Preliminare di preliminare – volontà delle parti di formazione progressiva del contratto – nullità – esclusione – inadempimento – danno risarcibile – natura contrattuale – sequestro conservativo in corso di lite – fattispecie – legittimità

23.10.2021 Tribunale di Perugia – Ord. Coll. – Pres. Marzullo Est. Zampolini

09/11/2021

… “a scioglimento della riserva che precede, ha pronunciato la seguente ORDINANZA 1 – Z ha proposto reclamo avverso l’ordinanza del 27/04/2021, con cui l’intestato Tribunale ha accolto il ricorso promosso da V S.p.a. ed ha autorizzato il sequestro conservativo dei beni mobili ed immobili del reclamante fino a concorrenza dell’importo di € (omissis). I fatti di causa sono sintetizzabili come segue. Z, unitamente a W, aveva, in data 14/07/2011, formulato proposta irrevocabile di acquisto di un terreno con annessi fabbricati in (omissis), di proprietà del reclamato V S.p.a., alle condizioni di seguito illustrate: - il prezzo di acquisto era fissato in € (omissis), pari ad € (omissis) al metro cubo, con l’intendimento che la cubatura in più rispetto ai (omissis) metri cubi, eventualmente concessa dalla previsione urbanistica, sarebbe stata valutata per un importo di € (omissis) al metro cubo, da corrispondere a titolo di conguaglio a favore della promittente venditrice al momento del formale trasferimento del bene; - il prezzo di acquisto, al netto della bonifica a carico della V S.p.a., era da corrispondersi quanto ad € (omissis) a titolo di caparra confirmatoria contestualmente al preliminare da stipularsi non prima del 1/1/2014, quanto ad € (omissis) contestualmente al rogito definitivo da sottoscriversi non oltre il 21/12/2014, all’atto dell’avvenuta bonifica; - la proposta di acquisto era da intendersi irrevocabile per 36 mesi. La V S.p.a., dopo aver accusato ricevuta in data 14/07/2011, accettava la proposta irrevocabile di acquisto in data 20/06/2014, trasmetteva la bozza del contratto preliminare ed invitava il reclamante e W alla stipula del contratto preliminare per il (omissis) innanzi al Notaio, incontro a cui i proponenti non si presentavano. L’attuale reclamante e W instauravano, allora, giudizio ordinario volto ad ottenere la declaratoria di nullità dell’accordo per difetto di causa e, in subordine, per sentire dichiarare non vincolante l’accordo perché espressione di mere puntuazioni. Il convenuto V S.p.a., nel costituirsi in giudizio, proponeva domanda riconvenzionale per ottenere pronuncia ex art. 2932 c.c. o, in subordine, per ottenere il risarcimento del danno per inadempimento o comunque per responsabilità precontrattuale. Nelle more del giudizio, ritenendo che la situazione patrimoniale degli attori e in particolare del Z fosse deteriorata, la V S.p.a. proponeva ricorso per sequestro conservativo per l’importo di € (omissis) pari alla differenza tra il valore di stima degli immobili come accertato dal CTU in corso di causa e il prezzo di acquisto convenuto. 2 – Il Giudice del cautelare ha accolto il ricorso, ritenendo sussistente tanto il fumus boni iuris che il periculum in mora. Quanto al fumus, ad avviso del primo giudice, l’accordo stipulato tra le parti mediante lo scambio della proposta irrevocabile di acquisto e la relativa accettazione è da qualificarsi come preliminare di preliminare, avendo le parti voluto una formazione progressiva del consenso allo scopo di correlare l’andamento della contrattazione quantomeno ai tempi delle variazioni urbanistiche. Il primo giudice ha tratto il proprio convincimento da un lato, dalla stessa proposta irrevocabile di acquisto che recava il termine di efficacia di 36 mesi e, dall’altro, dal contenuto dell’accordo stipulato tra le parti, che dava conto di un meccanismo di differimento della stipula del preliminare e del definitivo, risultando quest’ultimo condizionato all’effettiva esecuzione della bonifica. Ha, quindi, ritenuto meritevole di tutela l’accordo stipulato alla luce dell’insegnamento della Suprema Corte di Cassazione n. 4628/2015. Il giudice della prima fase ha poi escluso che l’accordo stipulato tra le parti mediante la proposta irrevocabile di acquisto e la relativa accettazione fosse direttamente coercibile ex art. 2932 c.c., in considerazione del fatto che esso conteneva alcune condizioni che, per la loro complessità, non potevano che essere rimesse alla libera pattuizione delle parti, traendone la conseguenza che il contenuto del preliminare da stipulare non avrebbe potuto essere surrogato dalla pronuncia dell’autorità giudiziaria. Nondimeno, ha ritenuto responsabili i promissari per l’inadempimento al preliminare di preliminare ed ha parametrato il danno sofferto dalla V S.p.a. all’interesse positivo da mancata stipula del preliminare. In punto di quantificazione del danno, ha individuato il danno emergente nella somma che alla stipula del preliminare la V S.p.a. avrebbe incassato a titolo di caparra confirmatoria pari ad € (omissis), sul presupposto che la stessa rappresenta la misura convenzionale e predeterminata del danno derivante dal fallimento dell’affare. Ha poi escluso il lucro cessante, ritenendo che l’attuale reclamata non avesse allegato e dimostrato di avere altri clienti pronti alla stipula del contratto di vendita definitivo o preliminare e che non fosse conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento l’aver sostenuto, prima dell’accettazione della proposta irrevocabile, spese per la variazione urbanistica, non essendo l’ottenimento del piano attuativo, condizione per l’accettazione della proposta. Sotto il profilo del periculum in mora, il giudice del cautelare ha evidenziato l’aggravamento della situazione patrimoniale del debitore a seguito di iscrizione di ipoteca giudiziale sui beni dello stesso, senza che alla dedotta incapienza del patrimonio avesse fatto seguito la prova da parte del Z della sufficienza del patrimonio residuo. 3 – Avverso l’ordinanza di autorizzazione al sequestro conservativo, propone reclamo Z, assumendo l’erroneità della decisione sulla base delle seguenti considerazioni. In ordine al fumus, ribadisce la nullità dell’accordo stipulato tra le parti per mancanza di causa sostenendo che lo stesso non fosse sorretto da alcun interesse meritevole di tutela. In particolare, ha osservato come l’accordo in questione fosse già completo di tutti i suoi elementi e che il secondo contratto che le parti avrebbero dovuto stipulare (il preliminare) fosse una sostanziale riproduzione del primo. A detta del reclamante, quindi, emergerebbe in modo chiaro l’insussistenza di un interesse delle parti ad una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e l’assenza di una più ristretta area del regolamento degli interessi coperta dal vincolo negoziale. Z rileva poi l’insussistenza del danno, assumendo come V S.p.a. non avesse assunto alcun vincolo a fronte della proposta irrevocabile di acquisto, essendo quest’ultima rimasta libera per quasi tre anni di reperire altri acquirenti, né aveva sostenuto dopo l’accettazione alcun costo per l’eventuale bonifica del sito. In ordine al periculum, evidenzia la preesistenza dell’iscrizione ipotecaria e della stipulazione della convenzione urbanistica sostenendo come avrebbero, in ogni caso, prevalenza rispetto ad un eventuale provvedimento di sequestro, il quale si rivelerebbe, perciò, inutile. Aggiunge che la convenzione urbanistica, di per sé considerata, non giustifica l’emissione di un provvedimento di sequestro conservativo, non costituendo la sua stipula alcun indice di imminente disposizione del patrimonio immobiliare del Z. Rileva, infine, che l’esecuzione del sequestro conservativo presso terzi ha visto citati diciotto soggetti giuridici diversi, a dimostrazione della solidità finanziaria e patrimoniale del Z. Conclude, quindi, per il rigetto del sequestro conservativo proposto da V S.p.a. 4 – V S.p.a., nel costituirsi in giudizio senza proporre reclamo incidentale, afferma di condividere le argomentazioni del primo giudice sia in punto di fumus boni iuris, che di periculum in mora. Ad ulteriore sostegno del periculum, allega atti dispositivi posti in essere dal Zsul proprio patrimonio nei giorni immediatamente precedenti all’udienza di comparizione delle parti per discutere innanzi all’intestato Tribunale il ricorso cautelare, qui riportati: - contratto preliminare di compravendita stipulato in data (omissis) a favore di P di terreno edificabile in (omissis); - contratto preliminare di compravendita del (omissis) a favore di S di terreno edificabile in (omissis); - contratto di affitto di fondo rustico in (omissis) per l’importo di € (omissis) annui in favore di QU; - sottoscrizione di aumento di capitale della società S di Z & C. per € (omissis) e conferimento del diritto di proprietà con riserva di abitazione ed uso in favore della moglie di Z di taluni beni immobili; - trasferimento, ai sensi dell’art. 768 bis e ss c.c., previo consenso della moglie di Z, del diritto di nuda proprietà della quota pari al 49% del capitale sociale della società S ai suoi due figli, con riserva di usufrutto in suo favore. V S.p.a., quindi, conclude per il rigetto del reclamo. All’udienza del 25/06/2021, svoltasi nelle forme della trattazione scritta, la causa è stata trattenuta in riserva. ***** Il reclamo è infondato. 1 – Muovendo dall’analisi del fumus boni iuris, si ritiene condivisibile la qualificazione giuridica come preliminare di preliminare dell’accordo stipulato tra le parti mediante lo scambio della proposta irrevocabile di acquisto e l’accettazione, compiuta dal primo giudice. In punto di diritto, occorre richiamare l’indirizzo giurisprudenziale (Cass. Civ. Sezioni Unite, n. 4628 del 2015) – invero fatto proprio anche dal giudice di prime cure – che, nell’affrontare funditus il problema della validità del contratto preliminare di preliminare, considerato da una parte della giurisprudenza di legittimità un’inutile superfetazione giuridica (cfr. Cass. Civ. n. 8030 del 2009), ha chiarito come si possa dubitare della validità dell’accordo ripetitivo soltanto nei casi in cui tra il primo e il secondo contratto vi sia identità, così da rendere l’ulteriore attività contrattuale prevista dalle parti priva di irrilevanza. In queste ipotesi, la Corte ha specificato che la nullità colpisce il secondo contratto meramente riproduttivo di un accordo già formatosi tra le parti, posto che il contratto preliminare di preliminare (ovvero il primo contratto) non esaurisce il suo contenuto precettivo nell’obbligarsi ad obbligarsi ma contiene anche l’obbligo di addivenire alla stipula del contratto definitivo. In altre parole, secondo l’indirizzo richiamato, ravvisata l’identità di contenuto tra il primo e il secondo contratto, la superfetazione è da rinvenirsi nel secondo accordo che non aveva ragion d’essere in considerazione del contenuto meramente ripetitivo di un contratto già vincolante tra le parti. Diverso il discorso, invece, se il secondo contratto non ha il medesimo contenuto del primo, ma contiene ulteriori elementi rispetto al nucleo di interessi già fissato dalle parti con il primo accordo. In questi casi in cui il consenso al contenuto definitivo dell’accordo si forma progressivamente, la Corte di legittimità ha riconosciuto validità al contratto preliminare di preliminare, sul presupposto che corrisponde all’esigenza delle parti di regolarsi in autonomia anche il fissare un nucleo di interessi che non sarà oggetto di nuova discussione tra le parti e che sarà poi trasfuso nei passaggi contrattuali successivi. Passando al caso di specie, la qualificazione dell’accordo per cui è causa come contratto preliminare di preliminare è corretta per le ragioni di seguito esposte. In primo luogo, il contenuto della proposta irrevocabile di acquisto prevedeva chiaramente l’oggetto della compravendita, il prezzo di acquisto e le modalità di pagamento del corrispettivo, andando a configurare l’accordo su taluni elementi essenziali del contratto. Si deve pertanto senz’altro escludere che si trattasse di una mera puntuazione non vincolante tra le parti. In secondo luogo, le scansioni temporali previste nella proposta irrevocabile, il contenuto della proposta e la circostanza che la stipula del definitivo fosse subordinata all’effettiva esecuzione della bonifica sono elementi sintomatici di una formazione progressiva del consenso, che induce ad escludere che l’accordo intervenuto fosse già il contratto preliminare. Emerge per tabulas, infatti, la diversità tra il contenuto del primo e del secondo accordo. La bozza di preliminare che V S.p.a. aveva inviato alla controparte nel momento in cui aveva accettato la proposta irrevocabile d’acquisto, prevedeva espressamente delle condizioni contrattuali non previste originariamente nel primo accordo. In particolare, la bozza di preliminare conteneva un regolamento specifico per la restituzione della caparra, prevedendo il rilascio di una fideiussione a prima richiesta; dettava ampia regolamentazione degli effetti sul contratto del procedimento urbanistico, non previamente stabilita nella proposta irrevocabile d’acquisto ed infine disciplinava ulteriori aspetti non disciplinati prima, quali l’edificazione di un altro manufatto a carico dell’acquirente su una rata di terreno che sarebbe rimasta in proprietà al venditore e la previsione della continuazione dell’attività commerciale da parte della stessa V S.p.a.. A ciò si aggiunga anche che le parti avevano previsto un lungo termine di efficacia della proposta irrevocabile (36 mesi), stabilendo altresì che a fronte di una proposta irrevocabile di acquisto effettuata nel mese di luglio 2011, il contratto preliminare non si sarebbe potuto stipulare prima del 1/1/2014 e che il contratto definitivo sarebbe dovuto intervenire entro il 31/12/2014, quindi a distanza di un anno dalla stipula del preliminare. La scansione dei tempi per arrivare alla conclusione dell’affare è anch’essa stessa significativa di una volontà delle parti di costruire un regolamento negoziale a formazione progressiva, come significativa è anche la condizione apposta alla stipula del contratto definitivo, avendo le parti subordinato la stipula del definitivo (e non del preliminare) all’effettiva esecuzione della bonifica del sito. Da ultimo, la volontà delle parti di vincolarsi progressivamente è resa evidente anche dalla scelta di prevedere la corresponsione della caparra all’atto della stipula del preliminare, senza che analoga previsione fosse stata inserita nella proposta irrevocabile di acquisto accettata da V S.p.a. Tutti questi elementi non possono che far propendere per la meritevolezza dell’interesse perseguito dalle parti nella procedimentalizzazione delle fasi contrattuali. Non coglie, quindi, nel segno il reclamante quando sostiene che il contratto preliminare poi non stipulato dalle parti fosse meramente ripetitivo e avesse il medesimo contenuto dell’accordo derivante dallo scambio della proposta e dell’accettazione. Peraltro, a tutto voler concedere, nel caso di “doppio” preliminare la giurisprudenza di Cassazione a Sezioni Unite è chiara nell’affermare la nullità del secondo preliminare e non – come sostenuto da parte reclamante – del primo, sicché il vincolo negoziale non potrebbe comunque dirsi insussistente. 2 – Chiarita la validità dell’accordo intercorso tra le parti, deve ora essere esaminata la seconda doglianza del reclamante in punto di insussistenza del danno lamentato dalla V S.p.a.. Sostiene Z che alcun danno avrebbe sofferto la controparte per effetto della mancata stipula del preliminare, non potendosi ravvisare né un danno emergente, non avendo V S.p.a. sostenuto alcuna spesa per la bonifica del sito e dovendosi ritenere che le spese tecniche per il piano attuativo rappresentano semmai un aumento di valore dei beni, né alcun lucro cessante posto che la convenuta non aveva assunto alcun impegno con i proponenti per il tempo di efficacia della proposta irrevocabile, ben potendo reperire nelle more altri potenziali acquirenti. Il reclamante, sebbene in modo non esplicito, sembra ritenere che il danno per mancata stipula del contratto preliminare debba essere parametrato all’interesse negativo, dovendosi rilevare come le contestazioni in punto di danno riguardano proprio l’assenza di occasioni perse e di costi sostenuti dal promittente venditore. Il giudice di prime cure, invece, ha parametrato il danno all’interesse positivo, individuandolo nell’ammontare della caparra che i promissari acquirenti avrebbero dovuto versare all’atto della stipula del contratto preliminare. Ad avviso del Collegio, l’individuazione del danno nell’interesse positivo alla stipula è corretta e merita di essere confermata. Sul punto, si richiama ancora la giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite n. 4628 del 2015, che ha evidenziato come le ipotesi di accordo raggiunto su alcuni elementi del contratto, pur riconducibili alla fase precontrattuale, si caratterizzano per il fatto che si sia formato un vincolo, ancorché limitato ad una parte del regolamento. Ne consegue che la violazione di queste intese dà luogo a responsabilità contrattuale da inadempimento di un’obbligazione specifica sorta nel corso della formazione del contratto. D’altra parte, il preliminare di preliminare conteneva l’obbligo di addivenire alla stipula del preliminare in vista della conclusione definitiva dell’affare, essendosi le parti reciprocamente impegnate ad addivenire alla stipula del contratto preliminare alle condizioni già previste nel primo accordo. Vi era, quindi, oltre che un obbligo a contrattare gli ulteriori elementi non ancora definiti, anche specificatamente a contrarre, ovvero ad addivenire alla stipula del contratto preliminare di compravendita immobiliare nei termini già definiti. A fronte, quindi, di un accordo intervenuto nella fase delle trattative che obbligava le parti alla stipula del preliminare alle condizioni già negoziate, l’inadempimento di una di esse non può che avere come conseguenza il diritto al risarcimento del danno parametrato all’interesse che il contraente non inadempiente aveva alla prosecuzione della contrattazione ed alla stipula del preliminare. Le doglianze del reclamante in ordine all’assenza del danno, quindi, non possono che considerarsi infondate perché presuppongono una non condivisibile individuazione del danno, erroneamente parametrato all’interesse negativo. Ed infatti, è noto che il danno da interesse negativo afferisce alle ipotesi di responsabilità precontrattuale, in cui le parti intavolano una trattativa per verificare la sussistenza delle condizioni per addivenire alla stipula del contratto. La violazione della buona fede ex art. 1175 c.c. di colui che recede ingiustificatamente dalle trattative o che coinvolge l’altra parte in trattative inutili che sa non sfoceranno nella stipula del contratto comporta, quale conseguenza, il diritto della parte che subisce la scorrettezza al risarcimento del danno patito per effetto del comportamento dell’altra. Quando, però, nell’ambito di questa trattativa che conduce alla conclusione dell’affare, le parti raggiungono un accordo su alcuni punti del futuro contratto definitivo e si impegnano reciprocamente ad addivenire alla stipula del preliminare alle condizioni già negoziate (stipulando un preliminare cd. “aperto”), allora il danno non può che essere danno da inadempimento contrattuale, con il logico corollario che la misura dello stesso deve essere individuata nell’interesse positivo della parte ad addivenire alla stipula del preliminare. Ben ha fatto, quindi, il giudice di prime cure a individuare il danno nell’interesse positivo, con la conseguenza che le deduzioni del reclamante in ordine all’insussistenza del danno, solo erroneamente individuato nell’interesse negativo, vanno disattese. Non colgono nel segno neanche le ulteriori deduzioni di parte reclamante in ordine alla natura reale della caparra confirmatoria su cui il giudice della prima fase ha ritenuto di parametrare la misura del danno. Il reclamante, infatti, sostiene che il primo giudice non avrebbe dovuto prendere a riferimento la misura della caparra, avendo le parti previsto il versamento della stessa soltanto alla stipula del contratto preliminare, senza nulla stabilire, nella proposta irrevocabile d’acquisto, per l’ipotesi di mancata stipula del preliminare. Se è vero che la caparra confirmatoria – come osservato – ha natura reale e l’obbligo di trattenimento della stessa o di corresponsione del doppio sorge soltanto con l’effettiva consegna della somma a tale titolo, è vero anche che in siffatta ipotesi non viene in rilievo la caparra confirmatoria quale istituto giuridico in sé considerato. Dalla lettura dell’ordinanza cautelare emerge in modo chiaro che il valore della caparra confirmatoria che la promissaria acquirente si era impegnata a versare a controparte al momento della stipula del preliminare è stato preso a riferimento dal giudice per individuare la misura del danno, tenendo conto che la caparra svolge, tra le altre, anche la funzione di liquidazione preventiva del danno in caso di inadempimento. È allora evidente come il giudice di prime cure, lungi dall’intendere dovuta la caparra come tale, ha ritenuto di dover parametrare la misura del danno alla somma che il promittente venditore avrebbe incassato se si fosse addivenuti alla stipula del preliminare. Merita, a questo punto, precisare che sebbene il giudice della prima fase abbia accolto parzialmente il ricorso per sequestro conservativo, disponendolo per un importo inferiore a quello richiesto, l’odierno reclamato non ha proposto reclamo incidentale, sicché è preclusa in questa sede ogni valutazione in ordine alla corretta individuazione della misura del danno da interesse positivo. Infatti, si può discutere se effettivamente il danno da interesse positivo per inadempimento del preliminare cd. “aperto” debba essere parametrato al valore della caparra che il promittente venditore avrebbe conseguito ove si fosse addivenuti alla stipula del preliminare o se, piuttosto, si debba prendere in considerazione la differenza tra il valore commerciale dell’immobile al momento in cui l’inadempimento è divenuto definitivo e il prezzo pattuito – come sostenuto dal reclamante – ma, in difetto di reclamato incidentale, ogni valutazione in merito risulta preclusa a questo Collegio. Sulla scorta di siffatte considerazioni, la validità del preliminare di preliminare stipulato dalle parti, da un lato, e la sussistenza del danno da violazione dell’interesse positivo, dall’altro, inducono a ritenere certamente fondato il fumus boni iuris, come già accertato dal primo giudice. 2 – Tanto chiarito in punto di fumus, si deve ora passare alla verifica della sussistenza del periculum in mora. Il giudice della prima fase ha ritenuto sussistente il periculum in ragione del deterioramento della capacità patrimoniale del Z che, nelle more del giudizio, era stato attinto da una iscrizione ipotecaria giudiziale, osservando come, incontestata la circostanza, sarebbe stato onere dell’odierno reclamante allegare e dimostrare, in applicazione del principio della vicinanza della prova, la sufficienza del patrimonio residuo. Il Z, dal canto suo, sostiene che sia l’iscrizione ipotecaria che la convenzione urbanistica – su cui per vero il primo giudice non aveva preso posizione – rappresentano gravami già esistenti e che avrebbero, in ogni caso, avuto prevalenza rispetto ad un eventuale provvedimento di sequestro conservativo. Aggiunge, inoltre, che nel ricorso per sequestro conservativo presso terzi sono stati chiamati quali terzi debitori 18 soggetti giuridici diversi tra istituti di credito e soggetti privati, ciò dimostrando – secondo il reclamante – la solidità finanziaria e patrimoniale del Z. In sede di reclamo, V S.p.a. allega ulteriori elementi a sostegno del periculum in mora, rappresentando che il Z nei giorni antecedenti all’udienza di comparizione delle parti per discutere la richiesta cautelare aveva intrapreso una serie di atti di disposizione del proprio patrimonio, tra i quali stipula di contratti preliminari di compravendita immobiliare, conferimento di diritti di proprietà su beni immobili per la sottoscrizione dell’aumento di capitale della società S di Z & C. e sottoscrizione di un patto di famiglia con cui ha trasferito il diritto di nuda proprietà di una quota pari al 49% del capitale sociale S di Z & C. ai figli di Z. Ciò posto, il Collegio ritiene sussiste il requisito del periculum in mora. Innanzitutto, si osserva come siano prive di fondatezza le considerazioni svolte dal Z in ordine all’assenza del periculum in ragione della prevalenza dell’iscrizione ipotecaria pregiudizievole sul sequestro conservativo. In primo luogo, uno dei presupposti del sequestro è proprio il peggioramento dal punto di vista qualitativo e quantitativo del patrimonio del debitore, sicché l’iscrizione ipotecaria giudiziale dà evidentemente conto della sopravvenuta precarietà della condizione patrimoniale del debitore rispetto all’entità del credito, giacché su quel bene oggetto di iscrizione ipotecaria il creditore richiedente il sequestro non potrà soddisfarsi se non subordinatamente alla soddisfazione del creditore ipotecario. In difetto, quindi, di prova della capienza del patrimonio residuo - che correttamente il giudice di primo grado ha ritenuto incombere sul debitore in applicazione del principio di vicinanza della prova - l’iscrizione pregiudizievole è chiara evidenza di un deterioramento della garanzia patrimoniale generica rispetto alle esigenze di soddisfazione del credito del creditore sequestrante. In secondo luogo, se è vero che l’iscrizione ipotecaria impedisce al creditore sequestrante di soddisfarsi con preferenza sul bene su cui è stata iscritta ipoteca è anche vero che siffatta circostanza, lungi dall’escludere il periculum, ne conferma la sussistenza proprio perché il creditore non ipotecario vede così ridimensionata la garanzia patrimoniale generica del debitore. Se, quindi, era già sufficiente ad integrare il presupposto del periculum in mora la richiamata iscrizione pregiudizievole, non vi è dubbio che il quadro fornito dal reclamato sull’attuale situazione patrimoniale del Z, confermato dalla documentazione prodotta in atti e non contestato dal reclamante, rende incontrovertibile la sussistenza del pericolo per la V S.p.a. di realizzazione del proprio credito. Come insegna la giurisprudenza di legittimità, infatti, il periculum, oltre che desumersi da elementi oggettivi – nella specie, come visto, ricorrenti – può essere ravvisato anche nella condotta processuale o extraprocessuale del debitore che lasci fondatamente temere che questi si stia spogliando del proprio patrimonio per sottrarlo alla garanzia dei propri creditori (cfr. Cass. Civ. Sez. II, Sentenza n. 2139 del 26/02/1998, Rv. 513090 – “in tema di sequestro conservativo, il giudice di merito può, in sede di convalida, far riferimento, alternativamente, tanto a criteri oggettivi (rappresentati dalla capacità patrimoniale del debitore in relazione all'entità del credito) quanto soggettivi (quali il comportamento del debitore che lasci fondatamente temere atti di depauperamento del suo patrimonio), senza che, ai fini della validità del provvedimento di convalida, le due categoria di presupposti debbano simultaneamente concorrere”). I due contratti preliminari stipulati dal Z con cui questi ha promesso l’alienazione di due rate di terreno edificabili (cfr. doc. 6 e 7 della produzione del reclamato) costituiscono atti di disposizione del patrimonio che alterano dal punto di vista qualitativo la consistenza patrimoniale del debitore. Infatti, il trasferimento della proprietà dei beni immobili in questione determina la sostituzione nel patrimonio del debitore di beni facilmente aggredibili dai creditori con una somma di denaro che, ancorché corrispondente al valore dei beni, è noto sia bene mobile più facilmente distraibile. Il conferimento di diritti di proprietà su fabbricati adibiti a civile abitazione e su porzioni di terreno a destinazione agricola al patrimonio della società S Sas di Z e contestuale trasferimento del diritto di nuda proprietà ai propri figli di una quota pari al 49% del patrimonio sociale costituisce, invece, operazione che, con ogni evidenza, diminuisce la consistenza quantitativa del patrimonio personale del Z. Il comportamento del Z, quindi, induce a ritenere sussistente il pericolo del creditore di perdere la garanzia patrimoniale, in difetto di qualsivoglia prova che il patrimonio del Z sia comunque sufficiente ad assicurare la soddisfazione del credito. È allora evidente come ricorra, nella specie, anche il requisito del periculum in mora. 3 – Sulla scorta delle considerazioni esposte, il reclamo deve essere respinto e va, pertanto, confermata l’ordinanza reclamata. Le spese della presente fase, trattandosi di cautelare in corso di causa, vanno liquidate all’esito del giudizio di merito come da costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità. (omissis)

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