Revocatoria – presupposti – individuazione – affitto d’azienda – non revocabilità - ragioni

31.3.2022 – Trib. Pesaro – Sent. 248/2022 – Est. Storti

08/04/2022

… “L’attore chiede che venga dichiarata l’inefficacia, ex art. 2901 c.c.: a) del contratto con cui in data (omissis) la società X snc concedeva in affitto l’azienda alla società V srl b) del contratto con cui in data (omissis) la società X concedeva in locazione l’immobile di sua proprietà sempre ala società V srl, con diritto di opzione per l’acquisto. La domanda va accolta nei limiti spiegati. Sussiste il credito. I sig.ri G e S sono tenuti al pagamento nei confronti dell’attore di una somma di oltre (omissis) in forza della sentenza penale del Tribunale di Pesaro (omissis) divenuta irrevocabile. La società X snc i sig.ri G e S sono inoltre tenuti al pagamento di ulteriori somme nei confronti dell'attore in forza della sentenza del Giudice del Lavoro di Pesaro del (omissis), provvisoriamente esecutiva. L'azione revocatoria è inammissibile solamente nell'ipotesi in cui si basi su una mera aspettativa di credito che si riveli prima facie pretestuosa ( vedere tra le tante Cass. civ n. 20002/2008, 11755/2018, n. 1893/2012, n. 11573/2013, n. 9855/201 e n.23208/2016). I crediti vantati dall'attore non possono certo ritenersi pretestuosi, fondandosi su sentenze anche passate in giudicato. Risulta inoltre irrilevante che la sentenza del Giudice del Lavoro sia stata impugnata, in quanto non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità necessaria, a nonna dell'art. 295 cpc, tra il giudizio promosso con l'azione revocatoria e quello avente ad oggetto l'accertamento del credito per la cui conservazione la domanda revocatoria è stata proposta (vedere tra le tante Cass. civ. n. 20002/2008, ll755/2018, n. 1893/2012, n. 11573/2013, n. 9855/201 e n.23208/2016). Si applica l'art.290 I, comma I n 2 primo capoverso, cc, atteso che l'atto di disposizione è successiva alla nascita del credito. L'anteriorità del credito, ai sensi dell'art 2901 cc, va infatti stabilita in base al momento in cui il credito sorge e non a quello del suo accertamento o della sua esigibilità (vedere in questo senso Cass. civ. n. 8680/09 e 3676/2011). Nell'ipotesi di credito da illecito extracontrattuale il relativo diritto sorge quindi dalla data della commissione del fatto (vedere Cass.civ.n.1121/2020). Nel caso di specie l'attore, dipendente della società X snc, di cui erano soci i sig.ri G e S, vanta un credito a titolo di risarcimento per l'infortunio sul lavoro avvenuto il 6.4.2010. L'infortunio è certamente precedente ai due contratti per cui si discute. E' sufficiente quindi la semplice scientia damni in capo al debitore ed al terzo. E' sufficiente cioè la mera consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore (scientia damni), senza che assumano viceversa rilevanza l'intenzione del debitore medesimo di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (consiliumfraudis). Entrambi i contratti sono successivi alla sentenza di condanna del Tribunale di Pesaro del (omissis). G e S e la società X snc, di cui G e S erano soci illimitatamente responsabili, erano pertanto ben consapevoli: a) dell'esistenza del credito dell'attore; b) del diritto dell'attore di procedere contro la società, stante la responsabilità prevista dall'art. 2049 c.c.; c) del pregiudizio che i due contratti -nei limiti sotto spiegati -avrebbero potuto determinare alte ragioni del creditore, comportando sicuramente una riduzione della garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c. Stesse considerazioni valgono per la società affittuaria/conduttrice. Soci ed amministratori della società sono i figli di G e S. La società veniva inoltre costituita solamente pochi giorni prima della stipula dei due contratti.  Insegna La Suprema Corte che la prova della "partecipatio fraudis" del terzo ( e quindi a maggior ragione la semplice scientia danni), necessaria ai finì dell'accoglimento dell'azione revocatoria ordinaria, nel caso in cui l'atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore e il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente (Cass.civ.n.1286/2019 e nello stesso senso n. l 0928/2020). Nel caso di specie il rapporto di parentela, la data di costituzione della società da parte dei figli, la circostanza che la nuova società svolgesse la stessa attività di quella dei due genitori, il fatto che -come si evince dagli stessi contratti -almeno uno dei due figli coabitasse ancora con i genitori, rendono certo che i figli e conseguentemente la società fossero pienamente a conoscenza dell'obbligazione verso l’attore. Prove contrarie non sono state fomite sul punto. Sussiste inoltre il danno richiesto dall'art 2901 c.c., limitatamente peraltro al contratto di locazione. Ai fini del danno, ex art 2901 c.c., non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito ( vedere in questo senso Cass. civ. n. 1896/2012). L'azione revocatoria ha infatti la funzione di ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del suo debitore, e non anche della garanzia specifica, per cui deve ritenersi sussistente l'interesse del creditore -da valutarsi ex ante e non con riguardo al momento dell'effettiva realizzazione -a far dichiarare inefficace un atto che renda solo maggiormente difficile-e incerta l'esazione del suo credito. Per l'integrazione del profilo oggettivo dell'eventus damni non è dunque necessario che l'atto di disposizione del debitore abbia reso impossibile la soddisfazione del credito, determinando la perdita della garanzia patrimoniale del creditore, ma è sufficiente che abbia determinato o aggravato il pericolo dell' incapienza dei beni del debitore, cioè il pericolo dell'insufficienza del patrimonio a garantire il credito del revocante ovvero la maggiore difficoltà od incertezza ne/l'esazione coattiva del credito medesimo (vedere parte motiva di Cass.civ.n.24757/2008). l riconoscimento dell'esistenza dell' eventus damni non richiede pertanto una valutazione sul pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore istante, ma soltanto la dimostrazione della pericolosità dell'atto impugnato, in termini di una possibile, quanto eventuale, infruttuosità della futura esecuzione sui beni del debitore (vedere in questo senso Cass. n. 5105/06). Il danno può dunque ricorrere anche nel caso di atti che, pur non essendo traslativi del bene, ne limitino, anche indirettamente, la possibilità di aggressione in sede esecutiva, pregiudicando le ragioni del creditore (vedere in questo senso Cass. civ. n. 24854/2020). Anche i contratti di locazione pertanto sono idonei di per sé ad alterare in senso peggiorativo la garanzia patrimoniale offerta dal locatore ai propri creditori e sono di conseguenza soggetti all'azione revocatoria quando sussistano gli altri requisiti di legge (vedere in questo senso Cass. civ. n. 366/1996,n.2480/2001 en.24854/2020). Il creditore ha l'onere di dimostrare soltanto il pericolo che l'atto di disposizione rende più incerta o difficile la soddisfazione del credito. Spetta invece al debitore, convenuto nell'azione revocatoria, provare l'insussistenza di tale rischio, per la presenza comunque, anche a seguito dell'atto di disposizione, di un patrimonio idoneo a garantire in maniera certa e senza difficoltà il soddisfacimento del creditore (vedere in questo senso Cass. 5972/2005, n. 15257/04 e n. 11471/03). Nel caso di specie il contratto di locazione: 1) ha durata novennale; 2) prevede il diritto per il conduttore di acquistare l'immobile alla scadenza; 3) stabilisce una somma mensile di € (omissis) a carico del conduttore, di cui (omissis) a titolo di acconto sul prezzo dell'acquisto finale; 4) prevede l'obbligo per il concedente di restituire le somme ricevuta a titolo di acconto sul prezzo di vendita nell'ipotesi in cui la vendita non si perfezioni. Appare evidente che la durata del contratto e l'importo del canone di locazione (€ 200,00 per un immobile ad uso commerciale di oltre 200 metri quadri) rende incerta e comunque più difficile la possibilità per l'attore di soddisfare il proprio credito, limitando in concreto la possibilità di vendita forzata Risulta infatti certamente poco appetibile l'acquisto di un immobile di cui non si potrà avere il pieno godimento per anni e che potrà garantire per anni un reddito minimo al futuro proprietario. La presenza del contratto di locazione incide quindi sicuramente sia sui tempi e sul prezzo di vendita. Né può ribattersi che comunque l'attore può agire nelle more nei confronti del conduttore. Il complessivo importo del canone non è certo sufficiente a soddisfare il credito e il relativo pagamento è comunque legato ai tempi previsti dal contratto. L'attore potrà inoltre agire solo per l'espropriazione dell'importo previsto a titolo di canone. Il restante importo è infatti contrattualmente dovuto a titolo di acconto sul prezzo di acquisto. La relativa obbligazione viene quindi certamente meno in caso di mancata vendita per fatto imputabile al concedete, come nel caso logicamente di vendita forzata dell'immobile. Nessuna prova è stata fornita dai convenuti circa la capienza del proprio patrimonio. Gli altri immobili di proprietà dei convenuti risultano - circostanza non contestata e documentalmente provata - sottoposti ad esecuzione forzata. Non è stata in alcun modo dimostrato che il loro valore sia sufficiente a soddisfare anche il credito de Il 'attore. Risulta irrilevante l'eventuale capienza del patrimonio degli altri debitori solidali. Insegna infatti sul punto la Suprema Corte che : qualora uno solo tra più coobbligati solidali compia atti di disposizione del proprio patrimonio, è facoltà del creditore promuovere l'azione revocatoria, ai sensi dell'art. 2901 cod. civ. - ricorrendone i presupposti - nei suoi confronti, a nulla rilevando che i patrimoni degli altri coobbligati siano singolarmente sufficienti a garantire l'adempimento (vedere in questo senso Cass. civ. n. 6486/2011, 2623/1987, 11251/1990 e 12710/1992). Risulta irrilevante quindi che la Corte di Appello con la sentenza del (omissis) abbia condannato la compagnia di assicurazione a manlevare la società X snc di quanto questa è tenuta pagare all’attore per l'infortunio. Discorso diverso va fatto per il contratto di affitto di azienda. Il contratto di affitto non impedisce al creditore di pignorare i singoli beni concessi in affitto dal proprio debitore. L'affittuario non ha infatti un titolo che lo legittima ad opporsi al pignoramento sui beni detenuti in affitto ( vedere sul punto Cass.civ.n.17876/2011 anche in parte motiva). La tutela dell'affittuario è meramente obbligatoria ed egli la può invocare esclusivamente nei confronti del suo dante causa, con le opportune azioni concesse appunto per la limitazione, la compressione o la soppressione delle possibilità del godimento del bene oggetto dell'obbligazione pattiziamente assunta dalla sua sola controparte (Cass.civ.n.17876/2011 anche in parte motiva).  Le altre questioni devono ritenersi assorbite. Le considerazioni svolte rendono superflua la CTU e le altre prove richieste. Spese per la metà a carico dei convenuti, stante la parziale reciproca soccombenza. (OMISSIS)     

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