Scissione societaria – responsabilità di entrambe le società sorte dalla scissione – debiti pregressi – nozione – ARTT. 2506 Bis e 2506 Quater c.c. interpretazione

17.03.2025 Corte di Appello di Ancona Sent. 425-2025 Press. Gianfelice Est. De Nisco

19/03/2025

-omissis- RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Pesaro in accoglimento della domanda proposta da A e B nei confronti di E s.a.s., con la chiamata in causa di D srl in liquidazione, ha condannato la società convenuta al pagamento in favore degli attori, della complessiva somma di € omissis, oltre accessori e al rimborso in loro favore delle spese di lite, e ha condannato la terza chiamata a tenere indenne la società convenuta di quanto tenuta a pagare agli attori, compensando integralmente tra le ulteriori parti le spese di lite. In particolare, sulla premessa in fatto che in data omissis/2014 D aveva attuato un progetto di scissione societaria parziaria, dalla quale era scaturita la s.r.l. E che in data omissis/2016 si era fusa per incorporazione nella società C S.r.l. poi trasformata in E s.a.s. e sul rilievo in diritto che gli attori avevano agito nei confronti di tale ultima società invocando sia l'art. 2506 bis, comma 3, c.c. (nella prima memoria ex art. 183 c.p.c.) sia l'art. 2506 quater, comma 3, c.c. (in atto citazione e nella prima memoria ex art. 183 c.p.c.), il primo giudice: ha evidenziato che il discrimine per l'applicazione dell'una piuttosto che dell'altra disposizione normativa invocata doveva essere individuato nella destinazione certa (2506 quater c.c.) o incerta (2506 bis c.c.) del debito nel progetto di scissione; ha accertato che il credito vantato dagli attori era anteriore alla scissione, risultando il giudizio relativo al suo accertamento già incardinato prima di quella data, e cristallizzato nel 'importo di € omissis avendo la Corte di Cassazione con ordinanza n. 7343 pubblicata il 7.3.2022 rigettato il ricorso contro la sentenza della Corte di Appello di Ancona n. 3032/2018; ha ritenuto detto credito di destinazione incerta nel progetto di scissione, potendo giungersi a conclusioni diverse facendo applicazione da un lato del principio della pertinenza (ricavabile dal 'inserimento tra le passività trasferite le spese di lite relative al richiamato giudizio), con conseguente inserimento del debito tra quelli posti a carico della società beneficiaria, e dall'altro del principio della destinazione residuale (non essendo stato previsto nulla pur a fronte della consapevolezza della esistenza di un contenzioso a riguardo), con conseguente inserimento del debito medesimo tra quelli posti a carico della società scissa; in applicazione, quindi, del terzo comma dell'art. 2506 bis c.c. ha ritenuto la società convenuta solidalmente responsabile in ordine al pagamento in favore degli attori del credito da loro vantato nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto attribuito alla beneficiaria; sulla base della disposta CTU, cui ha aderito rigettando le osservazioni svolte dalle parti, ha accertato che il patrimonio netto attribuito alla s.r.l. E era pari a € omissis e quindi ampiamente capiente rispetto al credito azionato dagli attori; ha pertanto condannato C quale società incorporante la s.r.l. E al pagamento in favore degli attori della complessiva somma di € omissis (comprensiva delle spese di lite del giudizio davanti alla Corte di Cassazione), oltre interessi legali dalla data di messa in mora al saldo, rigettando l'eccezione relativa al dedotto beneficium excussionis non applicabile in relazione all'art. 2506 bis c.c.; in accoglimento della domanda di regresso svolta dalla società convenuta nei confronti della s.r.l. D in liquidazione, e a fronte dell'espresso riconoscimento di quest'ultima circa "la propria posizione di debitrice “principale” nei confronti degli attori”, ha condannato la terza chiamata “a tenere indenne la società convenuta di quanto la stessa è condannata a pagare agli attori in forza della presente pronuncia”. D S.r.l. in liquidazione ha proposto appello, lamentando l'erroneità della decisione perché, a fronte di una domanda inammissibile in quanto indeterminata, il primo giudice non aveva adeguatamente valutato le eccezioni di mancanza di prova della anteriorità del credito azionato rispetto alla scissione della D S.r.l., di mancata allegazione delle circostanze di fatto necessarie per acce11are il presupposto della proporzionalità del credito rispetto al patrimonio netto rimasto alla società scissa e di mancata allegazione delle ragioni per cui C s.a.s. avrebbe dovuto sopportare per intero un debito che deve far carico sulla società scissa (oggi D S.r.l. in liquidazione) invece che su quella beneficiata. Ha quindi concluso come in epigrafe, chiedendo altresì la riforma del capo di sentenza che l'aveva condannata a tenere indenne C s.a.s. per le somme pagate agli attori per il titolo dedotto in giudizio. C s.a.s. si è costituita in giudizio, eccependo in via preliminare l'inammissibilità dell'appello per violazione dell'art. 342 c.p.c. e proponendo appello incidentale condizionato (all’eventuale accoglimento dell'appello principale relativo al capo di sentenza che ha condannato la D s.r.l. a tenerla indenne di quanto pagato agli attori per il titolo dedotto in giudizio) avverso il capo di sentenza che l'ha condannata al pagamento del credito vantato dagli attori, reiterando l'eccezione di insussistenza della propria responsabilità patrimoniale per un debito non esistente al momento della scissione e da ritenere di pertinenza della società scissa in applicazione della previsione di cui al punto 10 di pagina 14 del progetto di scissione (in forza del quale "quanto non espressamente indicato, in particolare gli elementi del passivo, restano assegnati al! 'esclusiva competenza e pertinenza della società concedente") e contestando le risultanze della CTU svolta in primo grado in relazione al!' accertato valore del patrimonio attribuito. Ha quindi concluso come in epigrafe. A in proprio e quale erede di B , ha resistito al gravame, eccependone in via preliminare l'inammissibilità per violazione dell'art. 342 c.p.c. Preliminarmente, va disattesa l'eccezione di inammissibilità dell'appello, atteso che l'atto di gravame contiene argomentazioni atte a confutare quanto ritenuto in prime cure rendendo possibile, attraverso l'esame complessivo dell'atto, l'individuazione dell'oggetto della domanda e degli elementi di fatto e di diritto sui quali essa si fonda. È infatti da escludere che la riforma abbia trasformato l'appello da gravame a motivi illimitati, in impugnazione a critica vincolata, atteso che i possibili motivi di censura non vengono limitati a specifici errores in procedendo o in iudicando. La parte appellante ha del resto censurato l'iter logico-giuridico seguito dal primo giudice, indicando con inequivocabile nettezza i motivi dell'evidenziato dissenso, prospettando una propria alternativa ricostruzione fattuale e proponendo essa stessa un ragionato progetto alternativo di decisione fondato su precise censure rivolte alla sentenza di primo grado. Il requisito della specificità dei motivi di impugnazione è quindi da ritenersi (nella fattispecie) rispettato, atteso che alle (non scindibili) argomentazioni della sentenza impugnata sono state contrapposte le puntuali allegazioni del reclamante, finalizzate ad inficiare il fondamento logico-giuridico delle prime. Per quanto sopra, deve dunque ritenersi che l'atto di appello in esame contiene tutte le argomentazioni volte a confutare le ragioni poste dal primo giudice a fondamento della propria decisione, con conseguente ammissibilità del gravame. L'appello principale non appare meritevole di accoglimento. Rilevato che le puntuali ed articolate difese svolte dalla convenuta e dalla terza chiamata sia nel giudizio di primo grado, che in questa sede, appaiono da sole sufficienti a rigettare l'eccezione di indeterminatezza della domanda proposta dagli originari attori, lamenta innanzitutto D s.r.l. l'erroneità del capo di sentenza che ha accertato l'anteriorità del credito vantato dagli attori al progetto di scissione depositato in data omissis/2014 (ed iscritto l’omissis/2014 presso il Registro delle Imprese di Pesaro), avendo in quella data il Tribunale di Pesaro accertato con sentenza n. 659 del 11/7/2014 l’esistenza di un credito della società concedente nei confronti dei coniugi A e B di complessivi € omissis. Afferma che il credito degli attori sarebbe sorto solo in forza della sentenza della Corte di Appello di Ancona n. 3032 del 19/12/2018, divenuta definitiva a seguito di dichiarazione di inammissibilità del ricorso per Cassazione pronunciato della Suprema Corte con ordinanza n. 7343 del 7/3/2022. L’assunto non è condivisibile. Dall'esame della sentenza di questa Corte n. 3032 (sub doc. 1 allegato all'atto di citazione) risulta accertato ormai con efficacia di giudicato (cfr. ord. Cass. n. 7343/2022 nel fascicolo degli originari attori in allegato alla memoria del 3/6/2022): che D s.r.l. aveva proposto opposizione all'esecuzione, promossa dai coniugi A e B in forza di due decreti ingiuntivi divenuti definitivi (n. 677/08 e n. 680/08 come riconosciuto dalla D s.r.l. a pag. 3 della comparsa di costituzione di primo grado), eccependo in compensazione "sopravvenienze passive" e un credito risarcitorio derivante dalla asportazione di alcuni beni e dal mancato rilascio del' immobile sito all'ultimo piano dell'Hotel W; che il Tribunale di Pesaro ha dichiarato il diritto dei coniugi A e B a procedere esecutivamente nei confronti di D s.r.l. per la somma di € omissis oltre interessi legali dal omissis/2008 e spese legali della procedura monitoria per € omissis previo accertamento della esistenza di controcrediti quantificati in omissis a titolo di restituzione ed € omissis a titolo di risarcimento danni, posti in compensazione con il maggior credito vantato dai creditori procedenti in forza dei predetti DI definitivi; che questa Corte in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pesaro ha accertato I' esistenza in favore di D s.r.l. di un controcredito a titolo di restituzioni di complessivi € omissis ed un credito risarcitorio di € omissis per il ritardato rilascio dell’immobile, posto in compensazione con il maggior credito vantato dai coniugi A e B in forza dei predetti DI definitivi. Quindi, alla data di deposito del progetto di scissione, contrariamente a quanto affermato dall'appellante, il credito azionato nel presente giudizio era già esistente sia perché già accertato con titolo giudiziario definitivo, sia perché confem1ato dalla sentenza del Tribunale di Pesaro ancorché in misura inferiore a quella derivante dai ricordati DI. La sentenza di questa Corte, a sua volta divenuta definitiva, si limita solo a ridete1minare il quantum di detto credito, escludendo dalla compensazione alcune poste eccepite dalla società esecutata e riconosciute dal primo giudice. Le conclusioni raggiunte sul punto dal primo giudice appaiono pertanto corrette e devono qui essere confermate. Lamenta in secondo luogo D S.r.l. la contraddittorietà della sentenza, perché, pure avendo "riconosciuto che «seguendo il criterio della destinazione in via residuale (quello secondo cui tutto ciò che non è stato espressamente indicato resta a carico della società scissa), dovrebbe ipotizzarsi la sua destinazione alla società concedente D s.r.l.», ha ritenuto tuttavia di poter concludere affermando, senza allegare alcuna giustificazione a supporto di ciò, «che la società C sas sia obbligata solidalmente al pagamento in favore degli odierni attori del credito da essi vantato nei confronti della D s.r.l. entro il limite del valore effettivo del patrimonio netto attribuito alla beneficiaria»". Anche la doglianza in esame si appalesa infondata. Come sopra sinteticamente esposto il primo giudice nella specie ha fatto applicazione del disposto di cui al terzo comma dell'art. 2506 bis c.c., ritenendo incerta la destinazione della posta passiva dedotta in giudizio. Le ragioni di tale conclusione (sopra riportate) non sono state specificamente e motivatamente contestate dall'appellante società, la quale ha proceduto ad una lettura parziale ed incongruente rispetto al chiaro svolgimento logico della motivazione esposta dal primo giudice. Il motivo di gravame, per tale motivo, risulta inammissibile. In ogni caso anche a voler riconoscere valore dirimente alla clausola di cui al punto 1 O di pagina 14 del progetto di scissione invocata dalla C s.a.s. e quindi ritenere che il debito di cui si discute debba essere inserito tra quelli di pertinenza della società scissa, occorre rilevare che parimenti la C s.a.s. sarebbe solidalmente obbligata al pagamento del debito de quo a norma del terzo comma dell'art. 2506 quater c.c. "... nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato ... ". L'accertamento compiuto e la condanna pronunciata dal primo giudice nei confronti della C s.a.s. deve essere qui confermata. Né in senso contrario può essere valorizzata la mancata preventiva escussione della società scissa da parte degli originari attori (risulta pacificamente notificato a detta società il solo atto di precetto in data 26/2/2019). Costituisce infatti principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello per cui il beneficio della preventiva escussione ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società debitrice principale, "ma non impedisce allo stesso creditore d'agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo… sia per poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili…sia per poter agire in via esecutiva…senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del suo credito” (cfr. da ultimo Cass. ord. n. 22629 del 16/10/2020). Ancora da ritenersi infondata è l’impugnazione principale nella parte in cui lamenta l’erroneità della sentenza per la mancata allegazione da parte degli attori delle circostanze di fatto necessarie per accertare il presupposto della proporzionalità del credito rispetto al patrimonio netto rimasto alla società scissa, presupposto non esaminato dal primo giudice. In punto di fatto risulta documentalmente provato (cfr. atto di scissione sub doc. 2 nel fascicolo di C s.a.s.) che D s.r.l. ha posto in essere una scissione parziaria con trasferimento alla società di nuova costruzione E s.r.l. solo di una parte del suo patrimonio. Pertanto, a voler ribadire l’applicazione al caso di specie dell’art. 2506 bis c.c. operata dal primo giudice, il richiamo a detta norma non può che riguardare la seconda ipotesi disciplinata dal combinato disposto del secondo e del terzo comma, in forza della quale “ la responsabilità solidale è limitata al valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiata”. Ove, invece, si debba ritenere applicabile il terzo comma dell’art. 2506 quater c.c. comunque “ciascuna società è solidamente responsabile nei limiti del valore del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto”. Entrambe le richiamate disposizioni, quindi, non ancorano la responsabilità di ciascuna delle società (scissa o beneficiata) al valore percentuale del patrimonio assegnato o rimasto, ma stabiliscono solo che l'entità dello stesso costituisce il limite della loro responsabilità patrimoniale. Nessuna allegazione doveva pertanto essere svolta dagli attori e nessun accertamento doveva essere svolto dal Tribunale nel senso richiesto dal' odierna appellante. Infine, l’appellante principale lamenta che se è “pur vero che la C srl ha attuato una scissione a favore della società E srl, poi confluita nella C sas, è altrettanto vero che a quest’ultima è stato conferito il complesso aziendale alle condizioni descritte nel progetto di scissione, che la D non deve manlevare alcun soggetto e, soprattutto, non può esserle negato il diritto al contraddittorio in relazione alla statuizione sull’ammontare del suo supposto debito”. Il motivo in parte qua risulta apodittico e scarsamente intellegibile alla luce dell'espresso e più volte ribadito riconoscimento che il credito azionato dai coniugi A e B era a sé riferibile. Né il motivo in esame può utilmente essere integrato con le deduzioni svolte dall'appellante principale in primo grado atteso che nella propria comparsa di costituzione si è limitata ad affermare "che la C non deve manlevare alcuno essendosi essa fatta sempre carico della titolarità e della gestione del rapporto con i coniugi A e B rapporto attualmente pendente avanti la Cassazione" e nella seconda memoria ex ari. 183 c.p.c. "che la C Sri in liquidazione non deve manlevare alcuno in relazione al suo rapporto con A e B essendo da tempo in corso la contestazione del merito del medesimo". L'insussistenza dell'obbligo di manleva è quindi stata affermata esclusivamente quale conseguenza della ritenuta inesistenza del credito azionato degli attori. Risultando tale ultimo credito ormai accertato con sentenza passata in giudicato pronunciata nei confronti della C s.r.l., (che quale parte processuale ha potuto svolgere compiutamente le proprie difese in giudizio e alla quale è quindi direttamente opponibile il giudicato), appare evidente la pretestuosità delle allegazioni difensive svolte dall’appellante. In definitiva l'appello principale deve essere in toto rigettato e la sentenza impugnata integralmente confermata, con conseguente assorbimento dell'appello incidentale condizionato svolto da C s.a.s.. -          Omissis -  

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