REVOCATORIA – MERA ASPETTATIVA DI UNA RAGIONE DI CREDITO – SUFFICIENZA – FATTISPECIE – PARTECIPAZIONE AL GIUDIZIO DI TUTTE LE PARTI CHE HANNO PARTECIPATO ALL’ATTO REVOCATO – LIMITI

15.10.2021 Tribunale di Pesaro Sent. 732/2021 – Est. Storti

03/11/2021

…“L’attore agisce per la revocatoria, ex art. 2901 c.c., dei quattro atti, tutti stipulati in data ______ con cui A, B,C,D, conferivano alla società E le quote di loro proprietà degli immobili meglio descritti negli atti stessi.             La domanda va accolta.             L’attore, quale procuratore di F, vanta in sostanza un credito a titolo di risarcimento danni nei confronti di A,B,C, per mala gestio della società V s.r.l. di cui i tre convenuti erano amministratori e F socio al 30%.             Sussiste la competenza del Tribunale.             L’azione revocatoria ha ad oggetto la tutela della garanzia patrimoniale prevista dall’art. 2740 cc e quindi non riguarda questioni che attengono ai rapporti societari e/o ai rapporti tra la società ed i soci.             Risulta pertanto irrilevante la clausola compromissoria presente nell’atto costitutivo della società V s.r.l.             L’azione appare inoltre pienamente ammissibile, in quanto l’azione revocatoria tende a far dichiarare l’inefficacia dei conferimenti fatti alla società da parte dei soci e non interferisce con la validità dell’atto costitutivo della società (vedere in questo senso Cass. Civ. n. 1804/2000), n. 23891/2013 e n. 2536/2016).             Sussiste, per quello che qui rileva, il credito preteso dall’attore.             Nel giudizio volto ad accertare la fondatezza della domanda revocatoria la cognizione del giudice sul credito è meramente incidentale.             L’azione revocatoria può essere ammessa anche sul presupposto di una mera ragione di credito.             L’art. 2901 c.c. accoglie infatti una nozione lata di credito e tutela anche la mera ragione o aspettativa coerente con la funzione propria dell’azione, la quale non persegue scopi specificatamente restitutori, bensì mira a conservare la garanzia generica sul patrimonio del debitore in favore di tutti i creditori, compresi quelli meramente eventuali.             L’azione revocatoria può pertanto essere promossa anche in assenza di un credito certo ed esigibile e senza la necessità che il credito sia stato definitivamente accertato, essendo sufficiente che la pretesa creditoria si atteggi come probabile nella sua esistenza.             Una nozione così lata di credito non rappresenta d’altra parte una minorata tutela per il debitore soggetto alla revocatoria, atteso che la sentenza dichiarativa dell’inefficacia dell’atto dispositivo nei confronti del creditore, a seguito dell’accoglimento della domanda ex art. 2901 cc, non costituisce titolo sufficiente per procedere ad esecuzione nei confronti del terzo acquirente.             E’ infatti necessario che il creditore disponga anche di un titolo sull’esistenza del credito, che può procurarsi soltanto nella causa relativa al credito e non anche in quella concernente esclusivamente la domanda revocatoria.             L’azione revocatoria è pertanto inammissibile solamente nell’ipotesi in cui si basi su una mera aspettativa di credito che si rilevi prima facie pretestuosa.             Non sussiste di conseguenza nemmeno un rapporto di pregiudizialità necessaria, a norma dell’art. 295 cpc, tra il giudizio promosso con l’azione revocatoria e quello avente ad oggetto l’accertamento del credito pe la cui conservazione la domanda revocatoria è stata proposta.             Sul punto la giurisprudenza della Suprema Corte è sostanzialmente uniforme (vedere tra le tante Cass. Civ. n. 20002/2008, 11755/2018, n. 1893/2012, n. 11573/2013, n. 9855/201 e n. 23208/2016).             Nel caso di specie la verosimiglianza del credito è provata dall’ordinanza del Tribunale di Ancona, confermata in sede di reclamo che ha revocato A,B e C dalla carica di amministratori della V s.r.l. proprio in ragione dei comportamenti di mala gestio qui lamentati dall’attore.             La decisione certamente non può far stato nel presente giudizio, stante il disposto di cui all’art. 669 octies cpc, ma la revoca dalla carica di amministratori, quale fatto storico, può essere sicuramente valutata ai fini di determinare la fondatezza della pretesa dell’attore.             Vero che con successiva ordinanza del Tribunale di Bologna veniva rigettata la richiesta di sequestro conservativo promossa dall’attore a garanzia del suo diritto di credito, ma è anche vero che la decisione si fonda in sostanza sul presupposto che il giudice della cautela non aveva il potere di verificare la falsità dei verbali di assemblea che risultavano sottoscritti da F e la cui firma questi aveva peraltro disconosciuto.             In questo contesto appare evidente che il credito vantato dall’attore non appare prima facie pretestuoso, fondandosi sulle medesime circostanze che hanno determinato la decadenza dei convenuti dalla carica di amministratori della V srl, in cui l’attore, nella sua veste di socio, aveva conferito, a titolo di investimento, oltre 5 milioni di euro.             L’attore dunque appare legittimato sia ad agire, nella sua veste di socio, ai sensi dell’art. 2476, commi 1 e 3, cc, per il danno provato dagli amministratori alla società sia, ai sensi dell’art. 2476, commi 6 e 7 cc, per il danno che gli amministratori hanno a lui personalmente causato quale socio e/o quale creditore della società in ragione dei finanziamenti eseguiti.             Spetterà al giudice della relativa causa di merito accertare in concreto l’esistenza e l’ammontare del credito risarcitorio vantato dall’attore.             Non spetta pertanto a questo giudice verificare in concreto tutte le eccezioni che i convenuti sollevano in merito all’esistenza del credito (espressa o comunque implicita approvazione da parte dell’attore dell’operato degli amministratori; non validità del disconoscimento delle sottoscrizioni apposte sui verbali di assemblea e che proverebbero la detta approvazione; conseguente veridicità delle sottoscrizioni; efficacia confessoria delle dichiarazioni che N procuratore di Fm ha reso in merito alla cessione a terzi del diritto di credito qui vantato; ratifica dell’operato del procuratore ex art. 1399 cc, concorso dello stesso nella mala gesto; mancanza di danno per la società e mancanza di un vantaggio patrimoniale degli amministratori).             L’accertamento del credito qui richiesto è infatti quello sufficiente – come sopra spiegato – per valutare l’ammissibilità dell’azione revocatoria e non è quindi necessario accertare che il credito sia certo, liquido ed esigibile.             Appaiono superflue di conseguenze le prove dedotte sul punto dai convenuti.             Si applica nella specie l’art. 2901 cc, comma 1 n. 2, primo capoverso, atteso che gli atti di conferimento sono successivi alla nascita del credito.             L’anteriorità del credito, ai sensi dell’art. 2901 cc, va infatti stabilita in base al momento in cui il credito sorge e non a quello del suo accertamento o della sua esigibilità (vedere in questo senso Cass. Civ. n. 868009 e 3676/2011).             I comportamenti di mala gestio ascritti ai convenuti, da cui scaturisce l’obbligo di risarcimento risalgono agli anni 2010 -2017 e sono pertanto precedenti ai conferimenti per cui è causa. E’ richiesta di conseguenza la semplice scientia damni del debitore e del terzo. E’ sufficiente cioè la mera consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore (scientia damni), senza che assumano viceversa rilevanza l’intenzione del debitore medesimo di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (consilium fraudis) né la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo (Cass. Civ. n. 966/2007). Dubbi non possono sussistere in merito, tenuto conto che i conferimenti venivano eseguiti dopo che il Tribunale di Ancona aveva confermato in sede di reclamo la revoca di A,B e C dalla carica di amministratori e dopo la nomina del nuovo amministratore. E’ evidente di conseguenza che i debitori, cioè A,B e C : a) erano certamente consapevoli dell’azione risarcitoria che l’attore aveva intenzione di promuovere contro di loro per la gestione tenuta nell’amministrazione della V srl, b) erano ben consci che gli atti per cui è causa avrebbero determinato una riduzione del loro patrimonio personale e quindi della garanzia generica prevista dall’art. 2740 c.c. L’intento, palesemente distrattivo, dei debitori – peraltro nel caso di specie nemmeno necessario, come sopra evidenziato, ai fini dell’accoglimento della domanda – è reso evidente dalla circostanza che la società W snc veniva costituita dagli stessi debitori e solamente pochi giorni prima degli atti di conferimento dei beni per cui è causa e pochi giorni dopo la decisione del Tribunale di Ancona. Le medesime considerazioni vanno svolte logicamente in relazione alla consapevolezza del terzo, essendo le quote della W snc interamente detenute dalla famiglia di A, B e C. Sussiste inoltre il danno richiesto dall’art. 2901 c.c. Ai fini del danno, ex art. 2901 cc, non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito (vedere in questo senso Cass. Civ. n. 1896/2012). L’azione revocatoria ha infatti la funzione di ricostituite la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del suo debitore, e non anche della garanzia specifica, per cui deve ritenersi sussistente l’interesse del creditore – da valutarsi ex ante e non con riguardo al momento dell’effettiva realizzazione – a far dichiarare inefficace un atto che renda solo maggiormente difficile e incerta l’esazione del suo credito. Per l’integrazione del profilo oggettivo dell’eventus damni non è dunque necessario che l’atto di disposizione del debitore abbia reso impossibile la soddisfazione del credito, determinando la perdita della garanzia patrimoniale del creditore, ma sufficiente che abbia determinato o aggravato il pericolo dell’incapienza dei beni del debitore, cioè il pericolo dell’insufficienza del patrimonio a garantire il credito del revocante ovvero la maggiore difficoltà od incertezza nell’esazione coattiva del credito medesimo (vedere parte motiva di Cass. Civ. n. 24757/2008). Il creditore ha pertanto l’onere di dimostrare soltanto il pericolo che l’atto di disposizione renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito. Spetta invece al debitore provare l’insussistenza di tale rischio, per la presenza comunque, anche a seguito dell’atto di disposizione, di un patrimonio idoneo a garantire in maniera certa e senza difficoltà il soddisfacimento del creditore (vedere in questo senso Cass. 5972/2005, n. 15257/04 e n. 11471/03). Nel caso di specie il conferimento dei beni del debitore ad una società di persone rende certamente più difficile ed incerta la possibilità del creditore di soddisfare la propria pretesa, attese le limitazioni che l’art. 2270 cc prevede per il creditore particolare del socio, quale deve certamente considerarsi l’attore, sia che questi agisca nei confronti del convenuti a tutela del danno provato alla V srl sia che agisca per un suo interesse personale.             Nessuna prova hanno fornito i convenuti in merito alla capienza dei propri patrimoni personali. Nessuna nullità comporta infine la mancata citazione in giudizio di D. L’attore non vanta infatti nessun diritto di credito nei suoi confronti. Risulta quindi irrilevante che questa fosse socia della V srl e che sia parte degli atti di conferimento di cui si chiede l’inefficacia. Nel giudizio intrapreso, ex art. 2901 c.c., verso uno dei coniugi in regime di comunione legale (come nel caso di specie) e riguardante un atto dispositivo compiuto da entrambi non sussiste il litisconsorzio necessario dell’altro, atteso che l’eventuale accoglimento di tale azione non determinerebbe alcun effetto restitutorio, né traslativo, destinato a modificare la sfera giuridica di quest’ultimo, ma comporterebbe esclusivamente l’inefficacia relativa dell’atto in riferimento alla sola posizione del coniuge debitore e nei confronti, unicamente, del creditore che ha promosso il processo, senza caducare, ad ogni altro effetto, l’atto di disposizione (Cass. Civ. n. 17021/2015). D’altra parte nel giudizio avente ad oggetto la revocatoria della compravendita i venditori assumono la posizione di litisconsorti necessari soltanto ove sia impugnato il trasferimento congiunto dei beni indivisi considerati nella loro unitarietà, ovvero nel caso in cui sia dedotta l’esistenza di un collegamento funzionale tra le singole vendite, e non anche quando sia invocata l’inefficaccia del trasferimento – come nella specie – delle sole quote appartamenti ad uno dei venditori (Cass. Civ. n. 20294/2014). Le altre questioni devono ritenersi assorbite. Le spese seguono la soccombenza (omissis)                    

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