Studio legale Valentini
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22.6.2023 – Tar Marche sent. 391 – Pres. Daniele – Rel. Morri
03/07/2023
Viene impugnato il Titolo Unico rilasciato per l'intervento di “cambio di destinazione d'uso dell'immobile per la realizzazione di una casa funeraria e tutti i pareri allegati, ivi compreso quello Urbanistico-Edilizio. Il ricorrente riferisce di essere proprietario di immobili all’interno del Piano di Lottizzazione in Comune di X, attualmente concessi in locazione ad attività artigianali e commerciali. Sul lotto limitrofo insiste altro immobile produttivo (precedentemente destinato a deposito non commerciale), sul quale è stato rilasciato l’impugnato Titolo Unico per cambio di destinazione d’uso al fine di ospitare una c.d. “casa del commiato”. Il ricorrente lamenta che questo nuovo utilizzo dell’immobile adiacente comporti decremento al valore dei propri immobili. Il Collegio, pur con qualche dubbio circa la legittimazione e il concreto interesse ad agire poiché i presunti danni prospettati dal ricorrente non sono dimostrati da alcun elemento di prova, neppure indiziario o desumibile da fatti notori di comune esperienza, ritiene comunque di soprassedere dal trattare tutte le eccezioni in rito, poiché ricorso è infondato nel merito. Con il primo ed articolato motivo …..viene dedotta l’incompatibilità della nuova destinazione con quelle previste dalle NTA del Piano di Lottizzazione e comunque la violazione dei criteri di “adeguata riservatezza, accessibilità e la disponibilità di spazi di sosta” (art. 9-bis, comma 3, ultima parte) in quanto: - l’amministrazione ha svolto l’istruttoria solo sull’immobile tralasciando l’istruttoria sull’idoneità dell’area, poiché se la disciplina regionale ammette l’insediamento delle “case del commiato” nelle zone D, non tutte le zone D possono essere idonee allo scopo; - l’amministrazione non ha considerato la disciplina particolareggiata contenuta nelle NTA del Piano di Lottizzazione che non contempla la destinazione d’uso in oggetto, per cui sarebbe stata necessaria una variante urbanistica oppure la localizzazione della “casa del commiato” in zone D di espansione anziché in quelle già convenzionate; - la viabilità della Lottizzazione (unica per tutti gli edifici ivi presenti, di limitate dimensioni e soggetta a traffico pesante) non garantisce i criteri di “adeguata riservatezza” e di “accessibilità”; - i parcheggi interni alla Lottizzazione non sono adeguati per accogliere il rilevante numero di persone che affluiscono alla “casa del commiato”. Non viene pertanto assicurato il rispetto del criterio della “disponibilità di spazi di sosta”. ….il Collegio ha ritenuto di contro che gli uffici hanno valutato la pratica sia per quel che concerne l’immobile che l’area, quindi anche la disciplina particolareggiata della Lottizzazione e del comparto edificatorio. Nel merito il collegio ritiene che “…. Circa la possibilità di insediare una “casa del commiato” nella zona in questione (classificata D2 produttiva di espansione privata con PL vigente) questa è prevista, in via generale, direttamente dall’art. 9-bis, comma 3, della L.r. n. 3/2005, che include, oltre alle zone D, anche le zone F, nonché le zone B e C (per queste ultime due solo in edifici fisicamente distinti da immobili destinati a civile abitazione, residenza o ad usi turistici o ricreativi), pur nel rispetto dei criteri generali comuni di “adeguata riservatezza, accessibilità e la disponibilità di spazi di sosta”. Nella sostanza, in attesa della specifica disciplina di cui dall’art. 9-bis, comma 2, della L.r. n. 3/2005 (che il Comune di X ancora non ha adottato), in via generale le “case del commiato” possono essere allestite in tutto il territorio comunale fatta eccezione delle sole zone A ed E (secondo la zonizzazione di cui al DM n. 1444/1968). Ad una attenta lettura del citato art. 9-bis, comma 3, non sembrerebbe necessario interrogarsi sulla compatibilità delle “case del commiato” con la disciplina di PRG ed eventualmente anche con quella dei suoi Piani attuativi. È infatti direttamente la Legge regionale che individua le zone B, C, D ed F (di cui al DM n. 1444/1968), “anche se diversamente denominate” nei PRG, come idonee ad ospitare l’attività in questione, dettando la relativa disciplina senza alcuna limitazione rispetto alle destinazioni d’uso previste dai piani urbanistici e dalle relative sottozone. Per tutte le zone B, C, D ed F i criteri di compatibilità sono quelli di “adeguata riservatezza, accessibilità e la disponibilità di spazi di sosta” mentre, per le zone B e C, la Legge regionale fissa l’ulteriore prescrizione secondo cui le “case del commiato” vanno collocate “in edifici fisicamente distinti da immobili destinati a civile abitazione, residenza o ad usi turistici o ricreativi”. In sostanza la Legge regionale sembra dettare una disciplina localizzativa (in questo caso transitoria per le ragioni già dette), autosufficiente e autoapplicativa con effetto eterointegrativo delle discipline locali contenute nei piani urbanistici generali e attuativi…. …. L’amministrazione si è tuttavia interrogata anche sulla conformità con le destinazioni d’uso previste dalle NTA del Piano di Lottizzazione, svolgendo considerazioni e giungendo a conclusioni che il ricorrente contesta. Di conseguenza il Collegio ritiene di affrontare anche tale profilo. Al riguardo si deve concordare con le difese delle parti resistenti (come si vedrà meglio anche nella trattazione del motivo V dedotto in via subordinata), secondo cui la gestione di una “casa del commiato” comprende attività artigianali (di servizio) e commerciali. Le attività commerciali (al minuto o all’ingrosso) sono ammesse dalle NTA del Piano di Lottizzazione in base ad una individuazione analitica (vendita di: macchine, attrezzature e articoli tecnici per l’agricoltura, l’industria, il commercio e l’artigianato; materiale elettrico; colori e vernici, carte da parati; ferramenta ed utensileria; articoli per impianti idraulici, a gas ed igienici; articoli per riscaldamento; strumenti scientifici e di misura; macchine per ufficio; auto, motocicli e relativi accessori e parti di ricambio; combustibili; materiali per l’edilizia; legnami; mobili), escludendo quindi implicitamente quelle non espressamente incluse nell’elenco, come la vendita di articoli funerari che l’amministrazione ha pertanto ritenuto di non poter autorizzare. Il criterio dell’individuazione analitica e merceologica non è stato invece utilizzato per le altre attività ammesse all’interno del Piano di Lottizzazione (laboratori di ricerca; magazzini; silos; rimesse; uffici; artigianato di servizio; impianti ENEL e simili; mostre connesse all’attività produttiva, sia industriale che artigianale; mense; attrezzature per l’attività ricreativa e socioculturale degli addetti all’industria ed artigianato). Di conseguenza, per quanto qui interessa ….. tutte le attività riconducibili alla nozione di “artigianato di servizio” possono essere insediate nella zona in questione. …… Venendo ai criteri di “adeguata riservatezza” e di “accessibilità”, che il ricorrente non ritiene essere soddisfatti dalla viabilità della Lottizzazione (unica per tutti gli edifici ivi presenti, di limitate dimensioni e soggetta a traffico pesante) va osservato quanto segue. “Riservatezza” non significa innanzitutto “segretezza” come sembra volersi sostenere dalle diffuse argomentazioni contenute in ricorso, ma solo garanzia di tranquillità e discrezione adeguate al momento di raccoglimento per l’ultimo saluto al defunto. Questo contesto ambientale, essenzialmente interno alla struttura, potrebbe comunque essere turbato, ad esempio, dalla presenza, nelle immediate vicinanze, di attività molto rumorose e fastidiose ovvero che comportano grande affluenza di pubblico schiamazzante, disordinato e caotico. Dalle planimetrie versate in atti risulta che la Lottizzazione è ubicata nella periferia, in zona scarsamente edificata ed è composta da soli tre edifici costruiti nei corrispondenti lotti: quello che ospita la “casa del commiato” è il secondo percorrendo la strada di Lottizzazione dall’incrocio con quella pubblica, mentre gli immobili del ricorrente sono ubicati nell’ultimo lotto alla fine della strada (che si chiude a fondo cieco). Viene dedotto in ricorso che la “riservatezza” sarebbe pregiudicata dall’intenso traffico pesante che scorre sulla strada di Lottizzazione, ma non è stato fornito alcun elemento concreto da cui si possa adeguatamente comprendere quanto sarebbe intenso questo traffico e come esso possa turbare o comunque interferire con le attività che si svolgono all’interno della “casa del commiato”. Come già visto in precedenza, negli immobili del ricorrente sono svolte attività artigianali e commerciali, ma non è dato comprendere di che attività esattamente si tratti e soprattutto quanto volume di traffico possano produrre (informazioni precise e utili ai fini del decidere che sarebbero nella piena disponibilità del ricorrente). L’eventuale traffico pesante che affluisce al primo edificio (anche questo sfornito di prova) impegna solo la primissima parte della strada di Lottizzazione in prossimità dell’incrocio con la strada pubblica per cui, a giudizio del Collegio, può considerarsi irrilevante per quanto qui interessa. Il fatto che la strada di Lottizzazione (di uso pubblico) conduca ai tre edifici non appare fattore dirimente, poiché ogni edificio risulta essere recintato con autonomi accessi al piazzale di pertinenza e con ulteriori spazi di sosta al suo interno rispetto a quelli di uso pubblico esterni ai lotti. Anche l’eventuale circostanza che le auto di coloro che giungono alla “casa del commiato” non trovino spazio sufficiente nel parcheggio interno al lotto (come già detto recintato e con autonomo accesso sulla viabilità), e debbano essere parcheggiate negli ampi spazi di sosta di uso pubblico interni alla Lottizzazione (su cui infra), non pregiudica la “riservatezza” del momento e neppure il criterio della “accessibilità”, altrimenti si dovrebbe sostenere che nelle chiese ubicate nei centri abitati ad alta densità e nei centri storici non si dovrebbero celebrare i funerali perché questi edifici non dispongono di sufficienti parcheggi propri e al riparo da sguardi indiscreti e da attività moleste. ……Sempre dalle planimetrie versate in atti risulta che la Lottizzazione disponga di ampi parcheggi ad uso pubblico, oltre a quelli privati nel piazzale di ciascuno dei tre lotti. A giudizio del ricorrente questi parcheggi ad uso pubblico non sarebbero disponibili perché riservati alla sosta di autotreni e autocorriere, ma anche qui non è stata fornita la benché minima prova di quanti possano essere questi mezzi mediamente in sosta ogni giorno e di quanto spazio libero residuerebbe per l’ulteriore sosta delle automobili. Come osservato in precedenza, nella Lottizzazione in questione è consentita, seppure entro certi limiti, anche l’attività commerciale che notoriamente richiede standard urbanistici superiori alle attività artigianali. Sono altresì consentite mostre, attività ricreative e socioculturali che indubbiamente comportano sensibile affluenza di pubblico di cui si è certamente tenuto conto, in sede di redazione del PL, nel dimensionare adeguatamente gli standard complessivi. ….. A giudizio del Collegio, e in difetto di argomentazioni più precise che avrebbe dovuto fornire parte ricorrente sostenendole con idonei mezzi di prova, non emergano elementi per dubitare che la “casa del commiato” in questione disponga di adeguati spazi di sosta o che abbia sufficiente accessibilità o che possa garantire adeguata riservatezza. ….. Con l’ultima parte del quarto motivo (paragrafo IV.E del ricorso) vengono dedotte alcune censure riguardanti la pretesa violazione delle speciali prescrizioni dettate per il servizio mortuario svolto nelle strutture ospedaliere pubbliche e private convenzionate. In particolare: - l’immobile non garantisce l’entrata e l’uscita autonoma senza interferenze come prescritto dall’Allegato del D.P.R. 14/1/1997; - è stata omessa l’istruttoria sugli altri requisiti minimi strutturali, impiantistici, tecnologici ed organizzativi, quali la presenza di locali interni destinati ad usi specifici (osservazione della salma, sala d’attesa con servizi igienici, celle frigorifere, deposito materiali, etc.), determinate altezze e pavimentazioni dei locali, determinate condizioni di temperatura e umidità, apparecchiature per la rilevazione a distanza di eventuali manifestazioni di vita e altri); - è stata omessa l’istruttoria riguardo lo smaltimento dei rifiuti speciali potenzialmente pericolosi generati dal trattamento delle salme. Le censure non possono trovare accoglimento. Va innanzitutto osservato che le doglianze vengono dedotte in termini generici equiparando “tout court” una “casa del commiato” alle strutture ospedaliere e ai servizi necroscopici, contestando pretese carenze istruttorie senza tuttavia indicare quale concreto requisito sarebbe mancante nella “casa del commiato” in oggetto. Ad esempio, per la questione dell’accessibilità, valgono le stesse considerazioni già espresse in precedenza. Va poi osservato che il Titolo Unico non autorizza l’immediato avvio dell’attività produttiva, che resta subordinata all’ulteriore autorizzazione regionale (ex art. 8, comma 2, L.r. n. 21/2016 e DGR n. 1571/2019), previa valutazione di congruità del progetto ai requisiti minimi strutturali, impiantistici e tecnologici che qui si ritengono violati o comunque non adeguatamente approfonditi. Tale autorizzazione è stata rilasciata con Decreto 7/10/2022 n. 171 del Dirigente regionale Settore Autorizzazioni e Accreditamenti e non oggetto di gravame. … Con l’ultimo motivo, proposto in via subordinata, viene dedotto che le attività connesse alla gestione della “casa del commiato” non rientrano nell’artigianato di servizio (e neppure nell’artigianato in generale) ma costituiscono “servizio pubblico” in favore della comunità locale che esula dalle normali attività artigianali e commerciali. Sono invece equiparabili al servizio mortuario prestato all’interno delle strutture ospedaliere. Vanno disattese anche queste ultime censure. Anche volendo aderire alla prospettazione di parte ricorrente secondo cui le “case del commiato” svolgono un servizio pubblico, tale circostanza non appare dirimente poiché anche strutture esclusivamente private (cioè imprese nel senso civilistico del termine) possono erogare servizi pubblici come le prestazioni sanitarie. Ciò che assume rilevanza in questa sede è invece il fatto (non contestato) che le attività connesse alle “case del commiato” erogano servizi, nello specifico alla persona defunta (trasporto, preparazione della salma, vestizione, ecc.), ma anche a coloro che vengono a rendergli l’ultimo saluto (accoglimento, allestimento della camera ardente, organizzazione di cerimonie, ecc.). Assume poi rilevanza il fatto (anche questo non contestato) che l’attività venga svolta in forma artigianale, cioè da parte di “colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri e i rischi che si riferiscono alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo” (art. 2, Legge n. 443/1985). …… Per tali motivi …..il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe…..”