Pubblico impiego – Mancata assunzione di riservataria – risarcimento del danno –decorrenza e quantificazione – ragioni e modalità

10.6.2022 – Corte di Appello di Ancona – Sez. Lavoro - sent. 141/2022 Pres. De Nisco - Rel. Quitadamo

15/06/2022

… “Con Sentenza n. 32396/2021 del 14 luglio 2021, pubblicata l’8 novembre 2021, la Corte di Cassazione, nell’accogliere il primo motivo del ricorso proposto da X nei confronti dell’A.S.U.R. Marche ed avverso la sentenza n. 428/2016 dell’1 dicembre 2016 - con cui la Corte di Appello di Ancona, in riforma della sentenza resa l’8 marzo 2016 dal Tribunale di Ancona, aveva dichiarato il proprio difetto di Giurisdizione - ha affermato la giurisdizione del Giudice Ordinario, quindi ha rinviato a questa Corte territoriale in diversa composizione per decidere la causa nel merito. Con ricorso depositato il 27 gennaio 2022 X ha riassunto il giudizio, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado, con vittoria di spese di lite. L’A.S.U.R. delle Marche ha reiterato la domanda, formulata nell’atto di appello, di contenere entro limiti più ristretti il risarcimento del danno patito dall’originaria ricorrente a causa della mancata assunzione come “riservista” ex lege n.215/2001; a tal fine ha evidenziato l’errore del Tribunale nel far decorrere gli effetti economici della tardiva assunzione dalla data di conclusione della procedura concorsuale in oggetto, in tal modo disattendendo il principio di formazione giurisprudenziale secondo cui la retribuzione presuppone un rapporto sinallagmatico realmente iniziato con l'assunzione del servizio. L’appellante ha chiesto, pertanto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannarsi essa Azienda al pagamento delle minori somme maturate in favore dell’originaria ricorrente al titolo dedotto in causa, con vittoria di spese di lite. All’esito dell’odierna udienza la Corte ha trattenuto la causa in decisione MOTIVI DELLA DECISIONE L’indagine di merito, integralmente rimessa al vaglio di questa Corte in sede di rinvio a seguito dell’affermata Giurisdizione, va comunque circoscritta alla sola questione relativa ai criteri di quantificazione del danno risarcibile in favore di X, avendo l’Azienda appellante prestato acquiescenza alle parti della sentenza di primo grado in cui è stato affermato il diritto dell’originaria ricorrente all’assunzione come Assistente Amministrativo categoria C, in virtù della obbligatoria riserva di posti sancita dall’art. 18, sesto comma, d.lgs.n. 215/2001, vigente ratione temporis alla data del bando di concorso all’uopo indetto con determina dell’Asur n. 467/2009 del 25 maggio 2009. Ritiene questa Corte che, fermo il diritto della “riservista” alla costituzione del rapporto di lavoro con l’Azienda convenuta in base alla decorrenza giuridica stabilita dal Tribunale, non possa condividersi la decisione di far decorrere dalla medesima data anche gli effetti economici dell’assunzione tardiva. Sul punto, è opportuno richiamare il contenuto chiarificatore dell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 16665 del 4 agosto 2020, in seno alla quale viene ricostruita l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità in tema di conseguenze derivanti dalla tardiva assunzione dovuta a provvedimento illegittimo della P.A., quindi viene ribadito il principio secondo cui “…. in tal caso, non sussiste il diritto del lavoratore al pagamento delle retribuzioni relative al periodo di mancato impiego che non siano state riconosciute nei successivi atti di assunzione, in quanto tali voci presuppongono l'avvenuto perfezionamento "ex tunc" del rapporto di lavoro; il lavoratore può invece agire, in ragione della violazione degli obblighi sussistenti in capo alla P.A. ed in presenza di mora della medesima, per il risarcimento del danno ex art. 1218 c.c., ivi compreso, per il periodo anteriore a quello per il quale vi sia stata retrodatazione economica, il mancato guadagno da perdita delle retribuzioni fin dal momento in cui si accerti che l'assunzione fosse dovuta …..” Attraverso la motivazione della richiamata ordinanza è stato adeguatamente chiarito che la messa in mora della parte datoriale, ossia l’offerta delle energie lavorative da parte del prestatore, si atteggia quale presupposto indispensabile al sorgere in capo a quest’ultimo del diritto a percepire le retribuzioni illegittimamente non corrisposte, sia che esse rappresentino l’oggetto di una pretesa retributiva, sia che integrino la misura del danno patrimoniale lamentato. Tornando all’esame del caso di specie, emerge dagli atti di causa il dato pacifico che l’originaria ricorrente ha agito in via giudiziale per ottenere, previo accertamento del diritto all’assunzione come riservista sin dall’epoca della conclusione della procedura concorsuale, il risarcimento del danno patrimoniale patito, nella misura delle retribuzioni medio tempore non corrisposte. La missiva trasmessa per posta elettronica certificata il 5 settembre 2014 dai difensori della ricorrente si pone, dunque, quale primo atto di messa in mora dell’Asur, ossia quale prima manifestazione di univoco tenore circa l’interesse della “riservista” a mettere a disposizione dell’Azienda convenuta le proprie energie lavorative. Non spiega, invece, effetti di costituzione in mora della debitrice l’istanza inoltrata dalla ricorrente in data 24 marzo 2010 alla commissione giudicatrice, al fine di sollecitare il riesame della documentazione allegata alla domanda di partecipazione al concorso, in quanto, non essendosi ancora perfezionato a quella data l’iter concorsuale con l’espletamento di tutte le prove d’esame e con l’approvazione della graduatoria definitiva, la ricorrente poteva vantare la posizione di aspirante alla copertura del posto, non certo di titolare del diritto soggettivo all’assunzione. Occorreva, dunque, che il formale atto di messa in mora facesse seguito al perfezionarsi della complessa fattispecie costitutiva del diritto controverso, e che fosse quantomeno successivo alla fase di scorrimento della graduatoria finale, ossia al momento della concreta individuazione, da parte dell’Asur, degli aventi diritto all’assunzione. Alla stregua di quanto innanzi chiarito, la sentenza impugnata deve essere riformata nel senso di circoscrivere la misura del risarcimento del danno patrimoniale alle retribuzioni che sarebbero spettate alla ricorrente a decorrere dal 5 settembre 2014 sino alla data di effettiva assunzione in servizio. Le spese dell’intero giudizio, incluse quelle relative al giudizio di legittimità, possono essere compensate tra le parti nella misura della metà, in relazione ai profili di parziale soccombenza dell’originaria ricorrente, e per la metà residua vengono poste a carico dell’Azienda convenuta P.Q.M. La Corte, decidendo quale giudice di rinvio, a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n. 32396/2021 sull’appello proposto dall’A.S.U.R. delle Marche nei confronti di X ed avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Ancona l’8 marzo 2016, così provvede:1) in parziale riforma della sentenza impugnata, che nel resto conferma, condanna l’A.S.U.R. al risarcimento del danno patito da X in misura pari alle retribuzioni alla stessa non corrisposte dal 5 settembre 2014 sino alla data dell’effettiva assunzione, oltre accessori di legge; (omissis)

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