Studio legale Valentini
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20.6.2024 – Cass. SS.UU. – Ordinanza n. 17104/2024 - Pres. D’Ascola - Est. Grasso
02/07/2024
avverso SENTENZA di CORTE D'APPELLO ANCONA n. 2190/2018 depositata il 16/10/2018. (omissis) Osserva 1. Con l’ordinanza interlocutoria n. 36218 del 28/12/2023 la Sezione Seconda ha rimesso a queste Sezioni unite, ai sensi dell’art. 374 cod. proc. civ., la trattazione del processo R.G. n. 11346/2019. Questa, in sintesi, la vicenda giudiziaria che si ha modo di trarre dall’ordinanza: - accolta istanza di X, il Comune di W cedette alla già menzionata un tratto di terreno, costituente la parte residuale della strada comunale P, successivamente sdemanializzato; - vanamente il omissis/2009 F chiese al Comune d’annullare la delibera consiliare, con la quale era stata disposta la cessione, ristabilirsi l’uso pubblico e ordinare alla x la rimozione dell’apposta barriera e del pari senza esitò risultò la diffida inoltrata alla parte privata; - preso atto di ciò F convenne in giudizio davanti al Tribunale di Pesaro la X e il Comune, chiedendo che, previa disapplicazione della delibera consiliare che aveva disposto la vendita e della determinazione dirigenziale che aveva sdemanializzato il tratto di terreno, fosse dichiarata la qualità demaniale del percorso, in subordine, che lo stesso fosse dichiarato strada vicinale privata con diritto di pubblico transito e, in ulteriore subordine, che fosse riconosciuto il diritto dell’attore al libero transito, con condanna della convenuta a rimuovere i frapposti ostacoli; - la parte privata convenuta resistette alle avverse pretese ed eccepì, preliminarmente, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo, nel mentre il Comune contestò nel merito il fondamento della domanda; - l’adito Tribunale, in accoglimento della domanda, accertò l’esistenza di una servitù d’uso pubblico e ordinò alla X di rimuovere ogni ostacolo impediente il passaggio; - la Corte d’appello di Ancona, investita dall’impugnazione della X, nel contraddittorio con gli appellati F e Comune di W, esaminando prioritariamente la questione di giurisdizione, declinò la propria in favore del g.a.; - in breve la Corte anconetana evidenziò: a) che la situazione soggettiva, a tutela della quale F aveva agito, non atteneva a un diritto reale vantato da costui sulla strada, bensì solo alla pretesa d’utilizzo “uti cives”, dal che derivava che la “causa petendi” investiva la legittimità della deliberazione con la quale era stata disposta la sdemanializzazione, prima, e permesso, poi, alla controparte privata di ostruire il transito, una volta divenuta proprietaria del tratto di strada; b) non erano stati contestati comportamenti della p.a., bensì il potere amministrativo di sdemanializzare il bene e disporne mediante vendita; c) rientrava nel potere pubblico dell’ente proprietario della strada, nell’àmbito del governo dell’ambiente, dell’urbanistica e della circolazione, procedere o meno alla sdemanializzazione, la quale presuppone il venir meno della destinazione all’uso pubblico; d) in ragione del “petitum” non era praticabile separazione in relazione alle diverse pretese fatte valere in giudizio; - F ha proposto ricorso per cassazione, nella resistenza di X e del Comune di W. Il Procuratore Generale ha concluso come in intestazione. 2. Con il primo motivo denuncia violazione degli artt. 5 l. n. 2248, 20/3/1865, 7 d. lgs. n. 104, 2/7/2010, 362 cod. proc. civ.; nonché <<travisamento di fatto e dei relativi presupposti – illogicità- manifesta violazione degli artt. 822 e segg.ti c.c., 1362 c.c.>>. Il ricorrente sostiene che, a differenza di quanto erroneamente asserito nella sentenza impugnata, il “petitum” non aveva a oggetto sostanziale la disapplicazione della delibera comunale, bensì l’atto d’acquisto della X, affetto da nullità o, comunque, annullabile, in quanto la delibera di sdemanializzazione aveva lasciato persistere il libero transito. In sostanza, si chiarisce, l’attore aveva chiesto “uti cives” che si affermasse l’uso pubblico della strada e, in via di subordine, il diritto d’uso, nella qualità di utente della vicinale privata. Da ciò derivava la giurisdizione del g.o., controvertendosi sulla natura pubblica o privata di una strada, in assenza di denuncia di vizi dell’atto amministrativo. 3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge, <<in relazione agli artt. 37-41-103-104 c.p.c., nonché ai principi del riparto di giurisdizione art. 360 n. 1 e 3 c.p.c. – 32 c.p.c.>>. La domanda attorea non era diretta al riconoscimento di un diritto reale, ma solo quello d’utilizzo “uti cives”, sia pure, a seguito della sdemanializzazione, in favore dei proprietari che godevano del percorso vicinale, costituente diritto <<soggettivo perfetto>>. Inoltre, sarebbe stato ben possibile separare le domande, con assegnazione alla giurisdizione ordinaria dell’accertamento del diritto di transito quale strada vicinale. 4. I due motivi, tra loro correlati, esaminati unitariamente, vanno accolti nei termini di cui appresso. 4.1. Con il primo atto di citazione, che il ricorrente produce in questa sede, era stato chiesto: <<Voglia il Tribunale ill.mo, previa ove occorra disapplicazione della delibera c.c. di W (omissis)2006 e della determinazione dirigenziale (omissis)2006, dichiarare il carattere demaniale pubblico stradale (…), in subordine che per effetto di tali provvedimenti [quelli di sdemanializzazione] qualificare la strada vicinale privata, annullando nel caso l’atto autenticato [di compravendita] e la determina (omissis)2006, statuendo comunque il diritto di pubblico transito, in subordine il diritto dell’utente della vicinale privata da parte dell’attore di transitare liberamente sul suo tracciato (…) ordinando alla convenuta X la rimozione (…) degli ostacoli apposti (…)>>. 4.2. Dalla lettura della pretesa fatta valere in giudizio da F si trae che l’attore, sebbene (invero, piuttosto confusamente) parli di disapplicazione, ma pure di annullamento dell’atto di alienazione e delle delibere, nella sostanza, guardando al “petitum sostanziale”, vuole che si affermi il suo diritto di transito, quale fruitore d’un uso pubblico o d’un diritto d’utente di strada vicinale privata, previa qualificazione della strada come vicinale privata. L’accertamento della giurisdizione impone a questa Corte, sulla base del “petitum sostanziale”, al di là della prospettazione estrinseca, la individuazione, attraverso la ricognizione della posizione dedotta e delle allegazioni delle parti, della concreta “causa petendi” (in tal senso, ex multis, da ultimo S.U. nn. 2368/2024, 10538/2023, 9954/2023, 3872/2023). Per questa ragione si è qui proceduto all’esame dell’originario atto introduttivo, messo a disposizione dallo stesso ricorrente; atto, del quale, comunque, questa Corte può, in ogni caso, conoscere, essendo giudice del fatto processuale (principio consolidato, si veda fra le ultime S.U. n. 28332/2019). 4.3. Questa Corte ha affermato che la controversia promossa dai comproprietari di un fondo accessibile tramite una strada vicinale, nei confronti dei proprietari dei fondi finitimi e del Comune, per ottenere, previa disapplicazione della deliberazione comunale di declassamento da uso pubblico ad uso privato dell'anzidetta strada, la declaratoria della sua "natura vicinale", nonché il ripristino del relativo tracciato, in parte smantellato dai proprietari convenuti in giudizio, e, infine, l'affermazione di responsabilità del Comune per non aver impedito detto smantellamento della strada a seguito del suo declassamento, spetta alla cognizione del giudice amministrativo, giacché in essa viene in discussione non già un comportamento della P.A. "iure privatorum", bensì la legittimità, o meno, dell'esercizio del potere autoritativo della stessa P.A. nella classificazione delle strade vicinali, da ascriversi alla materia del governo del territorio e dell'urbanistica, devoluta alla giurisdizione esclusiva di detto giudice (S.U., n. 27366, 24/12/2009, Rv. 610793 - 01). Un tale arresto, tuttavia trova limite nell’orientamento successivamente maturato, sulla base del quale si è affermato che l’iscrizione di una strada nell'elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa del comune, ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell’uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un’azione negatoria di servitù; ne consegue che la controversia circa la proprietà, pubblica o privata, di una strada, o riguardante l’esistenza di diritti di uso pubblico su una strada privata, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, giacché investe l’accertamento dell’esistenza e dell’estensione di diritti soggettivi, dei privati o della pubblica amministrazione, e ciò anche ove la domanda abbia formalmente ad oggetto l'annullamento dei provvedimenti di classificazione della strada, atteso che il “petitum” sostanziale, non essendo diretto a sindacare un provvedimento autoritativo della P.A., ha, in realtà, natura di accertamento petitorio (S.U. n. 26897, 23/12/2016, Rv. 641805 – 01, la quale richiama S.U. n. 1624/2010). A tale ultimo orientamento il Collegio reputa di dovere dare continuità. Proprio la constatazione che l’iscrizione nell’elenco delle strade pubbliche non è costitutivo del diritto, ma pone una semplice presunzione, importa che, non solo la contesa circa la natura pubblica o privata, ma anche l’accertamento della sussistenza di diritti d’uso pubblico su una strada privata si appartengano alla giurisdizione ordinaria. Nel caso in esame F vi chiede venga soddisfatto il prospettato diritto di transito, “uti cives” o, comunque, quale utente di strada vicinale privata. Nella seconda ipotesi non può porsi in dubbio la giurisdizione ordinaria, vertendosi in una pretesa privatistica azionata nei confronti di altro soggetto privato e del Comune. Ma, a ben vedere, anche nella prima deve affermarsi la giurisdizione ordinaria, proprio in ragione della necessità d’accertare la sussistenza di diritti d’uso pubblico su una strada divenuta privata. 5. In conclusione deve affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario. 6. Cassata la sentenza impugnata e rimesse le parti davanti al giudice ordinario, sarà quest’ultimo a statuire sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; rimette le parti davanti alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, anche per il regolamento del capo delle spese del giudizio di legittimità Così deciso nella camera di consiglio delle Sezioni unite, in Roma il 9 aprile 2024.”