Studio legale Valentini
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Sentenza 27.2.2025 – Trib. Pesaro sent. n. 144/2025 - Est. Melucci
06/03/2025
-omissis- 1 - Con atto di citazione omissis 2023 V conveniva in giudizio l'ingegnere A ed il Consorzio B per sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento dei danni conseguenti all'inadempimento delle obbligazioni dai medesimi assunte. A sostegno della domanda, l'attore deduceva di aver dato ai convenuti, il primo nella qualità di progettista e di direttore dei lavori ed il secondo nella veste di esecutore delle opere murarie, l'incarico di ristrutturare l'unità immobiliare di sua proprietà sita in F. che all'esito dei lavori eseguiti l'edificio aveva mostrato segni di rovina; che in base ad una perizia fatta eseguire in sede di accertamento preventivo erano stati accertati i vizi e determinati i costi per gli interventi di rispristino, di cui chiedeva l'integrale ristoro ai sensi ai sensi dell'art. 1669 c.c. Si costituiva A, il quale contestava le domande, eccependo che i danni erano imputabili unicamente all'appaltatore per non aver eseguito i lavori in conformità al progetto. Si costituiva, altresì, il Consorzio B, il quale contestava le domande, eccependo d'aver agito quale mero esecutore delle opere; che la responsabilità era imputabile ad A ed all’impresa C (chiamata in causa da B ndr), cui era stata affidata la realizzazione dei micropali; che l'attore era decaduto dalla garanzia legale e l'azione era prescritta; che altri fattori (sisma, inerzia dell'attore) avevano concorso a cagionare il danno. B contestava la domanda, eccependo che alcuna responsabilità era a lui imputabile; che il danno era stato aggravato dall'attore per non aver proceduto ai lavori col beneficio del cd. "superbonus"; La compagnia D (chiamata in causa da A ndr) che la polizza non copriva il danno in ragione dell"esimente" di cui all'art. 3.4. punto 2), lett. a), ed andavano applicati massimali, franchigie con esclusione di spese di lite e di solidarietà. Si costituiva, infine, la soc. C la quale contestava la domanda, declinando ogni responsabilità aver solo eseguito la sola posa in opera dei micropali su commissione del Consorzio B, nonché per essere i danni imputabili ad errata progettazione (a causa di sottodimensionamento dei pali) ed esecuzione dei lavori (a causa di errato ancoraggio della palificazione) da parte della stessa appaltatrice; eccepiva, altresì, la prescrizione e la decadenza. In istruttoria aveva corso una consulenza tecnica. 2. La natura di appalto del contratto - messa in discussione dalla difesa de Consorzio B solo in corso di causa è confermata non solo dalla volontà· delle parti, che hanno espressamente qualificato come tale il contratto, richiamandone pure la relativa ma anche e soprattutto dall'importanza dell'opera commissionata, riguardante l'esecuzione di opere di consolidamento delle fondazioni e delle strutture portanti del fabbricato, oltre ad altre opere (di coibentazione, bonifica e ristrutturazione), e tenendo conto del fatto che quest'opera così complessa venne affidata ad un'impresa specializzata. Si tratta di prestazione la cui esecuzione presuppone un'organizzazione di impresa tale da ricondurre il contratto alla figura dell'appalto (cfr. sul punto Cass. 2027 n. 27258, secondo cui "ove facciano difetto circostanze di fatto atte a dimostrare che il committente si sia riservato l'organizzazione e la divisione del lavoro e degli strumenti tecnici, assumendo, quindi, il rischio del conseguimento del risultato ripromessosi, la qualità di imprenditore del soggetto cui sia stata affidata l'esecuzione di un'opera o di un servizio fa presumere che le parti abbiano inteso stipulare un contratto d'appalto e non di opera"). Ciò premesso, si rileva che il consulente d'ufficio, esaminando analiticamente le opere allo scopo di verificare, secondo l'incarico ricevuto, la qualità dell'esecuzione, ha riscontrato all'esito di approfondite indagini, la sussistenza di un diffuso ed "importante" quadro fessurativo che, ad opere ultimate, è venuto ad interessare le murature portanti del fabbricato, con conseguente danneggiamento anche delle finiture interne ed esterne. Si conferma, dunque, la sussistenza di gravi difetti che, per la loro ampiezza ed incidenza sulle strutture portanti, hanno consistenza di vizi rilevanti ai sensi dell'art. 1669 c.c. Secondo costante indirizzo, la responsabilità per "gravi difetti" posta dalla norma citata ha natura extracontrattuale (cfr. da ultimo Cass. 2023 n. 23470; conformi Cass. 2019 n. 22093; Cass. 2019 n. 21719), e dunque ha un ambito di applicazione più ampio di quello risultante dal tenore letterale della disposizione - che fa riferimento soltanto all'appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa -, perché operante anche a carico del progettista e del direttore dei lavori (cfr. Cass. 2002 n. 13158), e pure con riferimento alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti (cfr. Cass. sez. un. 2017 n. 7756). Quanto alle cause dei difetti, il c.t.u. ha rilevato che l'andamento delle fessure sul fronte del fabbricato in corrispondenza del corpo principale lato centro/destra è indicativo di un cedimento fondale coincidente con la porzione in cui il cordolo di fondazione è stato realizzato non in adiacenza con la muratura e con connessioni inefficaci, e questo coinvolge anche le lesioni presenti su altre porzioni del fabbricato. Le indagini endoscopiche e mediante carotaggi hanno dato obiettiva conferma dell'indicato fattore causale, essendo risultata la presenza di un "vecchio" cordolo non armato ed gettato contro la vecchia fondazione in pietrame senza alcun elemento di collegamento e solidarizzazione; il nuovo cordolo in cemento armato non presenta in questa zona le mensole di cemento come nel resto del fabbricato, ma la connessione con la fondazione esistente è stata affidata a una barra inghisata con resina al cordolo esistente; tale barra fuoriesce di circa 25 cm. dalla gabbia di armatura del nuovo cordolo e non raggiunge quindi la fondazione originale, ma si ferma all'interno del vecchio cordolo. La conseguenza è che il nuovo cordolo in cemento armato (ca) in questo tratto è stato realizzato in difformità al progetto esecutivo, che prevedeva il posizionamento del cordolo in aderenza alla fondazione originaria del fabbricato e la realizzazione di mensole di collegamento in ca trasversali; il collegamento tra il nuovo cordolo in ca ed il vecchio cordolo non armato è inefficace; il collegamento tra il vecchio cordolo non armato e la fondazione originaria è praticamente assente, garantito solo per attrito. In definitiva, tutto il sistema di trasferimento dei carichi dalla parete ai micropali è totalmente inefficace ed inidoneo allo scopo, in quanto nel fronte del fabbricato i micropali non sono stati ancorati alla fondazione del fabbricato, ma uniti in modo inefficace ad un vecchio cordolo che non è in continuità col sistema fondativo. L'intervento in fondazione così come realizzato, in difformità al progetto esecutivo, ha creato uno squilibrio al fabbricato in quanto dove è stato realizzato correttamente - micropali con cordolo in ca (coronamento a ridosso della muratura collegato con mensole - ha eliminato i cedimenti del fabbricato, mentre nella zona del fronte l'intervento è stato inefficace ed i cedimenti sono proseguiti, creando così cedimenti differenziali. In sostanza, non solo non si è raggiunto il risultato oggetto dell'obbligazione dell'appaltatore, ma si è determinato un nuovo fattore di innesco (per squilibrio della struttura) dei cedimenti. Dei vizi dell'opera è responsabile (art. 1669 e.e.) l’ing. A, quale progettista e direttore dei lavori, e con esso l'appaltatore Consorzio B. Il progetto di B pur corretto nella previsione del sistema di ancoraggio dei micropali al sistema fondativo, non rappresenta il "vecchio" cordolo, sul quale nell'esecuzione dell'opera venne appoggiata la micropalificazione sul fronte del fabbricato, senza aderenza con le fondazioni. Da ciò una carenza progettuale, nella mancata considerazione dello stato fondativo dell'edificio, ed un altrettanto palese errore esecutivo della prestazione rispetto a quanto rappresentato nel progetto circa il prescritto ancoraggio dei pali alle fondazioni. Di tale errore esecutivo ·è responsabile in primo luogo A quale direttore dei lavori, che, reso edotto della presenza del cordolo preesistente omise ogni verifica circa l'idoneità dello stesso all'ancoraggio della palificazione, dando corso all'errato appoggio "fidandosi" - a suo dire - delle dichiarazioni del committente e dell'impresa, che di certo non lo esoneravano da quei doverosi controlli e dalle conseguenti prescrizioni esecutive. Al riguardo, ben noti sono i principi della Suprema Corte secondo cui «in tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell'opera appaltata, il direttore dei lavori per conto del committente presta un'opera professionale in esecuzione di un'obbligazione di mezzi e non di risultati ma, essendo chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l'impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all'opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente - preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza; ma alla stregua della "diligentia quam in concreto"; rientrano pertanto nelle obbligazioni del direttore dei lavori l'accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità dell'esecuzione di essa al capitolato e/o alfe regole della tecnica, nonché l'adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi; pertanto, non si sottrae a responsabilità il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l'ottemperanza da parte del'appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente» (Cass. 2005 n. 15255 Cass. 2006 n. 4366 in cui si specifica altresì che «l'attività del direttore dei lavori per conto del committente si concreta nell'alta sorveglianza delle opere, che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere né il compimento di operazioni di natura elementare, comporta il controllo della realizzazione dell'opera nelle sua varie fasi e pertanto l'obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell'impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se sono state osservate le regole dell'arte e la corrispondenza dei materiali impiegati», dovendosi anche ricordare che «il principio de/l'esclusione di responsabilità per danni in caso di soggetto ridotto a mero esecutore di ordini, quale "nudus minister", non si applica al direttore dei lavori, per le sue peculiari capacità tecniche» (Cass. 2020 n. 2913). Risulta di intuitiva evidenza che la scelta di ancorare (o meno) una complessa opera di palificazione, come quella di specie, sulla platea di fondazione di un edificio non è certamente un'operazione elementare sempre e comunque indefettibilmente connaturata alle regole dell'arte, ma è oggetto di un'opzione alternativa di tecnica costruttiva che implica, in generale - e, in particolare, implicava nel caso di specie - una scelta di carattere tecnicoprofessionale, da operarsi in base alle caratteristiche dell'edificio da ristrutturare ed alle caratteristiche del sottostante sistema fondativo. Tale scelta certamente rientrava nella competenza del direttore dei lavori e costituiva oggetto della sua obbligazione professionale, che consisteva, tra l'altro, nel disporre l'adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi. In definitiva, dunque, non può in alcun modo dubitarsi che fosse compito del direttore dei lavoiri impartire all'impresa esecutrice la verifica dell'idoneità del cordolo all'ancoraggio della palificazione e dare le corrette direttive, in modo che fosse garantita la stabilità dei pali alle fondazioni, in considerazione delle peculiarità della situazione dei luoghi (e, deve aggiungersi, di verificare successivamente che detto ancoraggio fosse stato effettivamente e correttamente applicato, cioè secondo il progetto), eventualmente correggendo una diversa indicazione dello stesso committente in proposito. Inoltre, in caso di mancata conformazione a tale direttiva dell'impresa esecutrice dei lavori era comunque onere del direttore dei lavori farlo rilevare espressamente e, finanche, disporre, in mancanza, la sospensione dei lavori stessi (ovvero rifiutarsi di proseguire nel proprio incarico). Gli errori della progettazione delle opere redatta dall’Ing A e gli inadempimenti dello stesso quale direttore dei lavori, pur dimostrati e dunque ragione di responsabilità per lo stesso, non costituiscono un'esimente e neppure un'attenuante della responsabilità risarcitoria per inadempimento dell'appaltatrice Consorzio B verso il committente. Secondo costante interpretazione, l'appaltatore risponde per i difetti della costruzione derivanti da vizi ed idoneità del suolo · anche per mancanza dell'ordinaria diligenza e pure quando gli stessi siano ascrivibili alla imperfetta od erronea progettazione fornitagli dal committente, potendo andare esente da responsabilità, che si presume ai sensi dell'art. 1669 c.c., solamente ove le condizioni del terreno non risultino in concreto accertabili con l'ausilio di strumenti, conoscenze e procedure "normali", avuto riguardo alla specifica natura e alle peculiarità dell'attività esercitata. Rientra, cioè, tra gli obblighi di diligenza dell'appaltatore, senza necessità di una specifica pattuizione, esercitare il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, anche in relazione alle caratteristiche del suolo su cui l'opera deve sorgere, posto che dalla corretta progettazione, oltre che dall'esecuzione dell'opera, dipende il risultato promesso (cfr. Cass. 2018, n. 15321). In tal senso, sussiste un vincolo di responsabilità solidale fra l'appaltatore ed il progettista, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente per i difetti della costruzione dipendenti dal cedimento delle fondazioni dovuto alle caratteristiche del suolo, rientrando nei compiti di entrambi l'indagine sulla natura e consistenza del terreno edificatorio (cfr. Cass. 2012 n. 14650). Nulla impediva, nella specie, ed anzi ciò era imposto dalla diligenza richiesta dalla prestazione, di eseguire con una normale indagine la verifica preventiva sulle condizioni del suolo ove avrebbe dovuto eseguirsi la palificazione e che avrebbe agevolmente rivelato la presenza del cordolo preesistente e la sua assoluta inidoneità a costituire una valida "base di appoggio" per l'opera di rinforzo, in quanto scollegato dalle fondazioni. Così pure non ha valore esimente né attenuante il fatto che della presenza del cordolo sarebbe stato avvertito il A il quale avrebbe "deciso che il cordolo non dovesse essere demolito e che, conseguentemente, i micropali e la collegata struttura di rinforzo della fondazione dovessero essere necessariamente costruiti in posizione e modo diversi rispetto a quanto rappresentato nel suo progetto esecutivo" perché in tal modo l'appaltatore si trovò, con grave negligenza, a dare seguito ad un "ordine" esecutivo palesemente diverso dal progetto - anche per l'attuato sistema di ancoraggio privo di mensole di cemento - ed espresso, per di più, senza alcuna preliminare verifica delle caratteristiche del cordolo. Una siffatta prescrizione del direttore dei lavori non esime il Consorzio B da responsabilità, essendo ben noto che l'appaltatore è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, non solo la bontà del progetto, ma anche delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano - come nella specie - palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale "nudus minister'', per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, come nella fattispecie, l'appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell'opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l'efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori (cfr. Cass. 2017 n. 23594). Né è predicabile, diversamente da quanto eccepito dalle difese convenute una colpa del committente V per non aver dato corso ad opere dirette "a porre rimedio ai vizi già emersi nel 2020", giovandosi dei benefici fiscali del cd. superbonus. Va al riguardo ribadito l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nel caso di gravi difetti di costruzione dell'immobile suscettibili di pregiudicarne la stabilità, le iniziative tecniche ed i lavori volti ad eliminare, ove possibile, la causa dei vizi inerenti all'immobile all'epoca della sua consegna, incombono sull'appaltatore, mentre l'appaltante ha soltanto la facoltà, ma non l'obbligo, di sostituirsi a quello. Pertanto, non può ravvisarsi il concorso di un fatto colposo del danneggiato, suscettibile di limitare la responsabilità dell'autore del danno a norma dell'art. 1227 c.c., nel comportamento del committente che non si sia sostituito all'appaltatore nell'esecuzione di opere atte a limitare le conseguenze dei gravi difetti dell'opera oggetto di appalto (cfr. Cass. 1997 n. 12347; Cass. 1992 n. 9081; Cass. 2003 n. 11740). Inammissibile, per tardiva deduzione, è, poi, l'eccezione di concorso di colpa formulata da A in conclusionale non perché sia preclusa in conclusionale la formulazione di un'eccezione siffatta che, essendo una mera difesa (o eccezione in senso lato), può sollevarsi pure in appello, ma in quanto rimanda a deduzioni di fatto da formularsi nei termini di rito. Neppure è ravvisare un concorso di responsabilità nei riguardi della chiamata della soc. C che, su commissione di Consorzio B, ebbe l’incarico della realizzazione e posa dei micropali con specifiche caratteristiche indicate in contratto, rispettate nell'adempimento dell'incarico, come rilevato dal c.t.u.: "l'esecuzione dei micropali non si è discostata da quanto precisato nel contratto di fornitura in riferimento alla dimensione/lunghezza, ai materiali utilizzati ed alle modalità di esecuzione dell'opera". La prestazione della Soc. C, esattamente adempiuta, non è, dunque, in rapporto causale con i vizi, talché ne va senz'altro esclusa la responsabilità, e respinta la domanda di garanzia proposta nei suoi confronti del Consorzio B. Dei danni conseguenti ai ·vizi rispondono, in conclusione, per intero ed in solido, tanto il A, quale progettista e direttore dei lavori, quanto l'appaltatrice Consorzio B. 3 - Riguardo all'eccezione di decadenza e prescrizione sollevata da B, secondo cui il committente avrebbe avuto "precisa e completa conoscenza dei vizi' già nel 2020, "all'esito dell’approfondita analisi dei geologi M e N, si rileva che la denunzia dei vizi deve farsi nel termine di un anno dalla scoperta dei vizi, "la quale si intende verificata quando il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall'imperfetta esecuzione dell'opera, non essendo sufficiente, di regola, per il decorso del termine suddetto, la constatazione di segni esteriori di danno o di pericolo, salvo che si tratti di manifestazioni indubbie come cadute o rovine estese" (Cass. 2023 n. 13707). L'onere di denuncia sorge, dunque, "non già per effetto della semplice manifestazione e percezione del difetto costruttivo, ma per effetto della riconducibilità del difetto alla fattispecie legale, e cioè per effetto della rilevanza del difetto stesso come segnale di rovina, di evidente pericolo di rovina o di gravi vizi dell'opera e, ancora, dell'accertamento della sua dipendenza da insufficienza della attività di progettazione o di esecuzione del suo autore e della imputabilità a costui di tale insufficienza di attività", talché qualora gli estremi dei difetti "possano con certezza emergere soltanto da una consulenza tecnica, è dal momento del deposito di quest'ultima che decorre il termine annuale per la denunzia" (Cass. 1999 n. 14218). La cennata relazione geologica non ha alcuna attinenza con le opere di consolidamento eseguite dal Consorzio B, né tanto meno con la qualità dell'opera, ma espone i risultati di un'analisi stratigrafica del terreno di sedime del fabbricato, per cui non può costituire veicolo di conoscenza degli stessi difetti, che risulta acquisita all'esito dell'accertamento tecnico preventivo in data 1.7.2022, cui è seguita la citazione del 27.2.2023. Le eccezioni di decadenza e prescrizione sono, dunque, infondate. 4 - Sulla base di quanto esposto parte attrice ha diritto al risarcimento dei danni consistenti nei costi per l'esecuzione delle opere necessarie al ripristino dell'edificio e delle condizioni di stabilità, avendo l'obbligazione risarcitoria per equivalente il fine del "totale ripristino dell'edificio" (Cass. 2017 n. 15846). Spetta altresì a V il risarcimento dei danni per costi incontestati di riparazione tubo del gas danneggiato durante i saggi eseguiti dai convenuti nella omissis. 5 - E' infondata, la domanda di risarcimento del danno morale, che si assume "connesso al disagio familiare ed alla preoccupazione per la casa di abitazione, oltre che per la eventuale necessità di rinvenimento di una soluzione abitativa diversa e temporanea con annesso trasloco", perché oggetto di generica allegazione, non provato nella sua sussistenza e nel collegamento causale con i fatti di causa. Il difetto di prova impedisce una valutazione equitativa. La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che il potere del giudice di liquidare il danno con valutazione equitativa (art. 1226 cod. civ.) non esonera l'interessato dall'obbligo di offrire elementi probatori circa la sussistenza del danno stesso (cfr. Cass. 1984 n. 1530) ed è, comunque, subordinato, alla impossibilità o elevata difficoltà della prova del danno nel suo preciso ammontare (cfr. Cass. 1985 n. 4619). E', peraltro, da rilevare, con le Sezioni unite, che "palesemente non meritevoli della tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, sono i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale, ai quali ha prestato invece tutela la giustizia di prossimità. Non vale, per dirli risarcibili, invocare diritti del tutto immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità: in definitiva il diritto ad essere felici. Al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria, solo · la lesione di un · diritto inviolabile della persona concretamente individuato è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale" (Cass. sez. un. 2008 n. 26972). 7 - In merito, infine, alla domanda diretta ad ottenere 'la condanna dei convenuti "al rimborso dei costi sostenuti per come accertato, in corso di causa, ovvero per € omissis, o nella minor somma stabilita, per quanto attiene il Consorzio B, e per € omissis, o nella minor somma stabilita, per quanto attiene l'ing. A si tratta di pretesa che, anche per quanto chiarito nelle difese conclusive, attiene ai compensi erogati ai convenuti per l'esecuzione delle opere di causa, sull'assunto che si tratterebbe di somme "versate inutilmente". E' pacifico, in giurisprudenza, che la domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale può essere proposta congiuntamente o separatamente da quella di risoluzione, ·giacché il citato art. ·1453 c.c., facendo salvo in ogni caso il risarcimento del danno, esclude che l'azione risarcitoria presupponga il necessario esperimento dell'azione di risoluzione del contratto (tra le tante v. Cass. 201 O n. 23820; Cass. 2006 n. 23723; Cass. 2004 n. 11103; Cass. 2002 n. 10741). Parimenti pacifico il principio, più volte enunciato dalla Suprema Corte, secondo cui, qualora il committente non abbia chiesto la risoluzione per inadempimento, ma solo il risarcimento dei danni, il professionista mantiene il diritto al corrispettivo della prestazione eseguita, in quanto la domanda risarcitoria non presuppone lo scioglimento del contratto e le ragioni del committente trovano in essa adeguata tutela (cfr. Cass. 2014 n.6886; Cass. 2017 n. 29218; Cass. 2023 n. 22254; Cass. 2023 n.31026). Nel caso in esame, V, in vista della tutela del proprio "interesse "positivo", non ha chiesto la risoluzione del contratto d'appalto, né quello d'opera intellettuale stipulato con A, ma ha proposto solo domanda di risarcimento dei danni subiti per l’inadempimento della controparte; domanda che presuppone il mantenimento in vita del contratto e non il suo scioglimento, e non fa venire meno il diritto del professionista, come pure dell'appaltatore, a percepire il corrispettivo per la prestazione eseguita, trovando le ragioni della committente adeguato soddisfacimento nell'invocata tutela risarcitoria. La domanda in questione va, dunque, respinta. 8.1. - Quanto alle domande di A e del Consorzio B, dirette alla determinazione delle rispettive quote di responsabilità, si rileva che gli apporti causali delle parti convenute, ossia del progettista-direttore dei lavori e dell'impresa appaltatrice, per le considerazioni sopra esposte, appaiono di eguale entità in relazione all'"evento scatenante tutto il dissesso", ossia "l'errata realizzazione del nuovo cordolo a ridosso del vecchio sul fronte del fabbricato" (così il CTU), non sussistendo ragioni per discostarsi dal criterio presuntivo di pari responsabilità nel rapporto interno tra obbligati in solido di cui agli artt. 1298, secondo comma, e 2055, terzo comma, c.c. 8.2 - Venendo alla domanda di garanzia proposta di A che ha chiesto anche il pagamento diretto (art. 1917 comma 2 c.c.) nell'atto di chiamata del terzo, si rileva che, come più volte chiarito dalla Suprema Corte il «fatto costitutivo» della pretesa dell'assicurato ad essere tenuto indenne dal proprio assicuratore della responsabilità civile è l'avverarsi d'un sinistro che abbia le caratteristiche descritte nel contratto ( cfr. Cass. 2019 n. 26813). L'affermazione va integrata con il principio per cui il creditore che agisca per l'adempimento deve provare solo la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza. Ne consegue che le eventuali limitazioni alla copertura assicurativa non costituiscono fatti generativi del credito dell'assicurato, ma piuttosto fatti limitativi del debito dell'assicuratore. In quanto tali, essi debbono essere allegati e provati da quest'ultimo, secondo la regola di cui all'art. 2697 c.c. Nella specie, è documentato il contratto di assicurazione avente ad oggetto la responsabilità civile verso terzi (art. 3.2) come da scrittura omissis.2020 con scadenza omissis.2021. Il convenuto ha, inoltre, allegato il fatto generatore del diritto all'indennizzo, ossia il sinistro posto a fondamento della domanda attrice, avente le caratteristiche (responsabilità professionale) descritte nel contratto. Il convenuto ha dato, dunque, prova del titolo che legittima il diritto di garanzia. A fronte di ciò, la difesa dell'assicuratore formula diverse eccezioni di inoperatività totale o parziale della polizza. 8.2.1 - E', anzitutto, eccepita l'inoperatività della polizza in ragione della clausola art. 3.4 punto 2a, laddove è previsto che "la garanzia è operante per i gravi difetti riscontrati dopo la data di compimento delle opere, ma non oltre 360 giorni dopo tale data, comunque durante la validità della presente polizza [. . .] sempre che sia operante la presente estensione", e ciò sul rilievo che i vizi de quibus si sarebbero manifestati (nell'anno 2020) tre anni dopo la conclusioni dei lavori (nel 2017). L'eccezione è infondata, giacché la clausola, come chiaramente espresso nel suo contenuto letterale, prevede un'estensione (e non una riduzione o "specificazione") della garanzia che copre il rischio professionale "comunque durante la validità della presente polizza", e ciò con riferimento alle "richieste di risarcimento presentate nel corso del periodo di efficacia dell'assicurazione", come previsto dalla clausola 3.6, cui rinvia la specifica garanzia per "danni cagionati o subiti da opere edili" (clausola 3.3 sub 5). 8.2.2 - Fondata è, invece, l'eccezione relativa alla franchigia di €omissis, come da contratto, mentre non si applica, per le stesse ragioni esposte, lo scoperto che attiene alla garanzia per "difetti riscontrati dopo l'ultimazione dei lavori". 8.2.3 - Eccepisce, da ultimo, l'assicuratore l'esclusione della garanzia per "spese legali sostenute dall'assicurato per legali o tecnici” e per la quota di danno non imputabile, nei rapporti interni tra gli obbligati in solido, all'assicurato. Rispetto alle spese processuali, va preliminarmente chiarito che rilevano quelle al cui pagamento l'assicurato, in solido con il coobbligato, venga condannato in favore del danneggiato vittorioso. Spese che - distinte da quelle sopportate dall'assicuratore per resistere alla domanda del danneggiato regolate dal terzo comma del medesimo articolo - costituiscono, secondo la giurisprudenza costante della Suprema Corte, un accessorio dell'obbligazione risarcitoria, ai sensi dell'art. 1917 c.c., e gravano sull'assicuratore se e nei limiti in cui non comportino superamento del massimale di polizza (tra le tante, Cass. 2004 n. 5242). Pertanto, la questione si pone negli stessi termini sia in riferimento alle spese processuali al cui pagamento, in favore del danneggiato vittorioso, l'assicurato venga condannato, in solido con il corresponsabile non assicurato; sia in riferimento al risarcimento del danno al cui pagamento, in favore del danneggiato, l'assicurato venga condannato in solido con il corresponsabile non assicurato, ferme restando le diverse quote rispetto alla misura della responsabilità dei corresponsabili. Sulla questione dell'estensione dell'obbligo indennitario dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato, quando questi sia obbligato in solido con altro soggetto non assicurato e, quindi, sulla base della solidarietà passiva, sia tenuto, a richiesta· del danneggiato, a pagare l'intero, la giurisprudenza di legittimità si è pronunciata, affermando il seguente principio di diritto «in tema di assicurazione della responsabilità civile, nel caso in cui l'assicurato sia responsabile in solido con altro soggetto, l'obbligo indennitario de/l'assicuratore nei confronti de/l'assicurato, nei limiti del massimale, non è riferibile alla sola quota di responsabilità dell'assicurato, operante ai fini della ripartizione della responsabilità tra i condebitori solidali, ma concerne l'intera obbligazione de/l'assicurato nei confronti del terzo danneggiato, ivi compresa quella relativa alle spese processuali cui l'assicurato, in solido con il coobbligato, venga condannato in favore del danneggiato vittorioso, solo in tal modo risultando attuata - attraverso la conformazione della garanzia sulla obbligazione de/l'assicurato - la funzione del contratto di assicurazione della responsabilità civile di liberare il patrimonio de/l'assicurato dall'obbligazione di risarcimento, ferma restando la surroga de/l'assicuratore, ex art. 1203, n. 3 cod. civ., nel diritto di regresso dell'assicurato nei confronti del corresponsabile, coobbligato solidale" (Cass. 2012 n. 20322). Tanto l'obbligo di pagamento delle spese, quanto quello di indennizzo nell'intera obbligazione verso il terzo, derivano, dunque, dalla legge, costituendo un effetto naturale del contratto (art. 1374 c.c.), che è inderogabile dalle parti, se non in senso più favorevole all'assicurato (art. 1932, comma primo, c.c.). Le eccezioni in esame sono, dunque, infondate, e la domanda di manleva va accolta nei limiti della prevista franchigia. 8.3 - Va, infine, respinta la domanda di risarcimento per lite temeraria proposta dalla Soc. C non già per difetto di temerarietà, ma per mancanza di prova del danno genericamente allegato. Le spese di lite sono regolate come segue. I convenuti A ed Consorzio B, in ragione della soccombenza, sono obbligati in solito a rifondere quelle dell’attore, liquidate come in dispositivo. Consorzio B, quale soccombente, è tenuta a rifondere quelle di Soc. C Assicurazione D, quale soccombente sulla domanda di garanzia, cui ha infondatamente resistito, è tenuta a rifondere le spese di lite in favore del chiamante A. Le spese di consulenza tecnica, anche della fase di accertamento tecnico preventivo, restano definitivamente a carico dei convenuti A, Consorzio B, Assicurazione D. -omissis-