Risarcimento danni – genericità del fatto esposto in citazione – reiezione prove per testi – legittimità - ragioni

16.9.2024 Corte di Appello di Ancona – Pres. Federico – Rel. D’Incecco

01/10/2024

FATTI DI CAUSA Con atto di citazione, notificato in data 28.03.2018, l’Azienda A S.a.s. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Pesaro, il Consorzio B e la C & C. S.p.A., ciascuno 3 in persona del rispettivo rappresentante legale, affinché fossero dichiarati responsabili, in via autonoma e/o solidale, della errata esecuzione dei lavori di miglioramento del sistema irriguo nella Valle del Fiume X, causa dei pregiudizi alla stessa occorsi, con conseguente condanna al pagamento, in proprio favore, della somma di € (omissis), o nell’altra diversa, maggiore o minore, risultante nel corso del giudizio, o, in via subordinata e salvo gravame, di € (omissis) , come indicato nella perizia di stima dell’Agronomo Dott. D, quale danno da notevole decremento del raccolto, oltre € (omissis) corrispondente alla retribuzione di nr. 4 operai addetti all’irrigazione, ed € (omissis) per riparazione di n. 5 irrigatori, nonché, in riferimento all’appezzamento nr. 5, di € (omissis) da porre a carico del solo Consorzio a titolo di ritardata manutenzione e ripristino della condotta. A fondamento della domanda parte attrice deduceva che: - la propria azienda agricola si componeva di oltre (omissis) ettari, distinti in 5 appezzamenti coltivati a mais; - gli appezzamenti 3 e 4, siti nel Comune di E, località W, a seguito di una rottura della condotta irrigua, causata dalla erronea esecuzione dei lavori ivi effettuati dal Raggruppamento Temporaneo di Imprese, facente capo alla convenuta C & C. S.p.A., avevano subìto una “forte contrazione delle produzioni” che aveva comportato una altrettanto considerevole perdita economica per essa azienda, risultante dalle relazioni, versate in atti, del proprio perito Dott. F (anche sull’“an debeatur”) e di quello del convenuto Consorzio, Dott. D (sul “quantum”), rispettivamente quantificato in € (omissis) dal primo e, previa riduzione del 40%, in € (omissis), dal secondo; - sebbene i suddetti interventi fossero stati affidati al ricordato Raggruppamento Temporaneo di Imprese, comprendente la C & C. S.p.A. (capogruppo mandataria) e la S S.r.l. (mandante), il Consorzio B aveva esercitato, come per legge, il controllo sulla relativa esecuzione tramite l’incarico, sia di Responsabile del procedimento, sia di Progettista e Direzione Lavori, ricoperto dai propri dipendenti, quali il Dott. M e il Dott. Ing. N; - per via della mancata riparazione tempestiva, da parte del Consorzio, del tratto di condotta andato distrutto dalla piena del fiume X, avvenuta nel corso del precedente inverno, non le era stato possibile irrigare il 5° appezzamento, riportando, perciò, un ulteriore danno di € (omissis); - sempre per effetto dell’errata esecuzione dei lavori e, quindi, della rottura della condotta irrigua, si erano aggiunti a proprio carico gli esborsi di € (omissis) quale retribuzione di nr. 4 operai addetti all’irrigazione e di € (omissis) a titolo di riparazione di nr. 15 irrigatori. Entrambi i convenuti si costituivano in giudizio. Il Consorzio B, prima ancora di chiedere il rigetto dell’avversa pretesa contestandone il fondamento e anche l’ammontare, eccepiva, nell’ordine, la nullità della citazione per indeterminatezza e il duplice difetto di legittimazione sia attiva dell’attrice, stante la mancanza di prova circa la dedotta vendita programmata dei prodotti alla ditta Z, sia passiva di esso convenuto, sull’assunto che la responsabilità degli ipotetici danni denunciati da controparte fosse, se del caso, da ascrivere al solo appaltatore R.T.I. - con a capo la C S.p.A. - rispetto al quale proponeva domanda di rivalsa in ipotesi di accoglimento anche parziale delle pretese attoree. La C S.p.A., da parte sua, sosteneva, in primo luogo, di essere estranea ai lavori in questione per averli affidati alla Società Consortile G a r.l. che, a sua volta, li aveva subappaltati a H S.r.l., quindi chiedeva di poterle chiamare in causa a titolo di garanzia, unitamente alla propria Compagnia di Assicurazioni, Y, concludendo: a) per il rigetto della domanda attorea, poiché indeterminata e comunque infondata; b) in subordine, e nella denegata ipotesi di accoglimento seppur parziale della stessa, per la dichiarazione della propria estraneità e accertamento della responsabilità esclusiva e/concorrente, rispetto agli eventi lamentati da parte attrice, in capo al Consorzio B e all’Impresa esecutrice delle opere, H S.r.l.; c) in via ulteriormente subordinata, ove ritenuta anche solo parzialmente o solidalmente responsabile dei danni pretesi dalla A s.a.s., per la condanna del predetto Consorzio, con H S.r.l., la Società Consortile a r.l. e la Y Assicurazioni, al pagamento di tutte le somme, comprensive di capitale, interessi e spese eventualmente riconosciute alla medesima attrice, o, in ogni caso, a rivalere essa società convenuta, di tutti gli importi eventualmente dovuti corrispondere alla stessa parte attrice. Inoltre la C S.p.A., autorizzata dal Giudice a chiamare in causa le predette società e la propria Compagnia di Assicurazioni, dichiarava di non aver potuto notificare il relativo atto alla Società Consortile G a r.l. per avvenuta cessazione dell’attività (cfr. verbale udienza del 12.12.2018). Nel costituirsi in giudizio, la Y Assicurazioni, terza chiamata, oltre a spiegare domanda riconvenzionale nei confronti del Consorzio B, la Società Consortile G a r.l. e La H S.r.l., nonché chiedere il rigetto di quella attorea per indeterminatezza, infondatezza e assenza di prova, escludeva l’operatività della polizza in riferimento alla vicenda oggetto della chiamata in causa, sull’assunto di non essere ivi prevista la garanzia per danni a cave e condutture sotterranee, associandosi, comunque, alle difese svolte dalla propria assicurata e alle conclusioni come rassegnate nei confronti di tutte le altre parti processuali, con istanza, in subordine, di limitare l’eventuale proprio pagamento entro i limiti e massimali previsti nel contratto assicurativo. Infine, si costituiva nel processo anche La H S.r.l. la quale, contestando l’indeterminatezza della domanda introduttiva e delle relative ragioni, chiedeva la condanna di parte attrice al risarcimento, in suo favore, per lite temeraria. Conclusa la fase istruttoria, consistita nell’acquisizione dei documenti prodotti dalle parti, nell’espletamento della C.T.U. e nell’interrogatorio formale dei legali rappresentanti del Consorzio B e della C & C. S.p.A., il Tribunale, con la sentenza in epigrafe, respingeva la domanda attorea, innanzitutto osservando come, già nell’atto introduttivo del giudizio, la “rottura delle tubature”, quale “fatto causativo del danno”, “era descritta in modo poco analitico e alquanto generico”, tant’è che i convenuti avevano eccepito la nullità della citazione, e, in secondo luogo, che la genericità circa l’individuazione dei punti di rottura, si riveniva anche nella perizia di parte attorea, laddove il Tecnico incaricato, con riferimento agli appezzamenti 3 e 4, affermava: “da quanto riferitomi dall’imprenditore, la ditta non ha potuto irrigare per mancata erogazione dell’acqua da parte del Consorzio; … da quanto riferitomi dal Nicolini, pur avendo egli predisposto l’impianto irriguo con la stesa dei tubi, l’irrigazione di soccorso non ha potuto avere luogo in quanto la condotta principale era rotta già dall’inverno e non riparata dall’ente erogatore nei tempi dovuti …”. Tuttavia, l’imprecisa ricostruzione delle circostanze produttive del lamentato nocumento non veniva valutata, dal Giudice, di gravità tale da condurre all’accoglimento della suddetta eccezione di nullità della citazione, motivo per il quale era stata disposta l’ammissione della C.T.U., sollecitata dalla ditta attrice, con la precisazione, rispetto al quesito da quest’ultima indicato, di potersi utilizzare, ai fini dell’espletamento dell’incarico non esplorativo, la sola documentazione prodotta, senza possibilità di reperirne altra ritenuta necessaria. A tale riguardo, e successivamente al deposito della C.T.U., nella pronuncia si evidenziava che in assenza, agli atti, della planimetria della vecchia condotta, né l’Ausiliario incaricato, né i Consulenti di parte, erano riusciti, sulla sola base delle tabelle segnaletiche presenti “in loco”, a individuare con certezza i punti dove effettuare i saggi, cosicché tale indagine non aveva avuto seguito, sebbene lo stesso C.T.U., a fronte delle segnalazioni, rivolte al Consorzio dalla A, di rotture verificatesi nel periodo dal 19.06.2015 al 29.07.2015, dava conto di essere stati eseguiti interventi di riparazione della condotta idrica nel tratto 4, nei giorni 4 giugno, 1° e 10 luglio 2015, risultanti dal Giornale dei Lavori, dallo Stato Finale e dalla Rendicontazione Finale, per poi, però, nelle conclusioni - fatte proprie dal Tribunale in ragione della particolare competenza del Perito e dell’autenticità della relazione -, segnalare, appunto, l’impossibilità, disponendo unicamente del tracciato relativo alle nuove condotte di irrigazione, di localizzare le rotture lamentate da parte attrice e procedere ai sondaggi di controllo, ritenuti costituire un “accertamento necessario” alla verifica di avere, esse, “provocato l’interruzione dell’erogazione dell’irrigazione negli appezzamenti 3 e 4”. In sentenza veniva, inoltre, rilevato che il C.T.U., attenendosi alla disposizione impartita nell’ordinanza istruttoria (n.d.r. in data 04.05.2019), di evitare una consulenza esplorativa, si era correttamente astenuto dal reperire documenti non prodotti e che, in ossequio al principio dell’onere della prova, spettava a parte attrice depositare le planimetrie del tracciato della vecchia condotta irrigua, “oppure contestare, se del caso”, la mancata loro produzione da parte del Consorzio nonostante l’ordine di esibizione, come già “affermato dal G.I. sul punto”, ossia nell’ordinanza datata 30.01.2020 (emessa a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 29.01.2020), integralmente trascritta nella stessa pronuncia a conferma di quanto ivi espresso in proposito. Con riferimento al capo della domanda in cui l’attrice lamentava di non aver potuto irrigare l’appezzamento 5, a causa del disinteresse del Consorzio nel riparare il tratto di condotta andato distrutto dalla piena del fiume X, verificatasi durante l’inverno precedente, il Tribunale, oltre a illustrarne l’estrema genericità e l’assenza di principi di prova, tali da non permetterne la disamina nel merito, segnalava che la stessa attrice, in sede di prima memoria ex art. 183 c.p.c., a modifica della pretesa avanzata nell’atto di citazione, attribuisse, all’avvenuto posizionamento di una tubazione di fronte a detto terreno, l’impossibilità di procedere all’irrigazione e/o alla raccolta del prodotto; deduzione, quest’ultima, non solo generica, bensì valevole a rilevare la contraddittorietà degli assunti attorei e condurre al rispettivo rigetto, con conseguente assorbimento di “tutte le chiamate in causa proposte in giudizio”. Venivano, infine, respinte le eccezioni, sollevate dalla Y Assicurazioni, a fronte della domanda di garanzia rivolta nei suoi confronti dalla convenuta C & C. S.p.A., essendo, la copertura assicurativa, riferibile ad ambedue le polizze depositate dalla Compagnia e dalla Società assicurata, sia perché entrambe stipulate per i lavori oggetto di causa, sia perché “nella seconda non vi è nessuna limitazione derivante dal mancato ottenimento della documentazione necessaria a individuare la posizione dei cavi”, oltre alla circostanza che i massimali ivi previsti ammontavano “rispettivamente sino a 1 milione e a 2 milioni di euro, a seconda dell’evento”, così da rivelarsi errata la limitazione operata dalla stessa Compagnia sul richiamo ad altri giudizi pendenti, promossi da soggetti diversi e per eventi e danni difformi da quelli lamentati nella fattispecie. Mentre, circa l’eccezione di inoperatività della polizza prodotta dalla convenuta, fondata sull’assunto che, sebbene riferita ai lavori oggetto del contenzioso, sarebbe stata sottoscritta dalla Società Consortile G anziché dalla C S.p.A., il Tribunale ne rilevava la tardività in quanto non sollevata in sede di comparsa di costituzione e risposta. Stante il rigetto delle predette eccezioni di rito e in ossequio al principio di causalità, le spese del terzo chiamato erano poste a carico dell’attrice nella misura di 2/3 e compensate tra chiamante e Reale Mutua per il restante 1/3, con condanna, invece, della Nicolini s.a.s. alla rifusione integrale di quelle delle altre parti processuali e al pagamento della C.T.U.. L’Azienda A S.a.s. impugnava tempestivamente la predetta decisione, prospettando le ragioni di doglianza riportate in parte motiva, conveniva, infatti, in giudizio, il Consorzio di Bonifica, la C & C. S.p.A., la Y Assicurazioni e La H S.r.l. chiedendo, alla Corte adita, in totale riforma della sentenza gravata e disattesa ogni contraria domanda o eccezione, in via preliminare: di accogliere l’istanza di sospensione della provvisoria esecutività della decisione appellata, sussistendone ogni presupposto; in via principale e nel merito: a) di dichiarare la nullità della sentenza di primo grado per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., nel capo in cui considerava generica la descrizione del fatto causativo del danno; b) di dichiarare, in riferimento agli appezzamenti indicati con i nn. 3 e 4, la responsabilità autonoma e/o solidale, secondo il rispettivo grado, del Consorzio di Bonifica e del Raggruppamento Temporaneo di Imprese della C & C. S.p.A., per errata esecuzione dei lavori di razionalizzazione e miglioramento del sistema irrigua nella Valle di X; c) di condannare le predette società appellate al pagamento della somma di € (omissis) o di quella diversa, maggiore o minore, risultante in corso di causa ovvero, in subordine, di € (omissis) come indicato nella perizia di stima dell’Agronomo Dott. D, oltre ai danni connessi alla retribuzione di n. 4 operai addetti all’irrigazione (pari a € (omissis)) e alla riparazione di n. 15 irrigatori (pari a € (omissis)), nonché, riguardo all’appezzamento indicato con il n. 5, il solo Consorzio, per ritardata manutenzione e ripristino della condotta, a € (omissis). Vinte le spese e competenze del doppio grado processuale; in via istruttoria: di rinnovare la C.T.U. sui quesiti formulati nell’atto di appello con riserva di nominare il Tecnico di parte, e, in subordine, ove non accolta detta richiesta, di chiamare a chiarimenti il CTU, incaricato dal Tribunale, oltre ad ammettere i mezzi istruttori articolati nella seconda memoria ex art. 183 c.p.c., in particolare la prova testimoniale sui capitoli integralmente ritrascritti nello stesso atto di appello e mezzo dei testi pure ivi nuovamente indicati. Si costituivano in giudizio tutti gli appellati. Il Consorzio B, nel riprospettare le questioni assorbite e proporre appello incidentale condizionato, concludeva, in via preliminare, per il rigetto dell’istanza di sospensione della provvisoria esecutività della pronuncia impugnata, per la declaratoria di inammissibilità del proposto gravame, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. e, se questa non accolta, per l’improcedibilità della domanda di nullità avanzata d’appellante con inammissibilità dello stesso appello; nel merito e in via principale, sempre per il rigetto dell’impugnazione e conferma della sentenza di primo grado; in subordine, ove accolto, anche solo in parte, il gravame principale, per la declaratoria di improcedibilità della domanda attore, di nullità dell’atto di citazione e del difetto di legittimazione attiva, ovvero di quella passiva di esso Consorzio, con ogni conseguente statuizione di legge o di opportunità, oltre alla declaratoria di inammissibilità e/o improcedibilità delle domande rivolte nei propri confronti dalla C S.p.A. e Y Assicurazioni, e per il relativo rigetto se riproposte; ancora nel merito, per la reiezione di quanto impugnato dall’attrice e, in ipotesi di parziale accoglimento di detto appello principale, per la declaratoria della responsabilità diretta ed esclusiva della C S.p.A., nella qualità di capogruppo-mandataria del R.T.I. composto dalla stessa e dalla S S.r.l., mandante; in via subordinata e nel denegato caso in cui si ravvisasse una qualche responsabilità a proprio carico, anche solo parziale e/o concorrente, per la declaratoria, comunque, che la predetta C & C. S.p.A., come capogruppo del ricordato R.T.I., fosse tenuta a manlevarlo e tenerlo indenne da ogni onere e conseguenza derivante da siffatto accoglimento, con condanna al pagamento di tutto quanto eventualmente ascritto al Consorzio medesimo; per il rigetto di tutte le domande formulate dalla C S.p.A. e dalla Y Assicurazioni nei propri confronti, se nuovamente proposte nel presente grado, e vittoria di spese e competenze del giudizio. Il Consorzio B, infine, chiedeva il rigetto delle istanze istruttorie formulate dall’appellante principale e la preventiva espunzione, dal rispettivo fascicolo, della terza memoria ex art. 183 c.p.c., come anche di quella depositata, nel proprio, dalla chiamata H S.r.l. e, sempre in riferimento a parte attrice in primo grado, del documento dalla stessa prodotto il 22.09.2020 (verbale prova per testi nel procedimento n. 809/2018 R.G.), poiché tutti inammissibili; in via subordinata, nel caso di convocazione a chiarimenti del C.T.U., che questi confermasse le circostanze di cui alla lettera D delle deduzioni a far parte integrante del verbale di udienza del 29.01.2020, nonché, ove disposta ulteriore istruttoria e senza inversione dell’onere probatorio, l’ammissione delle istanze dal medesimo indicate, in proposito, nella seconda e terza memoria ex art. 183, comma 6°, c.p.c.. La C & C. S.p.A., contestando totalmente il proposto appello, concludeva, in via preliminare, per il rigetto dell’istanza di sospensiva della provvisoria esecutività della sentenza impugnata e, nel merito, per il rigetto della stessa impugnazione principale, perché inammissibile, improcedibile e priva di fondamento, con conferma della gravata pronuncia, nonché, in subordine, per l’accoglimento di tutte le domande dalla stessa svolte nel precedente grado, come ivi precisate sia nella prima memoria ex art. 183, comma 6°, c.p.c., sia nel foglio a tal fine depositato all’udienza del 17.03.2021, ritrascrivendole integralmente nella medesima comparsa di costituzione, al termine della quale, unitamente alla condanna dell’appellante al pagamento delle spese e competenze di ambedue i gradi di giudizio, chiedeva fossero respinte le istanze probatorie avanzate dalla controparte con ammissione delle proprie, già articolate, laddove la Corte avesse rimesso la causa in istruttoria. Anche H S.r.l. chiedeva il rigetto tanto dell’istanza di sospensiva, formulata dall’appellante, quanto “della domanda per cui è causa” e, di conseguenza, la conferma integrale della sentenza impugnata, con vittoria delle spese del primo e secondo grado processuale. La Y Assicurazioni, infine, concludeva per il rigetto di ogni istanza istruttoria di parte appellante, della stessa proposta impugnazione e per la conferma integrale della sentenza di primo grado, con vittoria delle spese di lite, nonché per l’accertamento e la dichiarazione di estraneità della C & C. S.p.A. rispetto agli eventi di danno dedotti dall’Azienda A, quindi affinché fosse respinta ogni domanda da chiunque proposta nei confronti di quest’ultima e, conseguentemente, nei propri. Quindi la causa, sulle conclusioni delle parti come in epigrafe precisate, veniva trattenuta in decisione all’udienza del 15.02.2023, concedendo alle stesse i termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di note conclusionali e relative repliche. RAGIONI DELLA DECISIONE L’Azienda A s.a.s., a sostegno del proposto gravame, poneva i seguenti motivi: 1) Nullità della sentenza da violazione degli artt. 24 e 111 Cost., 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., per aver considerato generica la descrizione del fatto causativo del danno nonostante la relativa conferma e quantificazione risultanti dalla consulenza del Tecnico incaricato dal Consorzio, Dott. D. Innanzitutto l’appellante contestava la ritenuta genericità, in sentenza, della domanda dallo stesso proposta e il conseguente rigetto, sull’assunto che il Tribunale, nel basare la propria decisione sulle sole risultanze della C.T.U., peraltro discutibile e lacunosa - come appositamente dedotto nel prossimo motivo di gravame -, avrebbe omesso ogni valutazione in ordine sia ai numerosi elementi probatori offerti da esso, attore in primo grado, sia alle richieste istruttorie pure dal medesimo articolate e non ammesse, così violando, oltre a quanto previsto dagli artt. 24 e 111 Cost., e dall’art. 2697 c.c., rispettivamente in materia di diritto di difesa e di onere della prova, anche i principi di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c., poiché l’evento dannoso risultava acclarato dalle proprie segnalazioni inviate al Consorzio, dalla C.T. di parte a firma del Dott. F e finanche da quella del Tecnico incaricato dallo stesso Consorzio, Dott. D, e la relativa quantificazione da ambedue dette consulenze. La declaratoria di rigetto della domanda attorea sarebbe, quindi, del tutto erronea, sotto il duplice profilo dell’“an” e del “quantum debeatur” che, sebbene comprovati, veniva esclusi dal Giudice esclusivamente perché il C.T.U. non sarebbe riuscito a individuare l’esatto punto di rottura delle condotte - sebbene accertata dai tecnici intervenuti e tenuta in considerazione dallo stesso Ausiliario d’Ufficio - “e non certo per un carenza probatoria imputabile all’Azienda A”; da cui l’invocata riforma integrale della pronuncia impugnata, con dichiarazione di responsabilità in capo al Consorzio di Bonifica e alla R.T.I. Di Vincenzo, secondo il rispettivo grado e prerogativa. 2) Erroneità e illogicità della motivazione della sentenza per aver fatto proprie, tra l’altro parzialmente, le risultanze della C.T.U., nonostante la relativa incompletezza. Violazione degli artt. 194 c.p.c. e 90 disp. att. c.p.c.. Secondo l’appellante, la pronuncia del Tribunale, fondata sul pedissequo richiamo alle conclusioni della C.T.U., si rivelerebbe errata e illogica, soprattutto per non esserne state considerate le evidenti lacune e il mancato espletamento delle indagini necessarie a fornire una risposta precisa ai quesiti oggetto della relativa ammissione. Ciò poiché l’ausiliario incaricato, nonostante la pianificazione, concordata con i C.T. di parte nel verbale delle operazioni peritali datato 05.09.2019, di effettuare ben quattro saggi lungo il tratto della distribuzione idrica di fruizione dei terreni coltivati dall’Azienda A, al fine di individuare i punti di rottura delle condotte, solamente nella bozza della relazione e nella versione definitiva sosteneva di aver soprasseduto a tali verifiche non riuscendo nell’intento a causa dell’assenza, agli atti, della planimetria relativa alla vecchia condotta, con la conseguenza del deposito di un elaborato incompleto che l’attrice non poteva eccepire se non dal momento dell’avvenuta conoscenza di detta lacuna, ossia, come avvenuto, nella prima udienza fissata per l’esame della stessa C.T.U., giusto quanto stabilito, in proposito, dall’art. 157, comma 2° c.p.c.; per non tacere che, in ottemperanza al quesito posto dal Giudice, quale quello di “ricostruire il percorso della condotta”, l’Ausiliario ben avrebbe potuto e dovuto chiedere un’integrazione documentale all’unica parte in possesso della medesima, ossia al Consorzio B cui era stata ordinata l’esibizione, e che la copiosa documentazione, depositata in giudizio, gli avrebbe comunque consentito l’individuazione del tracciato delle vecchia conduttura, in particolare del tratto relativo alla proprietà I e L, quale area dove effettuare i predetti saggi e verificare i punti di intersezione con le distributrici. L’erroneità della sentenza, quindi, risiederebbe nel duplice mancato rilievo, della evidente carenza dell’elaborato peritale d’ufficio e dell’adempimento, da parte dell’attrice, dell’onere probatorio sulla stessa incombente, a motivo della richiesta di riforma della decisione e di rimessione della causa in istruttoria con ordine di rinnovazione della C.T.U. cui sottoporre i quesiti formulati dalla stessa attrice e come tali riproposti in sede di gravame. 3) Violazione artt. 115 e 116 c.p.c. per omessa pronuncia circa la mancata ammissione delle istanze istruttorie dedotte, in primo grado, dall’Azienda A, anche in riferimento all’appezzamento n. 5. Nel tornare a sottolineare l’intrinseco collegamento del presente motivo di gravame, e anche del precedente, all’accoglimento del primo, l’appellante lamentava che il Tribunale, non avendo ammesso le proprie istanze istruttorie sebbene si fosse riservato al riguardo, né, tantomeno, esposte le ragioni di siffatta decisione, sarebbe giunto a emettere la pronuncia senza valutare la chiara riferibilità del dedotto danno alla condotta degli appellati, limitatisi ad attribuire l’uno all’altro la relativa responsabilità sin dalla fase precontenziosa, già di per sé valevole quale atteggiamento confessorio delle reciproche colpe. In particolare, infatti, il Consorzio di Baveva indicato, come causa dei danni, l’errata esecuzione dei lavori da parte dell’Impresa appaltatrice, mentre quest’ultima, oltre a invocare la propria estraneità a fronte della concessione delle stesse opere in subappalto ad altra ditta, sosteneva la mancanza di documentazione attestante la presenza delle tubazioni - poi danneggiate - ovvero il rispettivo tracciato, innescando la chiamata in causa di terzi, quali la G S.c.a.r.l., La H S.r.l. e la Y Assicurazioni, a titolo di manleva, ugualmente idonea a costituire chiara prova di ammissione implicita della responsabilità in capo alla chiamante C S.p.A.. Per di più le numerose rotture della condotta, nel periodo giugno-agosto 2015, risultavano dalla stessa C.T.U. (alla pag. 6) che, sulla base dei documenti attentati i lavori in questione, aveva verificato ben 11 interventi di riparazione nel tratto n. 4, ossia nei terreni I e L, posti a monte di quelli coltivati dall’Azienda A, a ulteriore riprova della fondatezza della domanda attorea. 4) Erroneità della sentenza appellata nel capo relativo alla liquidazione delle spese di lite. L’evidente erroneità della ricostruzione giuridica prospettata dal Tribunale, in uno con l’omessa analisi e mancata ammissione delle istanze probatorie formulate da parte attrice, condurrebbe a escluderne la soccombenza, anche solo virtuale o parziale; da cui l’altrettanta erroneità della condanna, in sentenza posta a carico dell’Azienda A, alla rifusione delle spese di lite e richiesta, in subordine, della relativa compensazione per entrambi i gradi di giudizio, nella denegata ipotesi di mancato accoglimento del gravame. Infine l’appellante, ai sensi degli artt. 283 e 351 c.p.c., avanzava istanza di sospensione della provvisoria esecutività della pronuncia impugnata, sia per la fondatezza, quanto al requisito del “fumus boni juris”, delle ragioni poste a sostegno del gravame, quali la “totale aderenza”, da parte del Giudice, alla C.T.U., chiaramente lacunosa e non coerente nelle risposte ai quesiti oggetto della stessa, così come il travisamento delle risultanze istruttorie e il “profondo ‘deficit’ motivazionale” della medesima decisione, sia per le evidenti conseguenze negative, quanto al presupposto del “periculum in mora”, ossia l’ulteriore pregiudizio derivante a proprio carico dall’azione esecutiva, considerato il grave danno già subìto dalla perdita del prodotto, nell’annata 2015, a causa dei fatti dedotti in giudizio, in uno con la riflessione che, trattandosi di Azienda di dimensioni modeste e redditi ridotti, l’esborso delle spese legali, pari a oltre € (omissis), avrebbe inciso enormemente sulla rispettiva economia. L’impugnazione principale non può essere accolta per le ragioni che seguono; con assorbimento di ogni decisione in ordine all’appello incidentale condizionato, proposto dal Consorzio B. Preliminarmente deve dichiararsi superata e assorbita, in ragione della fase decisionale in cui si trova il giudizio, la richiesta di sospensione della provvisoria esecutività della sentenza impugnata. Sempre in via preliminare va dichiarata implicitamente rinunciata o comunque disattesa data la fissazione, all’udienza di trattazione tenutasi il 16.02.2022, dell’udienza di precisazione delle conclusioni, l’eccezione, sollevata da parte appellata Consorzio di Bonifica delle Marche, relativa all’inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis. c.p.c.. Nel merito, prima ancora di procedere alla disamina dei motivi d’appello, è utile rammentare i noti principi processuali in virtù dei quali chiunque agisca in giudizio per far valere un proprio diritto, oltre a indicare i fatti che costituiscono la domanda (art. 99 c.p.c.), è tenuto ad allegare gli elementi idonei a sostenerne le ragioni (art. 2697 c.c.). Quindi, laddove, come nella vicenda in esame, venga intentata una causa volta a ottenere il risarcimento di un danno che si pretende subìto, è necessario, in primo luogo, dedurre con chiarezza le circostanze di fatto produttive dell’evento dannoso, per poi fornire la dimostrazione della lesione del diritto, della sua riferibilità alla controparte, ossia del nesso causale tra la condotta illecita altrui e il nocumento di cui si chiede il ristoro, nonché del relativo ammontare; ciò consentirà al Giudice, investito della domanda, di giungere, previa assunzione delle prove offerte dalle parti, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., ed esercizio dell’attività di valutazione di tutte le risultanze processuali secondo i criteri dettati dall’art. 116 c.p.c. (cfr. Cass. Civ. 28.01.2022 n. 2648; Cass. Civ. 23.07.2021 n. 21174; Cass. Civ. 30.04.2021 n. 11474; Cass. Civ. 01.03.2021 n. 5560; Cass. Civ. 12.10.2020 n. 21972), alla pronuncia della decisione, dando conto, in parte motiva, delle ragioni fondanti il proprio convincimento, come stabilito dell’art. 132, comma 2°, n. 4, c.p.c. e 111 Cost. (cfr. Cass. Civ. 30.05.2022 n. 17426; Cass. Civ. 09.02.2021 n. 3126; Cass. Civ. 09.07.2020 n. 14629; Cass. Civ.15.11.2019 n. 29721; Cass. Civ. 08.03.2019 n. 6759). Ciò premesso, i primi tre motivi di gravame, da trattarsi congiuntamente poiché connessi - come, peraltro, sostenuto dallo stesso appellante principale nell’“incipit” di ognuno di essi -, non possono trovare accoglimento. In proposito si osserva che, differentemente dalle doglianze ivi prospettate, sebbene sia indubbio che al Giudice del merito spetti il compito di qualificare la domanda giudiziale a prescindere dal tenore letterale utilizzato dalla parte - con il duplice limite del rispetto del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, e del divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella effettivamente proposta (cfr. Cass. Civ. 11.07.2022 n. 21865; Cass. Civ. 22.04.2021 n. 10727; Cass. Civ. 18.06.2020 n. 11899; Cass. 25.02.2019 n. 5402; Cass. Civ. 20.07.2018 n. 19435) -, è altrettanto innegabile, stanti i richiamati principi informatori del processo civile, che la domanda introduttiva dello stesso, o, meglio, che i fatti posti a relativo sostegno come produttivi del lamentato evento dannoso, debbano essere enunciati in modo preciso nell’atto, non rientrando, nei poteri interpretativi del Giudice, sostituirsi agli oneri incombenti sulla parte ed essendo escluso che le produzioni documentali assurgano a funzione integrativa di una domanda mancante di specificità (cfr. in proposito: Cass. Civ. 08.02.2018 n. 3022). L’appellante, infatti, nel contestare l’impianto motivazionale della sentenza - sia perché basato sulla sola C.T.U., dallo stesso ritenuta discutibile e non coerente con l’incarico conferito, sia per aver considerato generica la descrizione del fatto causativo del danno, nonostante i forniti elementi probatori, nonché per omessa pronuncia sulle istanze istruttorie dedotte da esso attore in primo grado “anche in relazione all’appezzamento n. 5”, da cui l’eccepita violazione degli artt. 24 e 111 Cost., 2697 c.c., nonché 115 e 116 c.p.c. - intenderebbe colmare, attraverso i documenti prodotti in giudizio, tra i quali la relazione del proprio tecnico, Dott. F, e quella di parte del convenuto Consorzio, Dott. D, le lacune afferenti la generica descrizione, nell’atto introduttivo, della circostanze costitutive della domanda, ovvero che i pregiudizi occorsi alle colture della propria azienda sarebbero stati determinati dalla mancata erogazione idrica dovuta, quanto agli appezzamenti nn. 3 e 4, alle numerose rotture delle condotte irrigue ascrivibili all’errata esecuzione dei lavori appaltati alla R.T.I. facente capo alla C S.p.A., e, quanto all’appezzamento n. 5, da riferirsi al solo Consorzio, per la ritardata riparazione del tratto della conduttura principale andato distrutto nella piena del fiume X avvenuta durante la precedente stagione invernale. Circostanze di fatto che, però, come condivisibilmente rilevato nella sentenza impugnata, oltre alla loro imprecisa indicazione già nell’atto introduttivo, sono restante prive di riscontro in ordine alla prova che la lamentata impossibilità di irrigare i terreni 3 e 4 fosse effettivamente ascrivibile a non meglio individuate rotture delle vecchie tubazioni dovute alla erroneità degli interventi svolti dall’Impresa aggiudicatrice dell’appalto avente a oggetto opere di razionalizzazione e miglioramento del sistema irriguo nella valle del fiume X, e, soprattutto, che dette rotture abbiano concretamente interessato i punti di distribuzione idrica relativi ai fondi coltivati dall’attrice; mentre, con riferimento al terreno n. 5, si rivelano meritevoli di apprezzamento le argomentazioni espresse dal Tribunale circa “l’estrema genericità” e contraddittorietà degli assunti attorei riguardo alle cause del dedotto evento, comunque sprovviste di valido supporto probatorio, considerato che a fronte della doglianza prospettata in citazione, quale quella di non aver potuto procedere alla relativa irrigazione stante il tardivo intervento di riparazione, da parte del Consorzio B, di una rottura, altrettanto indefinita nell’ubicazione, della condotta principale (cfr. atto di citazione, premessa n. 2, lett. B), nella prima memoria ex art. 183 c.p.c., veniva reclamata, in alternativa alla precedente deduzione, l’impossibilità di provvedere alla raccolta del prodotto per l’asserita presenza di una tubazione posizionata di fronte al medesimo appezzamento a impedirne l’accesso (cfr. pag. 2 stessa memoria parte attrice, datata 20.12 2018). Altrimenti detto, in assenza dell’indicazione e allegazione, negli atti difensivi attorei, dei punti in cui sarebbero avvenute le rotture, “in primis” del vecchio tracciato irriguo - ascritte, per ciò che riguarda la lamentata impossibilità di irrigare gli appezzamenti nn. 3 e 4, alla errata esecuzione dei lavori appaltati alla convenuta C & C. S.p.A. -, e, in secondo luogo, della condotta principale - queste ultime dovute alla piena del fiume X, verificatasi durante il precedente inverno, ma tardivamente riparate dal Consorzio B, a motivo della doglianza di non aver potuto procedere all’irrigazione del fondo n. 5 -, la critica rivolta dall’appellante alla C.T.U., di incongruenza e carenza per omesso compimento dei saggi volti a individuarne l’esatta posizione, così da verificare se fosse riferibile a tali eventi la denunciata interruzione dell’erogazione idrica per uso irriguo dei terreni coltivati dalla stessa Azienda A, deve ritenersi inappropriata, dal momento che la mancanza, agli atti, dei documenti propedeutici a tale indagine, è ascrivibile alla parte onerata dal fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda, e non già all’Ausiliario incaricato, tra le cui facoltà non è prevista quella di acquisire documentazione ulteriore rispetto a quanto ritualmente prodotto in giudizio, tranne se riguardante fatti secondari utili all’espletamento dell’incarico (cfr. Cass. Civ. SS.UU. 01.02.2022 n. 3086; conformi: Cass. Civ. 09.11.2022 n. 32935; Cass. Civ. 02.12.2021 n. 38062; Cass. Civ. 23.08.2021 n. 23295; Cass. Civ. 06.12.2021 n. 31886; Cass. Civ. 06.05.2021 n. 11969). Fatti che, nella vicenda oggetto di causa - ossia, lo si ripete, l’esatta collocazione delle rotture della condotta, dall’attrice attribuite, a diverso titolo, in capo a ciascuno dei convenuti, quale causa dei danni alle colture per l’impossibilità di procedere all’irrigazione dei terreni dalla stessa coltivati -, non possono certo qualificarsi come secondari o accessori nell’ambito degli elementi autonomamente reperibili (se non presenti agli atti del processo) dal Consulente d’Ufficio nell’espletamento dell’incarico conferitogli dal Giudice, tanto più che quest’ultimo, nel provvedimento di ammissione della C.T.U. sollecitata dall’Azienda A sul quesito dalla medesima formulato nella propria memoria istruttoria, escludeva espressamente “la possibilità”, per l’Ausiliario, “di estrarre copia di ‘progetti e documenti ritenuti necessari’”, come da richiesta attorea, disponendo l’utilizzo del solo materiale documentale già ritualmente acquisito in giudizio, proprio a evitare, nel rispetto del principio dell’onere della prova, una consulenza esplorativa (cfr. ordinanza datata 06.05.209, resa a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 04.05.2019, trascritta a pag. 13 sentenza appellata). Inoltre, giusto quanto esaustivamente argomentato nella pronuncia impugnata (cfr. pagg. 13 e 14), anche la censura di erroneità della stessa, per avere reputato tardiva la contestazione attorea in riferimento alla parziale esibizione dei documenti da parte del convenuto Consorzio, si rivela inefficace, poiché, oltre che spettante alla parte interessata, odierna appellante, il compito di eccepire tempestivamente l’incompleta produzione documentale ordinata dal Giudice alla controparte (eccezione che, nella fattispecie, ben avrebbe potuto e dovuto essere sollevata durante l’udienza successiva al deposito o anche in sede di operazioni peritali, stante la nomina di un proprio Consulente), è opportuno evidenziare la natura residuale di detto strumento istruttorio, il quale, lo si ricorda, non può sopperire alla mancato assolvimento della parte nel dedurre i mezzi di prova (cfr. motivazione Cass. Civ. 01.08.2022 n. 23861 e Cass. Civ. 08.10.2021 n. 274129), in particolare laddove, come pure correttamente osservato dal Tribunale, trattasi di documenti comunque reperibili dal richiedente l’altrui esibizione (cfr. Cass. Civ. 02.12.2021 n. 38062), ad esempio mediante ricerca in rete (cfr. pag. 14 sentenza primo grado). Di conseguenza, nella decisione impugnata non è ravvisabile alcuna violazione degli artt. 2697 c.c., nonché 115 e 116 c.p.c., giacché, per consolidato orientamento della Suprema Corte, detta violazione si configura solo qualora il Giudice di merito abbia attribuito l’onere della prova a una parte diversa da quella che ne è gravata, oppure quando, contravvenendo alle predette disposizioni, abbia fondato il proprio convincimento su elementi probatori non ritualmente introdotti nel processo, bensì disposti di propria iniziativa al di fuori dei poteri officiosi al medesimo riconosciuti, ma non anche nel caso in cui, previa valutazione degli strumenti di prova proposti dai contendenti, alcuni siano stati ritenuti maggiormente significativi di altri (cfr. Cass. Civ. 07.03.2022 n. 7341; Cass. Civ. 24.02.2022 n. 6169; Cass. Civ. 22.12.2021 n. 41275; Cass. Civ. 09.10.2020 n. 21852; Cass. Civ. SS.UU. 30.09.2020 n. 20867; Cass. Civ. 23.10.2018 n. 26769) e ciò risulti dalla motivazione della sentenza. Le precedenti osservazioni in diritto conducono, altresì, a respingere l’ulteriore critica dell’appellante, di erroneità e illogicità della pronuncia impugnata perché basata sulla C.T.U. “senza motivarne le ragioni” (cfr. pag. 40 atto di citazione in appello) e nonostante la relativa incompletezza data dalla violazione degli artt. 194 c.p.c. e 90 disp. att. c.p.c., atteso che, a parte quanto già illustrato circa i limiti e le preclusioni cui l’Ausiliario incaricato deve attenersi nello svolgimento delle indagini conferitegli dal Giudice, ai fini del rispetto del principio dispositivo delle prove e delle preclusioni processuali (cfr. in proposito: Cass. Civ. 06.05.2021 n. 11969; Cass. Civ. 06.12.2019 n. 31886), vi è da rammentare l’altro indiscusso principio in forza del quale, laddove il Giudice di merito riconosca convincenti le conclusioni della relazione d’ufficio, e ne recepisca l’operato, non è tenuto a esporre in modo specifico le ragioni del relativo apprezzamento (cfr. Cass. Civ. 05.09.2022 nn. 26051 e 26104; Cass. Civ. 16.05.2022 n. 15568; Cass. Civ. 12.02.2021 n. 3650), soprattutto quando, come nella questione in esame, le censure mosse avverso le indagini svolte dal C.T.U. si riferiscano al mancato reperimento, ascritto a quest’ultimo, di documenti la cui acquisizione in giudizio costituiva espresso onere a carico della parte interessata, ossia all’Azienda A; da ciò derivando l’insussistenza del lamentato vizio di motivazione per l’adesione del Giudice alle risultanze della C.T.U. che, contrariamente alle deduzioni dell’odierna appellante, ha puntualmente posto in risalto (cfr. pag. 7 elaborato peritale d’ufficio) l’impossibilità, allo stato documentale in atti, di verificare l’esatta posizione delle rotture della condotta irrigua (dall’attrice ascritte ai lavori di miglioramento della stessa), alle quali poter riferire con certezza la causa dell’altrettanto lamentata interruzione dell’erogazione idrica utilizzata per irrigare i terreni coltivati dall’attrice e, quindi, dei denunciati pregiudizi alle colture. Men che meno può dirsi fondata la rimostranza di parte appellante quanto alla mancata ammissione delle istanze istruttorie, “anche relative all’appezzamento n. 5”, da essa formulate in qualità di attrice nel precedente grado di giudizio, poiché, una volta depositata la C.T.U., recante le argomentate conclusioni circa l’inattuabilità delle indagini finalizzate all’accertamento del presupposto di fatto alla base della domanda giudiziale, detti indicati elementi probatori si sono evidentemente rivelati superflui, considerato trattarsi di prova testimoniale avente a oggetto - prima ancora dell’ammontare dei pregiudizi lamentati dall’Azienda A - questioni strettamente tecniche, neanche potute verificare dall’Ausiliario d’Ufficio, quali, oltre alle cause delle rotture della condotta irrigua, la loro esatta collocazione lungo la tratta interessata; dovendosi, altresì, rammentare che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, il vizio di omessa motivazione della sentenza - seppur relativo alla non ammissione delle istanze istruttorie - ricorre solo se il Giudice di merito manchi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento o li illustri in modo da non rendere comprensibile sia il percorso logico giuridico seguito, sia la relativa correttezza (cfr. Cass. Civ. 11.08.2021 n. 22698; Cass. Civ. 14.05.2021 n. 13143), giacché, ai fini dell’assolvimento dell’onere motivazionale, non è richiesto l’esame di ogni allegazione delle parti, bensì la sola esposizione concisa delle ragioni della decisione (cfr. Cass. Civ. 09.02.2021 n. 3126; Cass. Civ. 20.12.2020 n. 29730; Cass. Civ. 25.06.2020 n. 12652; Cass. Civ. 08.03.2019 n. 6759; Cass. Civ. 28.02.2019 n. 5811), come chiaramente evincibile dalla pronuncia impugnata. Infatti, sebbene non possa dubitarsi che ai contendenti spetti l’onere di proporre i mezzi di prova ritenuti maggiormente utili, e al Giudice quello di fondare la propria decisione sui soli elementi probatori dagli stessi offerte (o eventualmente ammissibili d’ufficio), tra i compiti propri di quest’ultimo è previsto di stabilire quali prove siano, rispetto alla fattispecie, maggiormente funzionali e pertinenti alla relativa soluzione, senza dover argomentare le ragioni per cui alcune si ritengano ininfluenti o superflue, né poter da ciò derivare - siccome recriminato dall’appellante - la violazione dell’art. 115 c.p.c. (cfr. in proposito: Cass. Civ. 08.08.2019 n. 21210). Infine, il mancato accoglimento dei primi tre motivi di gravame, determinando l’integrale soccombenza dell’appellante, comporta il rigetto del quarto e ultimo motivo, laddove viene denunciata l’erroneità della sentenza appellata relativamente alla liquidazione delle spese di lite del grado poste a carico dell’attrice. Alla luce delle suesposte argomentazioni e in osservanza tanto della normativa in materia, quanto dei richiamati orientamenti giurisprudenziali di legittimità, l’intestata Corte respinge l’appello principale con assorbimento di ogni decisione in ordine all’appello incidentale condizionato, proposto dal Consorzio B. Le spese di lite del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. (omissis)

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