti, non sarebbe stata esplicitamente recepita dalla USL nella delibera di subentro, né alla fattispecie sarebbe applicabile la disciplina del trasferimento di azienda richiamata dal lodo arbitrale impugnato. Il motivo, al contrario di quanto affermato dalla difesa degli ingegneri, è di per sé stesso ammissibile. E’ ben vero, difatti, che a norma dell’art. 830 cpc, in sede di impugnazione del lodo arbitrale, la Corte di Appello non può decidere nel merito se la nullità del lodo non è pronunciata ai sensi dei nn. dell’art. 829 cpc, ma è altresì vero che ciò accade pur sempre purchè la stessa convenzione di arbitrato non sia dichiarata nulla o inefficace (cfr. art. 830 cpc); il che è esattamente quel che – in ipotesi – sostiene la difesa dell’Asur X. E tuttavia la doglianza dell’istante è infondata del merito.   Al riguardo, va innanzitutto considerato che l’Asur X (e, prima di essa, la Azienda Sanitaria USL) è subentrata ex lege (per effetto del trasferimento delle competenze amministrative coinvolte dalla fattispecie dal Comune alla Regione e per essa alle USL) al contratto concluso tra i professionisti ed il Comune di M. Non si è trattato nella specie, cioè, di una vera e propria cessione del contratto, ma di una successione, determinata per factum principis, di uno dei soggetti contraenti rispetto ad altro precedente. La intervenuta successione ex lege di un ente rispetto ad un altro nella titolarità di un contratto ormai concluso, comporta inevitabilmente da un lato l’automatica estensione dell’intero contenuto contrattuale al nuovo soggetto e dall’altro l’impossibilità (anche sotto il profilo schiettamente dogmatico- giuridico) di quest’ultimo di modificare unilateralmente in qualsiasi modo il contenuto di un contratto stipulato da un soggetto di cui il nuovo ente doveva considerarsi alla stregua di un successore ex lege. Di modo che, la delibera della USL n. 182 del 14.04.1995, con la quale quest’ultima decideva la “conferma affidamento incarichi per la redazione del progetto esecutivo dei lavori di costruzione per il I stralcio ammodernamento ospedale di M” era nulla più che un atto dovuto e di mera ricognizione, nel quale la volontà dell’ente subentrante non era e non poteva essere minimamente coinvolta. In altre parole, come successore ex lege del Comune di M nella titolarità del contratto in questione la USL non avrebbe certamente potuto esprimere unilateralmente la volontà di escludere la clausola compromissoria dall’accordo. Peraltro, e ciò si sottolinea per mera completezza, la volontà comunque espressa dalla USL nel corpo della delibera in questione è chiarissima: e consiste appunto in quella di confermare integralmente, e dunque nel suo completo contenuto, l’accordo già in precedenza concluso dal Comune con i professionisti. Né poteva essere altrimenti. In questo quadro, non è neppure ipotizzabile una inefficacia della clausola compromissoria o un “mancato trasferimento” della stessa al nuovo soggetto contraente. In ogni caso, si può ulteriormente osservare che la conclusione non potrebbe essere diversa neppure se, per mera ipotesi di ragionamento, si fosse in presenza di una vera e propria cessione di contratto (nella quale, ovviamente, la volontà del soggetto cessionario, quale nuovo contraente, ha pur sempre una rilevanza). Anche in questo caso, cioè, l’esplicito richiamo della delibera sopra richiamata al contratto in quanto tale e la volontà della piena conferma – senza eccezioni o riserve – dello stesso, non potrebbero che dimostrare il pieno e completo recepimento del cessionario del contratto anche della clausola compromissoria in esso contenuta. Ciò senza dover aggiungere che il più recente e condivisibile orientamento della Suprema Corte circa le conseguenze della cessione del contratto contenente una clausola compromissoria, è nel senso di una piena ed immediata efficacia di quest’ultima anche nei confronti del cessionario del contratto (cfr. Cass., I, 28.10.2011, n. 22522; Cass., I, 21.06.1996, n. 5761). La clausola compromissoria sulla base della quale il Collegio Arbitrale ha deciso il lodo, era ed è dunque pienamente valida, efficace, opponibile alla ASUR X. Con un secondo motivo di impugnazione l’ASUR X lamenta il proprio difetto di legittimazione passiva e la violazione degli artt. 6, L. 724/1994, 2, co. 14 L. 549/1995, 2, L.R. Marche n. 13/2003 sul presupposto che il credito dei professionisti, riguardando rapporti intercorsi con le disciolte USL, avrebbe dovuto essere esercitato nei confronti delle Gestioni Liquidatorie delle medesime e/o verso la Regione Marche. Il motivo è evidentemente inammissibile poiché lo stesso, che descrive una possibile violazione di legge, impone un riesame del merito della vicenda, impedito alla Corte se non nei casi di nullità del lodo ex art. 829 cpc, casi nei quali il motivo in questione palesemente non rientra. Identica motivazione vale per il terzo motivo di impugnazione, del pari radicalmente inammissibile, con cui l’ASUR X censura violazione degli artt. 115 e 116 cpc, nonché illogicità della motivazione del lodo. Si tratta di evidenti censure di merito, del tutto slegate anche da un qualsiasi riferimento agli stessi motivi di nullità ex art. 829 cpc, neppure allegati nella prospettazione dell’istante. L’impugnazione va pertanto complessivamente rigettata; le spese di lite seguono la soccombenza della ASUR X e sono liquidate in dispositivo. (omissis)

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