Incidente stradale – valutazione del grado di colpa – criteri – risarcimento del danno da uccisione – prossimi congiunti – criteri - onere della prova di intimo e stretto rapporto con la vittima.

30.1.2021 Tribunale di Pesaro – Sent. 79/2021 –Est. Pietropaolo

08/10/2021

(omissis) … “Per gli attori “Voglia l’Ecc.mo Tribunale adito, ogni contraria domanda eccezione e deduzione disattesa: A) dichiarare la responsabilità esclusiva di V, conducente dell’autocarro, modello, assicurato a suo nome con Assicurazione X, nella causazione del sinistro oggetto di causa dalla quale è derivato il decesso di M, e per l’effetto condannarlo, in solido con la Compagnia assicuratrice, al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, a qualsivoglia titolo e per qualsivoglia ragione sofferti dagli odierni attori in conseguenza dell’evento de quo, come di seguito quantificati, già detratto l’acconto versato e trattenuto in acconto sul maggior danno subito: A favore di M.A. (Padre), €. ______, oltre danno morale soggettivo da perdita del congiunto, da valutarsi in via equitativa ad opera dell’Ill.mo Giudicante adito; a favore di M.B. (Madre), €. _____, oltre danno morale soggettivo da perdita del congiunto, da valutarsi in via equitativa ad opera dell’Ill.mo Giudicante adito; a favore M.C. (Fratello minore), €. _____, oltre danno morale soggettivo da perdita del congiunto, da valutarsi in via equitativa ad opera dell’Ill.mo Giudicante adito; a favore di M.A. e M.B. (quali esercenti la patria potestà sulla figlia minore M.D.), €. _______, oltre danno morale soggettivo da perdita del congiunto sofferto da M.D., da valutarsi in via equitativa ad opera dell’Ill.mo Giudicante adito; a favore di M.E. (Nonno paterno), €. ______, oltre danno morale soggettivo da perdita del congiunto, da valutarsi in via equitativa ad opera dell’Ill.mo Giudicante adito; a favore di M.F. (Nonna materna), €. _____, oltre danno morale soggettivo da perdita del congiunto, da valutarsi in via equitativa ad opera dell’Ill.mo Giudicante adito; a favore di M.G. (Zio paterno convivente), €. _______, oltre danno morale soggettivo da perdita del congiunto, da valutarsi in via equitativa ad opera dell’Ill.mo Giudicante adito; a favore di M.H. (Zio paterno convivente), €. _______, oltre danno morale soggettivo da perdita del congiunto, da valutarsi in via equitativa ad opera dell’Ill.mo Giudicante adito; a favore di M.A. (padre di M) il danno patrimoniale sofferto jure proprio per spese funebri, €. ____, liquidare comunque i danni tutti come sopra esplicitati nella somma maggiore o minore che risulterà di legge, oltre il risarcimento ogni ulteriore danno subito e subendo dagli attori in conseguenza dell’evento oggetto di causa, che dovesse emergere all’esito del presente procedimento. Il tutto oltre rivalutazione monetaria maturata sugli importi da corrispondere a partire dall’anno 2018 (data ultima tabella Milanese disponibile per il calcolo del danno non patrimoniale da morte del congiunto), interessi legali maturati (si opus a titolo di maggior danno sofferto per il ritardato pagamento ex art. 1224 c.c.) dalla data del sinistro al saldo, nonché Con vittoria di spese, onorari e funzioni del presente giudizio”. Per la convenuta “Nel merito, respingere la domanda proposta dagli attori perché infondata in fatto ed in diritto, con vittoria di spese, funzioni ed onorari di causa, dichiarando satisfattivi gli importi già versati. In via subordinata, graduate le colpe ridurre l’entità del richiesto risarcimento alla misura che sarà compiutamente dimostrata in corso di causa e ritenuta di giustizia, tenuto anche conto del contributo causale offerto dalla condotta della signora M, dichiarando satisfattivi gli importi già versati ante causam. Con vittoria di spese, funzioni ed onorari in ogni caso. In via istruttoria, insiste per l’ammissione della c.t.u. cinematica”. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione in data 4.5.2018, ritualmente notificato, M.A. e M.B., in proprio e quali legali rappresentanti della figlia minore M.D., nonché M.C. (rispettivamente, genitori, sorella e fratello della defunta M), M.E. (nonno paterno), M.F. (nonna materna), M.G. e M.H. (zii paterni) convenivano in giudizio, innanzi all’intestato Tribunale, V e la compagnia assicuratrice X, chiedendo l’accertamento della solidale responsabilità dei convenuti per la morte causata alla loro congiunta, M, in occasione del sinistro occorso in data ______. Deducevano gli attori che il decesso della vittima doveva ascriversi a responsabilità esclusiva del V, il quale, procedendo alla guida dell’autocarro, lungo la SS16 nel tratto urbano denominato (omissis), aveva investito violentemente M, caricandola sul cofano, per poi farla cadere rovinosamente a terra. Concludevano, pertanto, chiedendo la condanna dei convenuti al risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale (sub specie di danno da perdita del rapporto parentale e di danno morale soggettivo), nella misura indicata nell’atto di citazione, ritenendo non satisfattiva la somma versata ante causam dall’assicurazione, pari a complessivi € (omissis), trattenuta in acconto sul maggiore importo dovuto. Si costituiva in giudizio la sola convenuta X (mentre rimaneva contumace V), contestando la domanda, sia in punto responsabilità del sinistro, sia in ordine al quantum risarcitorio, deducendo sostanzialmente la responsabilità concorsuale di M nella causazione dell’evento dannoso, per avere la stessa attraversato incautamente la strada, in modo tale da rendere oggettivamente impossibile ed improbabile il suo preventivo avvistamento, stante anche la condizione dei luoghi, ed in particolare la scarsa visibilità dovuta alla pioggia e la scarsa illuminazione della strada. Dato atto, altresì, dell’avvenuto versamento della predetta somma di € (omissis), chiedevano che detto importo fosse ritenuto satisfattivo, anche in ragione del rilevante concorso di colpa della vittima, e tenuto conto, altresì, del carattere unitario del danno non patrimoniale. Depositate le memorie ex art. 183, comma 6 c.p.c., ammessa ed espletata la prova per testi dedotta da parte attrice, previo rigetto dell’istanza di c.t.u. cinematica richiesta da parte convenuta, all’udienza fissata per la precisazione delle conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione, con concessione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e delle memorie di replica. Le domande attoree sono fondate e meritano accoglimento per le ragioni e nei limiti di seguito esplicitati. 1- Responsabilità del sinistro. Parte attrice ha ricostruito i fatti posti a fondamento della domanda come segue. (omissis) … “Sulla scorta di tali allegazioni fattuali, riscontrate dalla documentazione prodotta unitamente all’atto di citazione, gli attori hanno dedotto la responsabilità esclusiva del conducente dell’autocarro, V, per la morte della loro congiunta. Ritiene questo giudice che le risultanze processualmente acquisite (considerate secondo il loro reale grado di efficacia probatoria, ex combinato disposto degli artt. 2697 e 2054 c.c.) appaiono sufficienti ai fini di una chiara e completa ricostruzione della dinamica del sinistro per cui è causa e, quindi, dell’accertamento in positivo della concreta incidenza causale delle condotte dei protagonisti rispetto all'evento dannoso lamentato. Va, pertanto, preliminarmente ribadita la valutazione di superfluità della c.t.u. cinematica, richiesta da parte convenuta (istanza già rigettata con ordinanza del 4.2.2019, con la stessa motivazione, e reiterata in sede di precisazione delle conclusioni), riservando al prosieguo della trattazione una più puntuale disamina delle contestazioni sollevate dalla convenuta riguardo alla dinamica del sinistro, così come ricostruita dal consulente tecnico del PM. Occorre, infatti, evidenziare come, nel caso di specie, i dati fattuali certi, cui ancorare la ricostruzione empirica della probabile dinamica del sinistro siano rappresentati, da un lato, dal rapporto redatto dalla Polizia Municipale, intervenuta sul posto subito dopo il sinistro, e, dall’altro, dagli accertamenti, dalle informazioni raccolte e dai sopralluoghi eseguiti dal perito S, nominato quale consulente tecnico dal P.M., nell'ambito dell'indagine penale avviata dalla locale Procura della Repubblica. Alla stregua di tali risultanze (v. doc. n. 1 e 27 fasc. att.) può ritenersi accertato quanto segue: “Il conducente del veicolo A (percorreva la SS16 nel tratto urbano denominato (omissis) con direzione Fano-Pesaro. All’altezza dell’attraversamento pedonale situato poco prima di (omissis), investiva il pedone in fase di attraversamento della carreggiata (da sinistra a destra rispetto alla direzione del veicolo investitore), colpendolo e caricandolo sul cofano motore, fase durante la quale il pedone, prima della successiva proiezione e caduta a terra, colpiva con il capo il parabrezza nel lato in basso a destra del vetro……Il conducente del veicolo investitore arrestava la marcia a metri 40,90 dall’attraversamento pedonale sul margine destro della carreggiata. Il pedone dopo l’urto veniva proiettato in avanti ed il corpo veniva rilevato ad una distanza di mt. 21,20 dal frammento di plastica che si trovava più prossimo alla segnaletica di attraversamento pedonale…” (v. pag. 17 doc. n. 1). Nelle osservazioni contenute nel citato rapporto della Polizia Municipale e dalla relazione tecnica allegata si precisa che gli accertamenti svolti collocano, con ragionevole convinzione, la giovane M nei pressi dell’attraversamento pedonale di strada (omissis), confermando che la giovane stesse attraversando la sede stradale, mediante l’utilizzo dell’attraversamento pedonale, da monte verso mare o, comunque, stesse transitando nelle immediate vicinanze di esso. Appaiono conformi a tali risultanze anche le conclusioni rassegnate dal perito S (doc. 27 fasc. att.), consulente tecnico nominato dal P.M. nel procedimento promosso a carico di V avanti al Tribunale di Pesaro, il quale, nella parte dedicata alla ricostruzione del sinistro (“valutazioni tecniche”), testualmente afferma: “In mancanza di tracce impresse sull’asfalto non è possibile stabilire con precisione il punto di investimento; vi sono però due frammenti della mascherina frontale dell’autocarro che sono stati localizzati sulla carreggiata a 3,70 e 3,75 metri avanti (verso Pesaro) dall’attraversamento pedonale….Ne consegue, visto che cadevano a terra dal veicolo in movimento, che questi pezzetti hanno percorso necessariamente dello spazio dall’istante della rottura e quindi il punto d’urto (investimento) è da individuarsi più indietro, all’altezza delle strisce pedonali e ampiamente nella corsia di marcia legale dell’autocarro. Condividendo il ragionamento dei verbalizzanti, quindi, il punto di investimento verrà stimato in perizia vicino al bordo lato Pesaro delle strisce pedonali, anche per il fatto che la M era diretta alla (omissis) situata alla sinistra rispetto al suo incidente. La collisione iniziava tra la gamba destra del pedone e la mascherina copri radiatore dell’autocarro, applicandosi poi anche all’altro arto. Ne scaturiva l’immediato e fulmineo caricamento del corpo (inclinazione oraria) con interessamento del tronco destro contro il cofano motore e conseguente schianto della fronte destra del capo sulla base del vetro parabrezza destro dell’autocarro. Nella conseguente frenata dell’autocarro (addirittura il V riferiva che le ruote si bloccavano e scivolavano sull’asfalto bagnato) il pedone era rilasciato avanti cadendo alla destra della carreggiata (grazie anche al contributo della sua camminata), fermandosi all’angolo dell’ingresso della scuola perdendo nel volo gli occhiali, lo zaino e la stola del giubbotto mentre l’autocarro si fermava più avanti sulla destra di circa 45,27 metri.” Con riferimento al comportamento del V, il consulente tecnico S ha ritenuto che la velocità media di 60 Km/h tenuta dal conducente fosse eccedente il limite massimo consentito (50 Km/h) e, comunque, in entrambe le variabili (velocità minima 50 Km/h e massima di 65 Km/h n.d.r.) non consona al tratto di strada percorso, considerato che si trattava di centro abitato, che nelle vicinanze vi era un istituto scolastico e una fermata scuolabus, considerata, altresì, la scarsa visibilità dovuta al buio e alla pioggia, l’asfalto bagnato e, soprattutto, la presenza dell’attraversamento pedonale opportunamente segnalato e molto probabilmente illuminato da luce pubblica (come tutta la strada). Il consulente ha, inoltre, precisato che, prendendo in considerazione quanto affermato sulla visibilità, con un’andatura prudente V avrebbe potuto evitare l’investimento o, quantomeno ridurne gli effetti lesivi, in quanto, a 50 Km/h e a parità di condizioni di attrito di quelle considerate nei calcoli effettuati, servono 32,18 metri per fermarsi completamente (con un intervallo psicotecnico di un secondo); spazio inglobato all’interno del suo campo di visuale e visibilità. A questo si aggiunga il fatto che il pedone aveva già impegnato la carreggiata sulle strisce da tempo (al suo arrivo M stava già attraversando) e, quindi, V vi si doveva rapportare, concedendole il transito (questo a prescindere dalle strisce pedonali). Il perito S ha, quindi, concluso che la mancata attenzione/prudenza alla guida e la velocità non adeguata sono state le cause tecniche del sinistro, che, a suo avviso, non avrebbe avuto luogo, qualora fossero state rispettate dall’automobilista le seguenti norme specifiche del codice della strada, oltre a quelle generiche del comma 1 dell’art. 140 (principio informatore della circolazione): art. 141 ai commi 1, 2, 3 e 4; art. 191, comma 1. Con riferimento al comportamento della vittima, cui parte convenuta imputa una condotta colposa concorrente, per avere incautamente attraversato la strada, occorre rilevare che gli accertamenti effettuati dalla Polizia Municipale e le valutazioni espresse dal perito Sescludono radicalmente tale ipotesi, sia sulla base di quanto materialmente riscontrato con riferimento all’uso degli auricolari del telefono cellulare, sia sulla base della posizione della vittima dopo il sinistro e delle parti del corpo interessate dall’urto. Quanto all’uso del telefono, nel rapporto si afferma testualmente che “onde risalire ad un eventuale uso di auricolari, in data 14/11/2016 venivano verbalizzate informazioni utili alle indagini, espresse dalla Sig.ra J in qualità di componente dell’equipaggio intervenuto per il soccorso: la stessa a domanda rispondeva che durante le operazioni di taglio degli indumenti della ragazza, notava fuoriuscita da una tasca del giubbotto della ragazza le cuffie dell’auricolare e che le stesse pendevano dalla tasca e non si trovavano nelle orecchie della ragazza”. Quanto all’atto di attraversamento della strada, il perito S ha evidenziato come debba ritenersi dimostrato che il pedone stava camminando offrendo il fianco destro all’autocarro e, quindi, attraversava dalla sinistra verso destra e che l’impatto tra l’autocarro e pedone è avvenuto quando quest’ultimo stava per terminare l’attraversamento delle due corsie di marcia dei veicoli. (omissis) … … “Tale ultimo dato (quello cioè relativo al mancato avvistamento del pedone che già impegnava la carreggiata) risulta, peraltro, pienamente compatibile con le dichiarazioni rese da V nell'immediatezza del fatto, secondo cui lo stesso non si era minimante avveduto della presenza del pedone sulla sede stradale. Ciò posto, ritiene questo giudice, in piena adesione a quanto accertato dal perito S in sede di ricostruzione della dinamica del sinistro, che la causa diretta ed esclusiva del sinistro in questione possa fondatamente individuarsi nella condotta di guida, gravemente imprudente, tenuta dal V ed in particolare per aver tenuto una velocità superiore al limite previsto e, comunque, per non aver adeguato la velocità dell’autovettura in modo da poter compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza, eventualmente arrestando tempestivamente il veicolo o effettuando altra manovra per evitare l’investimento del pedone, che stava attraversando la strada sulle strisce pedonali o in prossimità delle stesse e che già aveva impegnato buona parte della carreggiata, tenuto conto, nel caso di specie, delle condizioni di visibilità connessa all'ora serale e considerate, altresì, le altre circostanze del caso, in particolare della segnaletica che evidenziava la presenza di un Istituto scolastico e delle strisce pedonali, opportunamente segnalate. Ritiene, altresì, questo giudice che le allegazioni di parte convenuta circa la ricorrenza di altre concause nella verificazione del sinistro, con riferimento, in particolare, all’incauta condotta tenuta dalla vittima nell’attraversare la strada, risultino, non solo, sfornite di adeguato supporto probatorio, ma anche inidonee, nel caso di specie, a superare la presunzione di colpa in capo al convenuto V, al quale, tra l’altro, è stata contestata la violazione di plurime disposizioni del Codice della strada (art. 141, commi 1, 2, 3 e 4, e art. 191, commi 1 e 4, C.d.S.). Posto che la presenza di un pedone nei pressi delle strisce pedonali è in generale un ostacolo prevedibile, nel caso di specie la prevedibilità risulta ancor più accentuata dal fatto che le strisce si trovano nel mezzo di un rettilineo, nonché dal fatto che l’attraversamento pedonale risultava adeguatamente segnalato da consona segnaletica stradale posta nei pressi dello stesso. Sul punto, può richiamarsi Cass. pen. Sez. 4, n. 13916 del 27.3.2012, secondo cui “In tema di circolazione stradale, il conducente di un veicolo è tenuto ad osservare in prossimità degli attraversamenti pedonali la massima prudenza e a mantenere una velocità particolarmente moderata, tale da consentire l'esercizio del diritto di precedenza, spettante in ogni caso al pedone che attraversi la carreggiata nella zona delle strisce zebrate, essendo al riguardo ininfluente che l'attraversamento avvenga sulle dette strisce o nelle immediate vicinanze” (v. pure Cass. pen., sez. 4, n. 47290 del 9.10.2014). Deve, altresì, evidenziarsi che il codice della strada contiene norme che estendono al massimo l’obbligo di attenzione in capo al conducente di veicoli, sino a comprendere il dovere di prospettarsi le altrui condotte irregolari. Tra tali disposizioni normative particolare rilievo assumono: a) l'art. 141 cod. strad., che impone di regolare la velocità in relazione a tutte le condizioni rilevanti, in modo che sia evitato ogni pericolo per la sicurezza e di mantenere condizioni di controllo del veicolo idonee a fronteggiare ogni "ostacolo prevedibile"; b) l'art. 191, che prescrive la massima prudenza nei confronti dei pedoni, sia che si trovino sugli appositi attraversamenti, sia che abbiano comunque già iniziato l'attraversamento della carreggiata. Tali norme tratteggiano obblighi di vasta portata, che riguardano anche la gestione del rischio connesso alle altrui condotte imprudenti. In particolare, il dovere di attenzione del conducente, teso all'avvistamento del pedone, trova il suo parametro di riferimento (oltre che nelle regole di comune e generale prudenza) nel principio generale di cautela che informa la circolazione stradale (art. 140 cod. strad.) e si sostanzia essenzialmente in tre obblighi comportamentali: - obbligo di ispezionare la strada costantemente, dove si procede o che si sta per impegnare; obbligo di mantenere sempre il controllo del veicolo; - l’obbligo di prevedere tutte le situazioni di pericolo che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada (Sez. 4, n. 10635 del 20/02/2013; Sez. 4, n. 44651 del 12/10/2005), prevedendo anche eventuali condotte irregolari altrui. Nel caso in esame, nessuna irregolarità può essere imputata alla vittima, non essendo emerso alcun elemento concreto che lasci ipotizzare un concorso di colpa del pedone. Riguardo alle osservazioni formulate da parte convenuta e poste a base della richiesta di ammissione di c.t.u. cinematica, ritiene il giudicante che le presunte discordanze tra le conclusioni rassegnate dal perito S, rispetto agli elementi obiettivamente rilevati dagli agenti della Polizia municipale intervenuti nell’immediatezza del sinistro, siano, in realtà, solo apparenti o, comunque, non rilevanti. Circa l’attivazione o meno dell’illuminazione pubblica nell’ora dell’incidente, si osserva che l’eventualità che i lampioni non fossero ancora accesi al momento del sinistro appare ininfluente, considerato che anche nell’ipotesi in cui non fossero stati accesi la condotta di guida di V avrebbe dovuto essere improntata ad ancora maggiore prudenza, stante la diminuita visibilità per l’ora tarda e tenuto conto della presenza di un Istituto Scolastico normalmente frequentato da studenti nell’arco dell’intera giornata. Riguardo agli ulteriori elementi evidenziati da parte convenuta nella comparsa conclusionale (sequenza azione-reazione del conducente, stima della velocità del conducente, attraversamento sulle strisce pedonali), è sufficiente evidenziare che nella perizia del consulente del PM sono stati adeguatamente valutati tutti gli elementi oggettivi riscontrati dalla Polizia, sottoposti ad elaborazione critica sulla base delle conoscenze di tipo tecnico proprie della scienza meccanica-cinematica, con motivazione congrua e sorretta da argomentazioni prive di vizi logici. Al contrario, l’ipotesi alternativa che il pedone stesse percorrendo “di corsa” la carreggiata e che il conducente se lo sia trovato di fronte ‘improvvisamente’, senza alcuna possibilità di avvistarlo tempestivamente, è priva di qualsivoglia elemento di riscontro oggettivo, posto che neppure il conducente del veicolo investitore ha menzionato, nelle dichiarazioni rese nell’immediatezza, che la ragazza stesse correndo nell’attraversare la strada. Va, quindi, confermata la decisione di rigetto della c.t.u. cinematica richiesta da parte convenuta, ritenendosi adeguatamente accertata la esclusiva responsabilità del V nella causazione del sinistro mortale. 2- Accertamento e liquidazione dei danni. 2.1. Danno non patrimoniale. Gli attori hanno espressamente richiesto il risarcimento dei danni non patrimoniali “iure proprio”, deducendo che tale danno si è concretamente manifestato sia in termini di danno da perdita del rapporto parentale, inteso come significativa alterazione della vita quotidiana sofferta dai congiunti per la perdita del loro caro, sia il danno morale soggettivo, inteso come dolore interiore/intima sofferenza, sofferto dai congiunti al momento della perdita del loro caro e che li accompagnerà per il resto della loro esistenza (richiamando, in tal senso, Cass. Civ., Sez. III, sentenza n. 11851 del 9.6.2015). In fatto, la difesa di parte attrice ha allegato che i rapporti esistenti tra i genitori e M erano caratterizzati dall’esistenza di una intensa e continua relazione affettiva esistente tra gli stessi, tanto che M aveva deciso da giovanissima di trasferirsi dal (paese estero n.d.r.), dove risiedeva inizialmente con la madre ed i fratelli minori, in Italia per raggiungere il luogo di lavoro del padre M.A. e degli zii paterni M.G. e M.H., e dove l’avrebbero raggiunta a breve anche la madre e i fratelli minori. A conferma di tale circostanza, ha prodotto il certificato di stato di famiglia storico di M, che evidenzia come, alla data del decesso, quest’ultima fosse convivente con il padre e gli zii paterni (v. doc. 10), e dal certificato di stato di famiglia del padre M.A. datato ……. (due mesi e mezzo dopo il tragico sinistro), dal quale risulta che anche la madre di M, con i figli minori, ha poi raggiunto il padre e gli zii della ragazza presso il loro luogo di residenza e di lavoro (doc. 11). Ha, in ogni caso, precisato che, alla data del tragico sinistro occorso a M, la stessa risultava già convivente con la madre M.B., la quale l’aveva raggiunta presso l’abitazione dal mese di ____, insieme con i fratelli minori, salvo momentaneamente ritornare in (paese estero di provenienza n.d.r.) alcuni giorni dopo il sinistro, per poi tornare definitivamente a risiedere nell’abitazione familiare, sita in (Italia). La prova testimoniale dedotta ed espletata su istanza di parte attrice si è, essenzialmente, incentrata sulla esistenza di un’intensa e profonda comunione di affetti tra i genitori e M, nonché tra quest’ultima e gli zii paterni ed i nonni. Ciò premesso, può senz’altro affermarsi, in via generale, che i congiunti della vittima di un incidente possono sicuramente agire iure proprio per il risarcimento dei danni che si pongano per i superstiti come conseguenze negative nella loro sfera giuridica: la morte di un parente provoca, infatti, dolore, ripercussioni morali e biologiche oppure esistenziali nella vita dei congiunti ed è pacifico che tali conseguenze, in quanto subite personalmente, attribuiscono ai congiunti il diritto di agire per il risarcimento del danno in proprio. Spetta, peraltro, all’interprete individuare quali siano i soggetti legittimati a chiedere il risarcimento e individuare, altresì, i criteri di liquidazione del danno non patrimoniale. Quanto ai soggetti legittimati, è pacifico che tali siano tutti i più stretti congiunti della vittima (coniuge, genitori, figli, fratelli). Pacifica è anche la risarcibilità del danno morale in favore del convivente more uxorio, purché dimostri la stabilità e la durevolezza del rapporto. La giurisprudenza ammette, peraltro, che il risarcimento possa essere domandato anche da altri parenti, anche se non conviventi, ma a condizione che dimostrino di essere legati allo scomparso da un intenso vincolo affettivo. Per quanto attiene alla individuazione delle voci di danno non patrimoniale, ritiene questo giudice pienamente condivisibile l'orientamento della Suprema Corte, laddove sottolinea l'esigenza che il danno non patrimoniale sia riconosciuto e liquidato nella sua interezza, essendo pertanto necessaria l'analitica considerazione e liquidazione in relazione ai diversi aspetti in cui esso si scandisce, così come elaborati nel corso degli anni dalla giurisprudenza, per sfuggire agli angusti limiti della interpretazione restrittiva dell'art. 2059 c.c. Senza voler ripercorrere la complessa evoluzione dottrinale e giurisprudenziale in materia, è sufficiente richiamare, per quel qui rileva, le numerose pronunce in tema di danno morale, le quali, da un lato, rimarcano il carattere interiore e privo di obiettivizzazione all'esterno di tale danno, espressamente qualificato come "soggettivo", e, dall'altro, precisano come esso non esaurisca l'ambito del danno non patrimoniale, costituendone un mero aspetto, nel contempo svincolandone la risarcibilità dalla ricorrenza del reato (cfr. Cass. 31.5.2003 n. 8827; Cass. 31.5.2003 n. 8828). Parimenti, devono richiamarsi gli ulteriori e successivi arresti della Corte di legittimità, che, nel sottolineare il forte legame tra i beni e interessi di rilievo costituzionale e il danno non patrimoniale, ha, in definitiva, ricondotto la responsabilità aquiliana nell’ambito della bipolarità prevista dal codice vigente tra danno patrimoniale (art. 2043 c.c.) e danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.), procedendo nel contempo ad una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. e riconoscendo, quindi, tutela risarcitoria non solo nei casi espressamente previsti dalla legge ordinaria, ma anche nel caso di lesione di valori costituzionalmente garantiti (v. Cass. 15.7.2005, n. 15022): in particolare, per quel che qui rileva, tutela risarcitoria va senz’altro riconosciuta in caso di lesione dell’interesse all’intangibilità degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, all’inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito della peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost. (cfr. Cass. 15.7.05, n. 15019; Cass. 19.8.2003, n. 12124). Come noto, anche il danno parentale, quale danno conseguenza, va allegato e provato, pur potendo essere riconosciuto anche in base a presunzioni semplici, iuris tantum, a favore dei familiari della vittima, ma sempre previa allegazione dei pregiudizi lamentati. Invero, la più recente giurisprudenza ha in plurime occasioni definito il danno da perdita parentale, risarcibile ai familiari di una persona deceduta a causa del fatto illecito altrui, delineandolo come "quel danno che va al di là del crudo dolore che la morte in se' di una persona cara, tanto più se preceduta da agonia, provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono, concretandosi esso nel vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò' nell'irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti tra moglie e marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonché nell'alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti" (Cass. civ., sez. III, ord. n. 9196/2018, Cass. n. 28989/2019). Trattasi di danno non patrimoniale che rientra in una "nozione unitaria che comprende il danno da lesione di diritti fondamentali della persona costituzionalmente tutelati, tra i quali è primario il diritto all'esplicazione della propria personalità mediante lo sviluppo dei propri legami affettivi e familiari, quale bene fondamentale della vita, protetto dal combinato disposto degli artt. 2, 29 e 30 della Costituzione". Ebbene, gli attori hanno fornito la prova dell'intimo e stretto rapporto stabilito con la vittima. Al riguardo, si osserva che la giurisprudenza ha precisato che, per quanto attiene all’onus probandi, solo i congiunti e i parenti più prossimi (come il coniuge o il figlio) beneficiano di un'agevolazione probatoria consistente nella presunzione secondo l'id quod plerumque accidit della particolare intensità degli affetti. In tali casi, conseguentemente, la sofferenza patita dai parenti può essere accertata, in via presuntiva, sulla base di circostanze, quali lo stretto vincolo familiare, di coabitazione e di frequentazione, idonee a dimostrare l'esistenza di un legame affettivo di particolare intensità. Ad ogni modo, la sofferenza subita nel caso di specie per la morte della congiunta deve ritenersi sussistente in ragione delle specifiche risultanze probatorie acquisite. Le prove testimoniali espletate, difatti, hanno dimostrato la sussistenza del rapporto familiare, del legame affettivo e della sofferenza subita dai genitori, dai fratelli e dagli zii paterni della defunta, con la quale tali congiunti convivevano, con conseguente alterazione della serenità familiare e delle abitudini di vita consolidate nonché la perdita di un affetto. In particolare, la teste, conoscente della famiglia di M. in quanto prima collega di lavoro poi impiegata nella ditta di famiglia, ha confermato che M, prima del trasferimento in Italia avvenuto nel ____, risiedeva e conviveva in (paese estero n.d.r.) con la madre M.B. con i fratelli M.C. e M.D. e con il nonno paterno M.E. (v. verbale di udienza del 13.5.2019). Anche gli altri testi hanno confermato che, prima del trasferimento in Italia, M viveva con la madre, i fratelli minori e il nonno in (paese estero n.d.r.) (v. deposizione del teste W: “Si è vero. Lo so perché siamo cresciuti nello stesso paese, quindi conosco bene la famiglia M e quella della mamma di M”; conformi le deposizioni dei testi F. P. Q. R. J. anch’essi a conoscenza della circostanza, in quanto provenienti dal (paese estero e vicini di casa della famiglia M). La documentazione prodotta conferma che nell’anno  _____M si è trasferita in Italia per raggiungere il padre e gli zii paterni, nella residenza di (Italia), ove poi l’avrebbero raggiunta anche la madre ed i fratelli minori (v. certificato di stato di famiglia del padre M.A. anno 2017 , da cui risulta che la madre di M e i fratelli minori, si sono stabiliti definitivamente con il padre e gli zii di M presso il loro luogo di residenza e di lavoro, sub doc. 11), che, comunque, già abitavano insieme a M presso la residenza familiare in Italia da alcuni mesi prima del sinistro e precisamente a inizio settembre 2016 (v. permessi di soggiorno per motivi familiari attestanti la data di ingresso degli stessi in Italia, sub docc. 15 e 17, all. alla seconda memoria ex art. 183 c.p.c.). Alla data dell’incidente mortale, quindi, M conviveva con il padre e la madre, con i fratelli e con gli zii paterni. Anche la nonna materna, al momento del sinistro, viveva in Italia, anche se non nella stessa residenza della nipote, mentre la frequentazione con il nonno paterno, residente in (paese estero n.d.r.), risale al periodo anteriore al trasferimento in Italia di M, avvenuto nel 2015. Per quanto attiene alla determinazione del danno, trattandosi di danni non patrimoniali, si ritiene che essi debbano essere integralmente quantificati mediante l'applicazione di criteri di valutazione equitativa, rimessi alla prudente discrezionalità del giudice, nel rispetto del principio della c.d. equità circostanziata. Tali criteri devono tener conto dell'irreparabilità della perdita della comunione di vita e di affetti e dell'integrità della famiglia. Pertanto, la quantificazione va operata considerando tutti gli elementi della fattispecie e i valori tabellari dei quali eventualmente si faccia ricorso devono essere esplicitati, tramite un'opportuna personalizzazione (cfr. Cass. n. 10107/2011). La Suprema Corte di Cassazione ha ribadito che, anche con riferimento al danno da perdita del rapporto parentale, non si debba giungere alla duplicazione delle voci di risarcimento. La liquidazione del danno deve, quindi, essere unitaria per evitare indebite locupletazioni del danneggiato. La congiunta attribuzione del danno morale, nella sua rinnovata configurazione, e del danno da perdita del rapporto parentale, determinerebbe, quindi, laddove riconosciuta, duplicazione di risarcimento, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita non sono che componenti del complessivo pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente ristorato (Cass. SS.UU. n. 26972/2008, nel punto 4.8). La Suprema Corte ha anche precisato (sent. n. 10527/2011) che, nel caso di morte di un prossimo congiunto, un danno non patrimoniale diverso ed ulteriore rispetto alla sofferenza morale (c.d. danno da rottura del rapporto parentale) non può ritenersi sussistente per il solo fatto che il superstite lamenti la perdita delle abitudini quotidiane, ma esige la dimostrazione di fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, che è onere dell'attore allegare e provare. Tale onere di allegazione, peraltro, va adempiuto in modo circostanziato, non potendo risolversi in mere enunciazioni generiche, astratte od ipotetiche (nella specie, la S.C. ha ritenuto non adeguatamente adempiuto il suddetto onere di allegazione da parte dei genitori di persona deceduta in un sinistro stradale che avevano domandato il ristoro - in aggiunta al danno morale - anche del danno c.d. esistenziale, allegando a fondamento di tale pretesa la perdita "del piacere di condividere gioie e dolori col figlio" e dei "riti del vivere quotidiano, quali potevano essere il cinema assieme alla sera, l'alternarsi alla guida della macchina, le vacanze, le telefonate durante la giornata, il caffè appena svegli, il pranzo, la cena, i regali inattesi"). Tale principio è stato ribadito anche in successivi arresti (cfr. Cass. sent. n. 21060/2016, relativa a fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto inidonea a dimostrare uno sconvolgimento delle abitudini di vita degli stretti congiunti dell'ucciso la mera allegazione di circostanze, quali la convivenza con la vittima, i suoi studi universitari ed il suo subentro in attività imprenditoriali di famiglia, nonché l'assenza di incomprensioni all'interno del nucleo familiare, volte a dimostrare in via presuntiva che gli attori avevano investito molto, in termini umani e professionali, sul parente defunto, figlio primogenito, e che il dolore per la sua prematura perdita era stato particolarmente intenso). Ai fini della liquidazione (necessariamente equitativa) di tale danno non patrimoniale, occorre, quindi, apprezzare la gravità ed effettiva entità del danno in considerazione dei concreti rapporti col congiunto, anche ricorrendo ad elementi presuntivi quali la maggiore o minore prossimità del legame parentale, la qualità dei legami affettivi (anche se al di fuori di una configurazione formale), la sopravvivenza di altri congiunti, la convivenza o meno col danneggiato, l'età delle parti ed ogni altra circostanza del caso (v. Cass., Sez. 3, sent. n. 28989 dell’11.11.2019). Ciò posto, questo giudice, in conformità al costante orientamento di questo Tribunale e della maggior parte dei giudici di merito, ritiene di procedere alla liquidazione del danno patito dagli attori sulla base delle indicazioni delle tabelle del Tribunale di Milano, tabelle massimamente accreditate (anche da parte della Suprema Corte di Cassazione) sia in ordine ai criteri di liquidazione del danno da lesione dell'integrità psicofisica, sia nell'ambito della liquidazione del danno parentale. Dette tabelle, per l'ipotesi di morte di un genitore e del coniuge non separato, prevedono una liquidazione compresa tra un c.d. valore monetario base di € 165.960,00 ed un aumento personalizzato fino ad un valore massimo di € 331.920,00. Come espressamente evidenziato nei Criteri orientativi stilati dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, "non esiste un minimo garantito da liquidarsi in ogni caso", posto che "i valori indicati in tabella sono quelli medi che, di regola, la prassi giurisprudenziale ha ritenuto congruo ristoro compensativo nei rispettivi casi di decesso e relazioni parentali ivi previsti. La misura massima di personalizzazione prevista in tabella deve essere, invece, applicata dal giudice solo laddove la parte, nel processo, alleghi e rigorosamente provi circostanze di fatto da cui possa desumersi il massimo sconvolgimento della propria vita in conseguenza della perdita del rapporto parentale". In altre parole, il valore del risarcimento indicato in tabella come valore monetario base non rappresenta un "minimo", ma esprime la "uniformità pecuniaria di base " cui fanno riferimento le sentenze della Corte Cost. n. 184/1986 della Cass. nn. 12408/2011 e 5013/2017, mentre l'aumento personalizzato di tale importo può trovare applicazione solamente laddove la parte alleghi e provi un particolare sconvolgimento della propria vita in conseguenza del decesso del congiunto. Venendo quindi all'esame, nel caso di specie, degli elementi presuntivi dai quali desumere la gravità ed effettiva entità del danno da perdita del rapporto parentale, si osserva che: - l'età della vittima (19 anni) e dei genitori (38 anni il padre, 39 anni la madre), di per se' considerata, induce a ritenere che la rottura del rapporto parentale sia avvenuta in un tempo abbastanza distante rispetto a quello in cui statisticamente si sarebbe potuto fisiologicamente collocare tale doloroso evento, il che porta a concludere che la sofferenza sofferta dai genitori è destinata a perpetuarsi per un lungo periodo; - quanto alla composizione del nucleo familiare (sul presupposto che la presenza e vicinanza di altre persone care può contribuire a lenire il dolore), i genitori attori hanno altri due figli sui quali poter riversare il loro affetto e con i quali poter condividere la sofferenza; -riguardo all'intensità della relazione con la vittima, i due genitori convivevano entrambi con la vittima, perché M aveva raggiunto il padre in Italia nel 2015, mentre la convivenza con la madre, con cui aveva vissuto in (paese estero) sino a tale data, era stata ripristinata poco tempo prima del sinistro (la madre con i fratelli si è, infatti, trasferita in Italia nel settembre 2016). Una valutazione complessiva degli elementi suindicati induce a ritenere equa la liquidazione del danno non patrimoniale nell'importo di € _________  per ciascuno dei genitori (attualizzato alla data odierna), tenuto conto, da un lato, che determinate condizioni (quali l'età delle parti e la composizione del nucleo familiare) giustificano un aumento, seppur limitato, dell'importo medio tabellare, mentre, dall'altro lato, non risultano allegate ulteriori circostanze idonee a provare l'esistenza tra le parti di un legame di intensità al di fuori della media, tale da determinare un massimo sconvolgimento della propria vita a causa della perdita e, dunque, da giustificare una maggiore personalizzazione del danno. Riguardo al fratello e alla sorella, considerata la giovane età degli stessi, il fatto di aver perso la sorella maggiore, con la quale hanno convissuto per gran parte della sua pur breve esistenza (tenuto conto del temporaneo distacco dovuto al trasferimento in Italia di M), appare equo liquidare l’importo di € ________ ciascuno. Con riferimento agli zii paterni, è pacifico che la vittima, trasferitasi in Italia, convivesse con i due zii ed è stato dimostrato dalle prove orali (a conferma della documentazione fotografica prodotta; v. doc. n. 24) che M aveva un buon rapporto con gli zii, con i quali organizzava uscite a cena e gite turistiche. Appare equo per detti congiunti una liquidazione del danno non patrimoniale di € ________ ciascuno, tenuto conto della breve durata del periodo di convivenza e della presenza di un nucleo familiare nutrito che ha fornito loro ausilio nella sofferenza. Riguardo al nonno paterno e alla nonna materna, deve ritenersi provato in via documentale e testimoniale che gli stessi avevano con la vittima rapporti consolidati, caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà, il primo nel periodo in cui M viveva in (paese straniero) o quando ella vi tornava periodicamente, la seconda sia nel periodo anteriore al trasferimento di M in Italia, sia successivamente, visto che anche M.F. si è trasferita in Italia, per cui è indubitabile che abbiano riportato un pregiudizio nella perdita del rapporto con la vittima. Considerata l’età avanzata del nonno paterno e, quindi, il presumibile ridotto periodo di sofferenza e considerata, altresì, la non convivenza, si stima congrua una liquidazione di € ________, importo che, invece, va maggiorato per la nonna materna, per la circostanza opposta, stante la giovane età della stessa, per cui il danno va liquidato in €___________. Tenuto conto delle somme erogate ante causam da Assicurazione X, gli importi liquidati in favore di ciascun congiunto devono essere così determinati: (omissis ). Le predette somme devono essere maggiorate degli interessi annualmente maturati al tasso legale, dalla data dell'evento dannoso fino alla data della presente sentenza, prendendo a base di calcolo la somma liquidata, prima devalutata fino alla data dell'evento dannoso e poi anno per anno rivalutata fino alla data della presente sentenza, secondo gli indici delle variazioni dei prezzi al consumo annualmente accertati dall'ISTAT (v. Cass. SS.UU. 5.4.2007, n. 8521). Sugli importi complessivamente dovuti decorrono gli interessi al tasso legale dalla data di pubblicazione della sentenza, che opera la conversione del credito di valore in credito di valuta. In conclusione, sulla scorta di quanto sopra esposto, i convenuti devono essere condannati in solido ex art. 2055 c.c. a risarcire gli attori degli importi suindicati. 2.2. Danno patrimoniale. Per quanto concerne il danno patrimoniale, sotto il profilo del danno emergente (inteso quale diminuzione della sfera patrimoniale del soggetto conseguente al sinistro : es. valore dei beni distrutti, spese effettuate per riparare i beni danneggiati o per sostituirli, spese sostenute per cure volte alla guarigione, spese sostenute per la tutela e l’attuazione del suo diritto), va preliminarmente evidenziato come tale voce di danno sia stata oggetto di espressa domanda in atto di citazione mediante la richiesta di risarcimento dell’importo di € ______________ a titolo di spese funerarie, che va rideterminato in €_________, avendo la convenuta Assicurazione X già rimborsato l’importo di €________. Le spese seguono la soccombenza di parte convenuta e sono liquidate come da dispositivo, in ossequio ai parametri medi di cui al D.M. n. 55/2014, secondo lo scaglione del decisum. (omissis)  

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