Studio legale Valentini
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19.4.2024 Sentenza Consiglio di Stato Sez. Seconda n. 3536/2024 Pres. De Felice Est. Poppi
09/05/2024
… “L’appellante lamenta la lesività di quanto realizzato dai proprietari confinanti e assentito dall’amministrazione con un permesso di costruire in sanatoria mai impugnato e, pertanto, consolidatosi. Come anticipato, il titolo non impugnato viene censurato dall’appellante deducendo l’illegittimità del mancato accoglimento delle proprie istanze di autotutela con le quali mirava sostanzialmente neutralizzare gli effetti di un titolo inoppugnabile. L’appellante con il primo motivo censura la declaratoria di inammissibilità del ricorso motivata dal Tar sull’erroneo presupposto che l’azione fosse promossa avverso la sanatoria concessa con il permesso in sanatoria mentre era richiesto l’annullamento del diniego di autotutela da qualificarsi, a parere dell’appellante, in termini di conferma propria e non di atto meramente confermativo essendo stato adottato a seguito di una rinnovata istruttoria. Il Comune, riaffermata la natura meramente confermativa dell’atto impugnato, eccepisce la correttezza della declaratoria di inammissibilità evidenziando come l’appellante fosse a conoscenza dei contenuti del titolo in sanatoria conseguito dai controinteressati per aver partecipato al relativo procedimento e aver presentato, nell’imminenza del rilascio del titolo un atto di opposizione. L’omessa impugnazione della sanatoria non consentirebbe una tardiva contestazione della stessa mediante presentazione di un’istanza di autotutela in merito alla quale non è configurabile alcun obbligo del Comune di provvedere. Il motivo è infondato. Come ampiamente illustrato, l’appellante afferma l’illegittimità del permesso di costruire in sanatoria rilasciato dal Comune relativamente ad opere realizzate dalla proprietà confinante. Tuttavia, lo stesso non impugnava tempestivamente il titolo edilizio che regolarizzava le opere delle quali lamenta la presenza essendosi invece limitato a censurare il mancato ricorso del Comune all’esercizio dei propri poteri di autotutela, a seguito delle plurime diffide recapitate all’amministrazione. L’accoglimento delle doglianze dell’appellante trova un insormontabile ostacolo nel consolidamento del titolo edilizio che, non impugnato nel termine decadenziale di cui all’art. 29 c.p.a., è divenuto inoppugnabile. Ne consegue che le aspettative dell’appellante potrebbero, in astratto, trovare soddisfazione unicamente all’esito di un intervento in autotutela al quale, tuttavia, anche in presenza di espresse istanze nel senso, l’amministrazione non è tenuta. E’, infatti, pacifico in giurisprudenza che «in caso di presentazione di istanza di autotutela, l'Amministrazione non ha l'obbligo di pronunciarsi in maniera esplicita in quanto "costituisce una manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa, di cui è titolare in via esclusiva l'amministrazione per la tutela dell'interesse pubblico" (Cons. St. sez. VI, 6 aprile 2022 n. 2564). Non è quindi configurabile un obbligo di provvedere a fronte di istanze di riesame di atti precedentemente emanati, conseguente alla natura officiosa e ampiamente discrezionale, soprattutto nell'an, del potere di autotutela ed al fatto che, rispetto all'esercizio di tale potere, il privato può avanzare solo mere sollecitazioni o segnalazioni prive di valore giuridicamente cogente» (Cons. Stato, Sez. V, 9 gennaio 2024, n. 301). Diversamente opinando si eliderebbe il termine decadenziale posto dalla legge a tutela della stabilità dell’assetto degli interessi pubblici sottesi al concreto esercizio della funzione pubblica riconoscendo tutela ad un interesse strumentale che l’ordinamento ammette eccezionalmente nei soli casi previsti dalla legge (fra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 12 settembre 2019 n. 8284). In coerenza con l’enunciato principio, la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare, con posizione consolidata e dalla quale non si ha motivo di discostarsi, che «l’Amministrazione non ha alcun obbligo di provvedere sulle richieste di esercizio del potere di autotutela verso atti divenuti inoppugnabili giacché, diversamente opinando, si eluderebbe l'onere legale di impugnazione nei termini decadenziali posti dalla legge a tutela della stabilità dell'assetto degli interessi pubblici sottesi al concreto esercizio della funzione pubblica; in questi casi, conseguentemente, l'impugnativa del diniego di autotutela è inammissibile, in coerenza con il principio generale della impossibilità di assicurare tutela all'interesse strumentale se non nei casi eccezionali espressamente previsti dalla legge (Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2022, n. 6915; cfr. anche la sentenza n. 2622 del 2021)» (Cons. Stato, Sez. IV, 12 settembre 2023, n. 8284)… … Deve rilevarsi che la distinzione tra atti di conferma in senso proprio, espressione di un potere discrezionale e quindi dotati di lesività e impugnabili, e atti meramente confermativi, privi di spessore provvedimentale e di effetto lesivo, e quindi non impugnabili, risiede nella circostanza che l'atto successivo sia stato adottato o meno con una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi. Dovrà pertanto escludersi che possa considerarsi meramente confermativo l'atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, mentre non potrà rinvenirsi un nuovo esercizio di potere in presenza di atti con i quali l’amministrazione si limita a dichiarare l'esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione (fra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2024, n.1816). Nel caso di specie, come già rilevato, l’amministrazione, con il provvedimento poi impugnato effettuava un mero (ancorché dettagliato) richiamo alla «documentazione agli atti di ufficio» ed ai precedenti esiti istruttori senza formulare alcuna nuova valutazione dell’assetto di interessi già definito. L’atto, pertanto, non può che essere qualificato in termini di atto meramente confermativo la cui impugnazione, come correttamente rilevato dal Tar, è inammissibile.” …