Querela di falso – permesso di costruire – non costituisce documento fidefaciente – inammissibilità della querela di falso.

17.9.2024 Tribunale di Ancona – Sent. n. 1551-2024 - Pres. Corinaldesi – Est. Cicconi

25/10/2024

CONCLUSIONI Parte attrice “Piaccia all'Ill.mo Tribunale di Ancona, contrariis rejectis: - dichiarare “falsi” i documenti n. 34 e 35 depositati dal Comune di X nell’ambito del procedimento (omissis) Tar delle Marche in quanto contraffatti e discordanti con gli stessi documenti rilasciati in copia autentica all'attore in data (omissis) per tutte le ragioni esposte nella superiore narrativa e, per l'effetto, dichiarare tali atti nulli e privi di efficacia, così come ogni atto conseguente posto in essere in forza di tali documenti falsi; - dichiarare altresì falsa la dichiarazione sostitutiva (omissis) e (omissis) a firma A in quanto contrastanti con precedenti dichiarazioni dallo stesso rese con denuncia (omissis), per tutte le ragioni di cui in narrativa così come ogni atto conseguente posto in essere in forza di tali documenti falsi, nonché la dichiarazione (omissis) a firma dell’arch. B; Con vittoria delle spese di lite”. Parte convenuta (Comune di X) “Piaccia all’Ecc.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, dichiarare inammissibile, improponibile e comunque infondata e non provata la querela di falso proposta dal Sig. C in oggetto, dichiarando altresì inammissibile ed infondata l’avversa domanda “reconventio reconventionis” di cui al foglio di deduzioni del (omissis) e quindi respingerle tutte comunque con ogni statuizione. Con vittoria di spese ed onorari” Parte convenuta (D, E ed F) “Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, dichiarare l’inammissibilità della domanda per le ragioni rappresentate ai precedenti punti I) e II) e III) o comunque rigettarla perché infondata, non provata o con qualsivoglia statuizione. Il tutto con vittoria di spese ed onorari di causa”. Svolgimento del procedimento Con atto regolarmente notificato C ha convenuto in giudizio il Comune di X, ed i sig.ri D, E ed F innanzi l’intestato Tribunale, chiedendo l’accoglimento delle seguenti conclusioni: (omissis). Parte attrice, nel precisare che la querela di falso promossa con tale giudizio trae origine da precedenti contenziosi promossi da C innanzi al TAR Marche nei confronti del Comune di X, ed in particolare in relazione al giudizio N.R.G. (omissis), nel quale il Comune di X, a seguito di ordinanza istruttoria n. (omissis), avrebbe depositato i documenti n. 34 e 35, i quali sarebbero difformi rispetto alle copie autentiche dei medesimi documenti rilasciati allo stesso ricorrente dal Comune di X in data (omissis), a seguito di regolare accesso agli atti. Nello specifico trattasi di due elaborati tecnici, l’uno relativo allo stato di fatto e l’altro al progetto approvato, i quali secondo l’attrice sarebbero difformi rispetto alle copie autentiche dei medesimi documenti rilasciati allo stesso dal Comune di X in data (omissis), in quanto in quelli depositati dal Comune nel giudizio al TAR Marche n. (omissis), sarebbero state “cancellate” le misure che riguardavano la distanza del fabbricato dei controinteressati dalla proprietà del C e da Via G. Tali “cancellature”, a detta di parte attrice, sarebbero state realizzate all’interno di atti pubblici e sarebbero significative e non prive di conseguenze, poiché riguarderebbero in particolare la misura di 5,20 metri che confermerebbe “come il muro contestato dal C non sia una sopraelevazione del cordolo di 30 cm inizialmente esistente ma corpo edilizio nuovo, non autorizzato ed eseguito nella sua proprietà”. Diversamente, nelle copie autentiche rilasciate al C in data 24.01.2013, nello stato di fatto e nel progetto approvato, vengono riportate le misure di m 5,20 nello stato di fatto e m. 5,00 nel progetto approvato. Tale difformità, a parere di parte attrice, determinerebbe la falsità dei documenti in questione. Si costituiva ritualmente in giudizio il Comune di X, contestando integralmente l’avversa iniziativa, nulla, inammissibile, improponibile ed infondata, precisando che il C aveva chiesto l’annullamento, tramite ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, del provvedimento del (omissis) con il quale il Comune di X aveva archiviato il procedimento avviato il (omissis) per la verifica di presunte violazioni di norme in materia urbanistico-edilizia concernenti le opere realizzate nella corte di pertinenza dell’edificio distinto al Catasto Terreni del Comune di X al Foglio (omissis) Particella (omissis). Il Comune di X, tuttavia, aveva promosso opposizione alla trattazione in sede straordinaria con atto notificato il (omissis), chiedendo la trasposizione in sede giurisdizionale amministrativa, la quale aveva luogo tramite il C ed il ricorso assumeva il numero di R.G. (omissis). Con ordinanza n. (omissis) del (omissis)2019, il TAR Marche fissava l’udienza di trattazione del merito del citato giudizio n. (omissis), unitamente ad un connesso precedente ricorso (N.R.G. (omissis)/2013), disponendo l’acquisizione agli atti di una relazione a firma del Dirigente pro tempore del medesimo Dipartimento del Comune di X dalla quale risultasse, in particolare, quali siano state le difformità riscontrate dal Comune in sede di sopralluogo rispetto al progetto assentito con l’originaria concessione edilizia e successive varianti; quali siano state le opere autorizzate in sanatoria; quale sia il titolo edilizio che prevedeva la realizzazione del muro di contenimento lato proprietà C, oggetto dell’ordinanza di demolizione prot. n. (omissis). In ottemperanza alla suddetta ordinanza, il Comune di X provvedeva a predisporre e a depositare la relazione tecnica del (omissis) sottoscritta dal Dirigente del Dipartimento del Territorio Ing. M e dal Responsabile dello Sportello Unico Edilizia Privata, Geom. I, con allegati i titoli abilitativi ed “i relativi elaborati tecnici di parte del progetto originario”, delle successive varianti e dei permessi di costruire in sanatoria, tra cui in particolare i documenti 34 e 35 oggi in contestazione. Con sentenza n. (omissis)/2019 del (omissis), continua parte convenuta, i ricorsi promossi dal C venivano dichiarati inammissibili dal TAR Marche, poiché proposti ben oltre il termine di impugnazione stabilito dall’art. 29 del Codice del Processo Amministrativo. Il TAR Marche statuiva, però, che: “… sia nella citata memoria del 2 novembre 2019 che in quella di replica del 13 novembre 2019 il ricorrente ha articolato nuove censure in merito alla corretta “lettura” che si dovrebbe dare agli elaborati progettuali versati in giudizio. Tali censure sono ovviamente inammissibili (in quanto non notificate alle controparti) e prima ancora irricevibili (in quanto esse fanno sempre riferimento allo stato dei luoghi quale esso si è consolidato quantomeno dall’ottobre 2012).   Peraltro, con riguardo ad alcuni degli argomenti introdotti con la prefata memoria, il Collegio evidenzia quanto segue. A) La difformità fra le copie delle tavole “Progetto approvato” e “Stato di fatto” allegate al p.d.c. n. (omissis) depositate, rispettivamente, dal ricorrente il (omissis) (documenti nn. 25 e 26) e dal Comune il (omissis) (documenti nn. 34 e 35) dipende dal fatto che sulle copie depositate dal sig. C sono riportate anche le distanze dai confini. Ma, come detto in precedenza, tali misure sono state riportate non dal progettista, ma dai tecnici comunali che, in sede di istruttoria della domanda, hanno effettuato delle misurazioni speditive utilizzando il righello. B) Quanto al fatto che, in particolare, la distanza dal confine della proprietà C viene misurata in metri 5,20, ciò non rileva ai fini della legittimità del provvedimento impugnato con il ricorso n. (omissis)/2019 R.G., ma semmai del permesso di costruire in sanatoria. E infatti, se è vero che l’annotazione della misura è stata fatta dal tecnico comunale che ha curato l’istruttoria, ne consegue che il progettista aveva evidentemente ritenuto che il muro di recinzione/contenimento fosse posizionato alla distanza prevista dalle N.T.A. e per questo motivo nella relazione tecnica allegata alla domanda di sanatoria aveva dichiarato che l’opera non necessitava del consenso di terzi. C) Ad ogni buon conto, va operata un’ultima precisazione. Dalla relazione tecnica a firma dell’ing. R del (omissis) (documento allegato n. 32 alla produzione di parte ricorrente del 3 maggio 2019) emerge che, come si è già detto in precedenza, il muro per cui è causa, realizzato al fine di sorreggere la sopraelevazione del piazzale di accesso ai garages, è stato costruito sopra il preesistente cordolo in c.a. avente un’altezza di 30 cm di altezza e costituente il confine fra le due proprietà. Ora, tale circostanza dal punto di vista del diritto pubblico dell’edilizia è neutra, in quanto il muro in questione ha preso il posto di un muretto preesistente, anch’esso, evidentemente, assentito a suo tempo dal Comune. Ed è questa la verosimile ragione per la quale il Comune di X ha ritenuto sanabile l’opera realizzata dal costruttore della palazzina confinante con la proprietà C, non ravvisando alcuna lesione del diritto di proprietà di quest’ultimo. La circostanza potrebbe invece non essere neutra dal punto di vista del diritto privato (visto che il muro è stato realizzato sopra un altro manufatto di cui il sig. C si afferma proprietario), ma di questo profilo il Tribunale non può occuparsi essendo carente di giurisdizione”. Parte convenuta afferma nella propria costituzione, pertanto, che quanto sopra statuito dal TAR Marche determina in maniera perentoria ed indiscutibile la palese inammissibilità dell’odierna domanda giudiziale, poiché, ove anche fosse accertata la falsità dei documenti impugnati, tale esito non avrebbe alcuna rilevanza nel giudizio di merito, poiché gli elaborati progettuali in questione non hanno alcun valore e/o incidenza rispetto ai ricorsi che sotto il profilo processuale sono stati dichiarati inammissibili. Gli elaborati progettuali de quibus non hanno, a suo dire, avuto alcuna rilevanza sulla decisione del giudizio promosso dal C innanzi al TAR Marche, con la conseguenza che risulterebbe inammissibile ed improponibile l’odierna querela di falso. Nel merito, il Comune di X nel contestare l’asserita difformità dei documenti 34 e 35 depositati dal Comune di X in sede di istruttoria rispetto ai documenti 25 e 26 depositati nel giudizio al TAR dalla difesa del C (cfr. doc. 8 e doc. 9 in atto di citazione), in precedenza acquisiti da quest’ultimo a seguito di formale accesso agli atti in Comune, fa presente che detti documenti sono due elaborati grafici relativi all’ingombro dell’edificio oggetto del contenzioso, rappresentanti rispettivamente lo stato di fatto e quello di progetto, a timbro e firma del tecnico progettista (dei convenuti D, E ed F) Arch. (omissis), e con timbro del Comune del (omissis), protocollo generale n. (omissis), ed allegati al permesso di costruire in sanatoria n. (omissis). La “diversità” tra i documenti, per l’ente convenuto, è rappresentata unicamente dalle annotazioni riportate “a matita” da parte dell’Ufficio Tecnico comunale delle misurazioni effettuate in scala degli elaborati grafici in sede di istruttoria della pratica, come di consuetudine, precisando che i segni a matita, successivamente cancellati, note istruttorie scritte a mano sugli elaborati in questione (tre nella tavola “stato di fatto” e tre nella tavola “progetto approvato”) altro non sono che l’annotazione della misura presa graficamente, ovvero, misurando con il righello le misure suddette e moltiplicando per 100 (scala grafica dei disegni è 1:100 – stampate in formato A3 senza adattamento), si ottiene la misura annotata: distanza dal fabbricato alla proprietà C, sulla planimetria stato di fatto misurata con righello cm. 5,20 corrisponde all’annotazione di 5,20 (ml.), sulla planimetria progetto approvato misurata con righello cm. 5,00 corrisponde all’annotazione di 5,00 (ml.) e così via per le altre misure annotate. Pertanto, conclude il Comune di X, i documenti si differenziano tra loro solo per il contenuto di tali annotazioni, ma non certo nella sostanza. In sostanza, i documenti 25 (Progetto Approvato) e 26 (Stato di Fatto) depositati dalla difesa del C nel giudizio TAR Marche n. (omissis), rilasciati al Sig. C a seguito di richiesta di accesso agli atti, sono le copie conformi del Progetto Approvato e dello Stato di Fatto degli elaborati grafici presenti nel fascicolo d’ufficio su cui l’Ufficio Tecnico comunale ha riportato a matita le misurazioni effettuate in scala degli elaborati grafici in sede di studio ed istruttoria della pratica. Detto Ente eccepisce, infine, la nullità dell’atto di citazione ai sensi dell’art. 221 comma 2 c.p.c., non avendo controparte, in alcun modo, indicato gli elementi e le prove della asserita falsità dei documenti. Si costituivano, altresì, D, E ed F, i quali parimenti eccepivano e contestavano l’inammissibilità e l’infondatezza delle avverse domande e pretese. Concessi i termini ex art. 183 c.p.c. e depositate le rispettive memorie istruttorie, con ordinanza il GI ordinava al Comune di X “il deposito dell’originale cartaceo del “progetto approvato” e dello “stato di fatto” in suo possesso”, disponendone la custodia nella cassaforte del Tribunale e fissando l’udienza per gli incombenti ex art. 223 cpc. Il Comune X, in ottemperanza alla suddetta ordinanza, provvedeva al deposito presso la cassaforte del Tribunale degli originali della tavola di progetto approvato e della tavola dello stato di fatto. A tale udienza (26.09.2023), presente il P.M. sono stati esaminati e posti a confronto gli originali dei documenti oggetto della querela di falso depositati dal Comune di X. Il GI, in tale occasione, dava atto della composizione dei documenti in questione e che le tavole prodotte in originale dal Comune di X non recavano le misurazioni contenute nelle copie prodotte dalla difesa di parte attrice, dando atto “che nelle medesime posizioni in cui nei documenti prodotti da parte attrice sono indicate le misure in parola, da una visione ravvicinata del documento, si intravvedono dei tratti (forse a matita in quanto non sono presenti abrasioni sui due fogli in corrispondenza delle misure indicate nei documenti prodotti da parte attrice)” ed il Pubblico Ministero, a fronte di quanto sopra, rilevava che “la realtà non sia stata mutata dalle aggiunte fatte”. Con successiva ordinanza, il nuovo GI riteneva la causa matura per la decisione, fissando l’udienza per la precisazione delle conclusioni, così come richiesto congiuntamente, in via subordinata, dalle parti in giudizio. A tale udienza le parti hanno precisato le rispettive conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di conclusionali e repliche. Il Tribunale dà atto che la decisione viene resa dal Collegio a norma dell’art. 50 bis c.p.c.. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Preliminarmente si osserva che in materia di querela di falso il legislatore ha previsto, accanto ad un giudizio incidentale, anche un giudizio autonomo, così manifestando chiaramente la volontà di costruire la certezza in ordine ai documenti come un bene indipendente, che prescinde dal suo collegamento con un processo in corso e, quindi, con la efficacia probatoria ricavabile dal documento. Il potere di ottenere la verificazione giudiziale della falsità o della autenticità di un documento non è posto, pertanto, solamente in funzione dell’efficacia probatoria del documento stesso rispetto alla fattispecie sostanziale oggetto dell’accertamento giurisdizionale, in quanto una simile conclusione sembra contraddetta dal sistema positivo vigente che non pone limitazioni alla proposizione “in via autonoma” della querela di falso. In ogni caso la querela di falso, tanto se proposta in via principale che in via incidentale, ha lo scopo di privare una scrittura privata riconosciuta o un atto pubblico della sua intrinseca idoneità a far fede, cioè a servire come prova di atti o di rapporti (cfr. Cass. Civ. 20.06.2000 n. 8362). Naturalmente, presupposto della querela di falso è che il documento contro cui essa è rivolta possegga o sia idoneo a possedere quella particolare efficacia probatoria che appunto la legge sancisce "fino a querela di falso", trattandosi dello strumento processuale atto a togliere il valore di prova legale alle fonti di prova documentale, vale a dire all'atto pubblico, quanto alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha firmato, alle dichiarazioni delle parti e altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (art. 2699, 2700 c.c.) e alla scrittura privata, quanto alla provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è considerata come riconosciuta (art. 2702 c.c.), ovvero anche alla scrittura privata non riconosciuta se essa sia verificata (cfr. Cass. Civ. n.13104/2000) o se non sia verificata, in relazione alla efficacia probatoria che essa comunque potrebbe avere in altri processi (cfr. Cass. Civ. SSUU n.3734 del 4.06.1986). Posto quanto sopra, come già evidenziato, il potere di ottenere la verificazione giudiziale della falsità o della autenticità di un documento non è previsto solamente in funzione dell’efficacia probatoria del documento stesso rispetto alla fattispecie sostanziale oggetto dell’accertamento giurisdizionale, giacché la sentenza che decide ha efficacia erga omnes (cfr. Cass. Civ. 836/2000). La querela di falso proposta in “via principale”, come nella fattispecie oggetto di causa, si configura, pertanto come un giudizio autonomo di ordinaria cognizione e la prova della falsità può essere data con ogni mezzo, e quindi anche con presunzioni, con la prova testimoniale (cfr. Cass. Civ. n.1537/2001) o con l’ordine di esibizione di un documento ex art. 210 c.p.c. (cfr Cass. Civ. n.517/1980), mentre non appare sufficiente la presentazione di una perizia grafica di parte (cfr. Cass. Civ. n.4165/1990). Risulta opportuno ricordare, altresì, che il concetto di falsità del documento può investire tanto il documento nella sua materialità estrinseca, quanto il contenuto intrinseco del documento: nel primo caso si ha falsità materiale (nel caso di contraffazione dello stesso); nel secondo caso si parla invece di falso ideologico, il quale consiste un una falsa enunciazione del suo contenuto. Giova, infine, ricordare che la querela di falso non è esperibile contro un documento che venga impugnato al diverso fine di contestare non la sola attività immediatamente richiesta, percepita e constatata dal Pubblico Ufficiale nello svolgimento dei propri poteri e funzioni, ma altri aspetti del contenuto ideologico del documento stesso estranei ai limiti segnati dall’art. 2700 c.c., quali l’estrinseca verità delle dichiarazioni delle parti (cfr. Cass. Civ. 22903/2017) *** Passando alla fattispecie per cui è causa, si osserva che la querela di falso “in via principale” oggetto del presente giudizio trae origine da precedenti contenziosi promossi da C innanzi al TAR Marche nei confronti del Comune di X, ed in particolare in relazione al giudizio R.G. n. (omissis), nel quale il Comune di X, a seguito di ordinanza istruttoria n. (omissis), avrebbe depositato i documenti n. 34 e 35, i quali sarebbero difformi rispetto alle copie autentiche dei medesimi documenti rilasciati allo stesso ricorrente dal Comune di X in data 24.01.2013, a seguito di regolare accesso agli atti. Nello specifico, trattasi di due elaborati tecnici, l’uno relativo allo stato di fatto e l’altro al progetto approvato, i quali secondo parte attrice sarebbero difformi rispetto alle copie autentiche dei medesimi documenti rilasciati allo stesso ricorrente dal Comune di X in data (omissis), in quanto in quelli depositati dal Comune nel giudizio al TAR Marche n. (omissis), sarebbero state “cancellate” le misure, scritte a matita, che riguardavano la distanza del fabbricato dei controinteressati (gli odierni convenuti D, E ed F) dalla proprietà di C e da Via (omissis) del Comune di X, diversamente, nelle copie autentiche rilasciate al C in data (omissis), sicché tale difformità determinerebbe, a parere di parte attrice, la falsità dei documenti in questione. Per completezza, giova ricordare che nel giudizio avanti al Tar Marche, nel dichiarare l’inammissibilità del citato ricorso (RG (omissis)/2019), unito ad altro (RG (omissis)/2013), con sentenza n.804/2019 del 31.12.2019 il Giudice amministrativo, in relazione ai citati documenti n.34 e n.35, oggetto del presente giudizio, ha affermato che: “… la difformità fra le copie delle tavole “Progetto approvato” e “Stato di fatto” allegate al p.d.c. n. (omissis) depositate, rispettivamente, dal ricorrente il (omissis) 2019 (documenti nn. 25 e 26) e dal Comune il (omissis) 2019 (documenti nn. 34 e 35) dipende dal fatto che sulle copie depositate dal sig. C sono riportate anche le distanze dai confini. Ma, come detto in precedenza, tali misure sono state riportate non dal progettista, ma dai tecnici comunali che, in sede di istruttoria della domanda, hanno effettuato delle misurazioni speditive utilizzando il righello…” e che detta sentenza è stata, recentemente, confermata dal Consiglio di Stato il quale, con sentenza n. (omissis) del 19.04.2024 (depositata nel presente giudizio con le note di trattazione scritte per l’udienza di precisazione delle conclusioni) ha definito il ricorso (RG n. (omissis)/2020) respingendo l’appello di C. Ebbene, i suddetti documenti impugnati fanno parte del permesso di costruire rilasciato dal Comune di X ai convenuti D, E ed F, ma sul punto giova ricordare che, proprio in merito al permesso di costruire, la Suprema Corte con sentenza n°44104/2021 (Cass. Penale), afferma che “la natura di atto fide facente fino a querela di falso deve essere esclusa per il permesso di costruire di cui agli artt.li 10 e ss. del D.P.R. n.380/2001 perché la sua funzione non è quella di accertare uno stato di fatto, ma di garantire, attraverso un controllo preventivo sulla sussistenza dei presupposti per l’esercizio del diritto di edificazione, il corretto assetto del territorio. Esso si colloca, cioè, al di fuori della categoria degli atti fide facenti ai sensi degli artt.li 476 e ss. c.p. perché non è espressione della funzione registratrice dello Stato o di altri Enti Pubblici e non rientra, perciò, tra gli atti probanti che fanno fede fino all’impugnazione di falso…” mentre, come già ricordato nella recente sentenza di questo Tribunale n°100/2024, “la documentazione e la relazione tecnica allegata dal progettista ad una richiesta di concessione edilizia (ora permesso di costruire) non rivestono natura di atti fide facenti e dotati di valore probatorio assoluto ai fini dell’esatta riproduzione dello stato dei luoghi, in quanto si tratta di documentazione finalizzata soltanto ad illustrare e chiarire i termini tecnici fattuali delle richiesta medesima“ (cfr. Cass. Pen. 9118/2008). Presupposto della querela di falso, infatti, è che il documento contro cui essa è rivolta possegga o sia idoneo a possedere quella particolare efficacia probatoria che appunto la legge sancisce “fino a querela di falso”, trattandosi dello strumento processuale atto a togliere il valore di prova legale alle fonti di prova documentale, vale a dire all’atto pubblico, quanto alla provenienza dal pubblico ufficiale che lo ha firmato, alle dichiarazioni delle parti ed altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti alla sua presenza o da lui compiuti (artt. 2699 e 2700 c.c.). Data l’insuscettibilità di tali documenti ai fini della querela di falso, potrebbe sorgere il problema le copie rilasciate al C (nelle quali sono riportate le aggiunte a matita) sono state attestate come conformi dall’arch. (omissis) del Comune di X e non corrispondono a quelle successivamente depositate avanti al T.A.R. Marche dallo stesso Ente nelle quali i segni a matita sono stati cancellati. Sul punto, tuttavia, si osserva che l’attestazione rilasciata potrebbe riguardare semmai la conformità del documento rilasciato in copia autentica rispetto all’originale, ma non riguarda il documento in sé (oggetto del presente giudizio) nel quale non vi è stata alcuna integrazione da parte del pubblico ufficiale attestatore. *** Sempre nell’ambito della vicenda “edificio ex M”, C propone nel medesimo procedimento querela di falso avverso altro documento: la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del (omissis)2010 n. (omissis), sottoscritta da M in data (omissis) (cfr. doc. 32 atto di citazione). In tale dichiarazione il sig. M, premesso che “in data 21.05.1998 il Comune di X rilasciava la Concessione Edilizia n. (omissis) per la realizzazione di una palazzina in Via (omissis) alla Soc. (omissis), di cui il sottoscritto era il Legale Rappresentante (la stessa ditta fu esecutrice delle opere autorizzate) … dichiara che “i lavori sono stati eseguiti dalla ditta (omissis) nel mese di gennaio 2000” rispetto alla denuncia di inizio attività edilizia del 11.1999 (cfr. doc. 33) ove lo stesso M, in qualità di rappresentante della ditta Edile “dichiara che il progettista è il Dott. (omissis) e l’Impresa esecutrice delle opere è la ditta: (omissis)”. Tale lamentata falsità deve, però, essere anch’essa disattesa poiché tali dichiarazioni non sono atti con particolare efficacia probatoria che la legge sancisce “fino a querela di falso”. Alle medesime conclusioni si può pervenire anche per la dichiarazione (omissis).2.2012 a firma dell’arch. (omissis). Non a caso né M né l’arch. (omissis) sono stati citati dall’attore nel presente giudizio. Alla luce di quanto precede, s’impone la declaratoria d’inammissibilità della querela di falso spiegata dall’attore. A siffatta declaratoria consegue l’ordine di restituzione in favore dell’avente diritto dei documenti querelati. Si dispone che la Cancelleria menzioni la presente sentenza sull’originale dei documenti oggetto della querela di falso. S’impone inoltre la condanna della parte querelante al pagamento in favore dell’Erario della pena pecuniaria di € 20,00. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno poste, di conseguenza, a carico dell’attore. Le stesse, avuto riguardo all’entità della causa ed alle questioni trattate, possono liquidarsi, in base a valori prossimi a quelli minimi, come da dispositivo. Infine, ai sensi dell’art. 226 c.p.c., la parte querelante va condannata al pagamento della pena pecuniaria di €.20,00. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: •                 dichiara l’inammissibilità della querela di falso proposta da parte attrice; •                 ordina la restituzione in favore dell’avente diritto dei documenti querelati; •                 dispone che la cancelleria menzioni la presente sentenza sull’originale del documento oggetto della querela di falso; (omissis)

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