Studio legale Valentini
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Decreto d’esproprio – pregressa scadenza del termine di occupazione legittima – difetto di interesse al ricorso
FATTO E DIRITTO Il sig. S. ha impugnato il decreto di espropriazione pronunciato dal Comune di V. a conclusione della procedura ablativa interessante immobile di proprietà del ricorrente già acquisito dal Comune per “accessione invertita” con corresponsione di somma a titolo di acconto sulla indennità che il ricorrente assume dovutagli e quantificata, come da richiesta risarcitorio già all’epoca avanzata al Tribunale civile di Brindisi. …” La questione posta all’esame del Collegio con l’unico articolato motivo di ricorso riguarda l’illegittimità del decreto di esproprio emanato quando erano già trascorsi 5 anni dall’occupazione dell’area del ricorrente in carenza di potere. “… Con deliberazione della Giunta Municipale l’Amministrazione Comunale, ritenendo l’illegittimità dell’occupazione del fondo del ricorrente, ne dichiarava l’acquisizione per “accessione invertita” offrendo quale indennità risarcitoria una somma. A seguito di tale deliberazione il ricorrente, adiva il Tribunale civile di Brindisi per ottenere risarcimento dei danni subiti per effetto dei provvedimenti di natura ablatoria avvenuti in carenza di titolo. Tale giudizio si concludeva con la sentenza con la quale in accoglimento delle pretese attoree si condannava il Comune al pagamento. Tale sentenza era impugnata avanti alla Corte di Appello di Lecce (il giudizio è tutt’ora pendente n.d.r.). …” Ciò precisato in fatto ritiene il Collegio che l’irreversibile trasformazione del fondo di proprietà del ricorrente, prodottasi per effetto della realizzazione dell’opera pubblica cui era funzionale l’avviata procedura espropriativa, rende il decreto di esproprio (adottato ben cinque anni dopo il decorso del termine di efficacia dell’occupazione d’urgenza) tamquam non esset o inutiliter datum. Invero, il decreto espropriativo, al momento della sua emanazione nasceva orbo del suo oggetto fondamentale, ossia il diritto di proprietà sul fondo del privato, medio tempore già transitato nella proprietà del Comune in quanto, secondo i principi all’epoca disciplinanti le procedure ablatorie, a seguito della realizzazione dell’opera pubblica il fondo era acquisito alla mano pubblica per effetto del noto discusso fenomeno dell’occupazione appropriativa e della conseguente accessione invertita (l’istituto dell’accensione invertita, di creazione giurisprudenziale (Cass. Civ., SS.UU., 26 febbraio 1983 n. 1264; 10 giugno 1988 n. 3940, in Cons. Stato 1988, II, 2115) presupponeva proprio una occupazione di un bene da parte della Pubblica Amministrazione (quantomeno) in assenza di legittima conclusione del procedimento espropriativo entro i termini previsti dalla dichiarazione di pubblica utilità). Alla stregua delle suesposte considerazioni può quindi ritenersi che il decreto impugnato proprio, perché privo di oggetto – e in disparte la problematica teorica circa la sua nullità ovvero la sua radicale inesistenza – è inidoneo a produrre effetti lesivi e a radicare, conseguentemente l’emergenza dell’interesse a ricorrere, insussistente tutte le volte in cui difetta la lesione e il pregiudizio che da essa ordinariamente scaturisce. Può anche ulteriormente considerarsi come un eventuale annullamento del provvedimento di esproprio impugnato non recherebbe alcun vantaggio al ricorrente, atteso che lo stesso, proprio a seguito della privazione del suo diritto di proprietà a causa della realizzazione dell’opera pubblica, ha domandato al Giudice ordinario la condanna del Comune al risarcimento del danno da perdita del suo diritto di proprietà (v. sentenza del Tribunale di Brindisi e della Corte d’Appello di Lecce versate in atti). Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile per carenza di interesse” …