Inammissibilità dell’appello – artt. 342 -348 c.p.c. condizioni - Electio Amici -modalità – contratto preliminare – attivazione del recesso – mediazione – obbligo di pagamento – sussiste

22.3.2021 Corte di Appello di Ancona – Sent. 323/2021 Pres. Marcelli Est. Orlando

24/03/2021

…“SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data  la Soc. X conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Pesaro, la Soc. A e la Sig. B per sentirle condannare ciascuna al pagamento della somma di euro oltre interessi e IVA dedotta ritenuta di acconto, a titolo di provvigione per l’attività di mediazione svolta nella compravendita dell’immobile sito in Pesaro, ed al risarcimento dei danni subiti a causa del loro inadempimento, esponendo che dopo il conferimento da parte di Soc. A, con atto del 2005, dell’incarico di mediazione non esclusivo per la vendita dell’immobile e la messa in contatto delle convenute per il tramite di essa attrice, la Sig. B aveva visitato l’immobile anche all’interno ed erano iniziate trattative protrattesi sino alla fine dell’anno 2007, nel corso delle quali Soc. A si era dichiarata disponibile a ridurre il prezzo della compravendita inizialmente richiesto in euro. In data …..2009 Soc. A aveva concluso un preliminare di vendita del detto immobile con il sig. C con la formula della facoltà di designare il terzo acquirente in sostituzione dell’originario stipulante ed il Sig. C aveva designato quale terzo acquirente proprio la sig.ra B. Il prezzo pattuito (in euro di circa 300.000 inferiore a quello originariamente richiesto n.d.r.), tenuto conto che l’immobile era stato venduto con soli mq. 500 di terreno e non con l’ettaro di terreno previsto nelle trattative del 2007, era pressochè coincidente con quello, trattabile, previsto originariamente. Costituitasi in giudizio con comparsa di risposta depositata in data Soc. A resisteva alla domanda deducendo che dopo l’incarico conferito ad X nell’anno 2005 e la visita della Sig. B non aveva avuto più alcun contatto con la Sig. B e tantomeno con X e che, trascorsi circa quattro anni dal conferimento dell’incarico senza lo svolgimento di alcuna attività ed il raggiungimento di un qualche risultato, era stata contattata direttamente dal  Sig. C con il quale aveva concluso il preliminare del 2009, la cui riconducibilità alla Sig. B, poi designata quale terzo acquirente, era da escludere, sia per l’inefficacia della nomina del terzo, non effettuata ai sensi di legge, sia per la mancanza in essa deducente della consapevolezza della sussistenza di un qualche collegamento tra la trattativa in atto ed il contatto intervenuto quattro anni prima con l’Agenzia X Peraltro, la pretesa di X al pagamento delle provvigioni era priva di legittimità perchè le parti non giunsero al definitivo per il rifiuto opposto dal  C di corrispondere il prezzo pattuito, a suo dire non determinabile, talché Soc. A esercitò il diritto di recesso ed incamerò la caparra, ed, oltretutto, non vi era identità tra il bene oggetto dell’incarico conferito e quello oggetto del preliminare. Soc. A concludeva, pertanto, per il rigetto della domanda attorea e, in estremo subordine e in via riconvenzionale, nell’ipotesi della ritenuta esistenza di una qualche pretesa azionabile da  X per i contatti avuti con la Sig. B al fine della stipula del preliminare, per la condanna della  Sig. B a manlevarla e/o a tenerla indenne da ogni conseguenza dannosa che potesse derivarle dall’accoglimento di domande di X. Anche l’altra convenuta Sig. B si costituiva in giudizio, con comparsa di risposta e resisteva alla domanda attorea deducendo che X non aveva contribuito in alcun modo alla conclusione di un affare che non si era mai concluso e che la vicenda che aveva portato alla stipula del preliminare era del tutto autonoma, sia sotto il profilo temporale che sotto il profilo dei soggetti e dei contenuti, rispetto a ciò che si era svolto anni prima con l’intervento di essa X. Istruita la causa con interrogatorio formale, prova per testi e produzione ed acquisizione di varia documentazione, l’adìto Tribunale, con sentenza del 12-13.10.2015, rigettava la domanda attorea e condannava X a rifondere alle convenute le spese sostenute per il giudizio, osservando che la visita dell’immobile avvenuta per il suo tramite sia nell’anno 2006 che prima della conclusione del preliminare del 2009 – unico fatto riconducibile all’iniziativa di X – non aveva costituito un antecedente causalmente efficiente a permettere la conclusione dell’affare, non essendo stato l’amministratore della società attrice in grado di dare atto dello sviluppo di trattative a seguito di dette visite e non potendo la prova del richiesto nesso di causalità tra l’attività mediatoria e la conclusione dell’affare essere tratta dalla successione cronologica tra i due fatti in base al criterio “post hoc, ego propter hoc”, e che, avuto riguardo all’ampiezza del tempo trascorso tra la visita del 2006 e la conclusione del preliminare, l’attività della mediatrice, diretta a permettere l’incontro delle volontà delle parti, “si sarebbe dovuta atteggiare in considerazione del trascorrere del tempo”. Avverso la sentenza X ha proposto appello, con atto notificato in data 10.03.2016, deducendo un unico complesso motivo, articolato in più punti, con il quale censura l’impugnata sentenza per avere, rilevando che Soc. A aveva concluso il preliminare di vendita con il C dando atto della riserva di nomina di un eventuale terzo acquirente, poi designato nella persona della B, ha affermato che l’amministratore della società non era stato in grado di dare atto dello sviluppo di trattative a seguito delle due visite effettuate dalla B senza considerare che, alla luce delle prove testimoniali e documentali acquisiste, risultava evidente l’esistenza di una effettiva trattativa tra essa appellante e la B, che non aveva avuto buon esisto per asserite divergenze insorte tra le parti sulle modalità di pagamento del prezzo di acquisto dell’immobile, e ritenuto, altresì, che il promissario acquirente C non volesse in realtà acquisire per se il bene ma agisse per conto della B, a nulla rilevando che il perfezionarsi della promessa di vendita fosse intervenuta a distanza di tempo dall’attività prestata da X e ha concluso, in riforma dell’impugnata sentenza, per l’accoglimento delle richieste formulate in primo grado, con vittoria o, in subordine, con totale compensazione delle spese di lite per entrambi i gradi di giudizio, statuendosi anche il diritto di essa appellante alla restituzione delle somme indebitamente pagate. Soc. A si è costituita, con comparsa di risposta, eccependo l’inammissibilità dell’appello ex art. 342 c.p.c. perché privo dei requisiti di specificità richiesti dalla norma ed ex art. 348 bis c.p.c. perché privo di una ragionevole probabilità di accoglimento, e deducendo l’infondatezza in fatto ed in diritto delle ragioni del proposto gravame e riproponendo le eccezioni sollevate in prime cure, non esaminate da quel giudice, relative alla dedotta inesistenza di qualsivoglia attività di X con rifermento a pretese trattative dell’anno 2006 tra Soc. A e B, all’inefficacia della nomina del terzo perché non fatta ai sensi di legge, alla inesistenza della consapevolezza in capo ad essa A dell’intervento del mediatore, all’inesistenza del diritto di X alla provvigione per nullità del preliminare, nonchè al difetto di identità tra il bene oggetto dell’incarico conferito ad X e quello oggetto del preliminare. Ha concluso, pertanto, per la declaratoria di inammissibilità dell’appello e, in subordine, per il rigetto del gravame perché infondato in fatto ed in diritto, e ha proposto appello incidentale condizionato per la condanna di B, nel caso di accoglimento di domande di X, a versare ad essa A, anche a titolo di risarcimento danni, quanto fosse tenuta a versare ad  X. Con vittoria delle spese del grado. Anche B si è costituita in questa sede, con comparsa di risposta, negando la sussistenza di alcuna prova di una sua preordinazione di acquistare l’immobile per interposta persona al fine di evitare il pagamento di provvigioni ad X e di un intervento causale di questa nella conclusione dell’affare e concludendo per il rigetto dell’appello, con vittoria delle spese del grado. All’udienza del 23.06.2020 le parti hanno precisato le rispettive conclusioni e la causa è stata trattenuta per la decisione previa concessione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE E’ preliminare l’esame delle eccezioni di inammissibilità dell’appello ex artt. 342 e 348 bis c.p.c. sollevate dall’appellata B con la comparsa di costituzione e risposta. Entrambe le eccezioni sono infondate. Quanto alla prima, osserva la Corte che le SS.UU. della Corte di Cassazione, con la nota sentenza n. 27199 del 16.11.2017, richiamata la regola generale per la quale le norme processuali devono essere interpretate in modo da favorire, per quanto possibile, che si pervenga ad una decisione di merito, anche in ossequio al principio dalla CEDU per cui le limitazioni all’accesso ad un giudice sono consentite solo in quanto espressamente previste dalla legge ed in presenza di un rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito, hanno enunciato il principio di diritto, consolidatosi nel tempo, per il quale gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. 22.06.2012 n. 83, convertito con modificazioni nella L. 07.08.2012 n. 134, vanno interpretate nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Nella fattispecie in esame, l’atto di appello di  X contiene un unico complesso motivo articolato in più punti, per ciascuno dei quali, dopo la relativa illustrazione, viene indicato, con le opportune argomentazioni in ordine alla rilevanza della mossa contestazione ai fini della decisione, lo scopo perseguito, consentendo alle parti appellate di prendere posizione al riguardo, così che risultano rispettate le prescrizioni in tema di forma-contenuto dettate dall’art. 342 c.p.c. sotto ogni profilo: volitivo, argomentativo, censorio e di causalità tra la violazione dedotta e l’esito della lite. Quanto alla seconda, ad evidenziarne la infondatezza par sufficiente osservare che, alla stregua delle risultanze acquisite e delle preclusioni maturatesi, l’appello non appare pretestuoso o manifestamente infondato al punto da non superare il filtro introdotto dall’art. 348 bis c.p.c. Vanno anche disattese le eccezioni sollevate da A nel giudizio di primo grado, non esaminate da quel giudice e riproposte in questa sede: quella di nullità e/o inefficacia della nomina del terzo, in quanto in presenza di una clausola che prevede che la nomina possa avvenire in occasione della stipula del rogito notarile, la stessa può essere effettuata con la domanda introduttiva del giudizio promosso dal promissario acquirente per la pronuncia ex art. 2932 c.c. di una sentenza sostitutiva del definitivo non concluso (cfr. Cass. n. 18490/14); quella di nullità e/o inefficacia del preliminare per intervenuto recesso, non ritenendosi rilevante la mancata conclusione del negozio definitivo ma solo la conclusione del contratto preliminare in ordine al quale risulta espletata l’attività di mediazione (cfr. Cass. n. 12022/2002; Cass. n. 7400/1992). Ed invero, per principio consolidato della Suprema Corte, l’affare – da intendersi nel senso di qualsiasi operazione economica generatrice di un rapporto obbligatorio – deve ritenersi concluso, per effetto della messa in relazione da parte del mediatore, quando si costituisca un vincolo giuridico che abiliti ciascuna delle parti di esso ad agire per l’esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno, si che al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione è sufficiente che la sua attività costituisca l’antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi ed atti strumentali, alla conclusione dell’affare, e pur se le parti originarie sostituiscano se ad altri nell’operazione conclusiva ovvero una parte sia receduta dal preliminare (cfr. Cass. n. 12527/10; Cass. n. 8126/09; Cass. n. 20549/04). Ciò posto, e passando all’esame dei vari punti del proposto gravame, osserva la Corte che, alla luce delle risultanze probatorie, testimoniali e documentali, acquisite al processo, può dirsi accertato che A, che con atto del 2005 aveva conferito per iscritto ad X incarico di mediazione a tempo indeterminato, mai revocato, di vendere l’immobile ubicato in Pesaro, nel 2006 venne in contatto tramite X con B, la quale nella successiva data del  2006 visitò anche all’interno l’immobile. Può dirsi, altresì, accertato che 2009 A, per lo stesso immobile, concluse un contratto preliminare di vendita con C, con riserva da parte del promissario acquirente di designare un terzo acquirente in sostituzione di esso stipulante, e che, non essendosi proceduto alla stipula del definitivo con rogito notarile, il C, con l’atto introduttivo del giudizio promosso per la pronuncia ex art. 2932 c.c. di una sentenza che tenesse luogo del contratto non concluso, sciolse la riserva e designò il terzo nella persona della B. In siffatta ricostruzione della vicenda negoziale e processuale svoltasi tra le parti, non può condividersi la decisione del primo giudice di ritenere che il contatto avvenuto tra le parti 2006 non fosse stato causalmente efficiente a determinare la successiva conclusione dell’affare (id est la conclusione del preliminare) tra A e C in quanto l’amministratore di X non era “stato in grado di dare sviluppo di trattative a seguito delle due visite avvenute per il suo tramite (sia nel 2006 che prima della conclusione del contratto preliminare nel 2009) né tra A ed il C né tra A e la stessa B”, e che, data l’ampiezza del tempo intercorso tra le visite del 2006 e la conclusione del preliminare di vendita, “l’attività di mediatrice, diretta a permettere l’incontro delle volontà delle parti, si sarebbe dovuta atteggiare in considerazione del trascorrere del tempo”. Va osservato in contrario che l’attività spiegata da X nel novembre 2006, consistita nella presa di contatto tra le parti e nella partecipazione alla visita dell’immobile, estesa all’interno, effettuata dalla B, era di per se sola sufficiente a determinare il sorgere in capo alla stessa del diritto al pagamento della provvigione, indipendentemente dal suo intervento varie fasi della trattativa sino alla stipula del negozio, richiedendosi soltanto che la messa in relazione da parte del mediatore costituisca da antecedente necessario per pervenire alla conclusione dell’affare, anche quando, come nella specie, le parti sostituiscano altri a se nella stipulazione conclusiva, sempre che vi sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale (cfr. Cass. n. 25851/14). Ad escludere poi che, come ritenuto dal primo giudice, la trattativa conclusa tra A da una parte e  C  e B dall’altra fosse del tutto avulsa dall’operato di X e che il C volesse acquisire per se l’immobile sta, oltre all’identità dell’affare proposto con quello concluso, non modificata dalla previsione di vendita parziale del terreno di cui al preliminare del 2009 rispetto a quello oggetto di trattative nel 2006, la circostanza essenziale, anche essa documentalmente accertata e confermata dallo stesso C nel reso interrogatorio, della provenienza dal conto corrente intestato alla B della provvista necessaria al fine del pagamento della caparra ad A, da questa incamerata con l’operato recesso seguito al rifiuto del C di corrispondere in sede di rogito notarile il prezzo pattuito. Dalla accertata riferibilità della conclusione dell’affare all’attività mediatoria svolta da X deriva il diritto dell’appellante principale, ed il correlato obbligo delle appellate, al pagamento delle provigioni nella misura richiesta, che non ha formato oggetto di contestazione. Quanto alla domanda di manleva spiegata in via riconvenzionale da A, ed oggetto del proposto appello incidentale condizionato, con la quale si deduce che solo la B, quale mandante del C, poteva essere a conoscenza dell’ipotetico rischio, connesso alla stipula del preliminare, che X potesse pretendere il pagamento di una provvigione per l’attività di mediazione svolta nell’anno 2006 e che, pertanto, ogni onere derivante da tale pretesa non poteva che ricadere su di lei, ad evidenziarne la infondatezza par sufficiente osservare che la presenza della B nello studio del notaio incaricato di procedere alla redazione del rogito, richiesta dalla necessità di accettare l’imminente sua nomina a terzo acquirente dell’immobile, consentiva anche ad A di avere contezza del rischio connesso alla stipula di una preliminare riconducibile alla pregressa attività mediatoria posta in esser anni prima da X su suo espresso incarico (omissis)

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