Appello – Specificazione ulteriore della domanda non svolta in primo grado – ammissibilità

14.01.2020 Corte di Appello di Ancona Sent. 24/2020 Pres. Marcelli – Est. Damiani

28/01/2020

…” Con sentenza dell’1.09.2014 il Tribunale di Pesaro, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da A nei confronti della Società X e con la chiamata in causa di B, coniuge di parte attrice, ravvisata la sussistenza del reciproco inadempimento delle parti in merito alle obbligazioni nascenti dalla scrittura privata da esse sottoscritta in data 2.09.2005, unitamente al broker Y, avente ad oggetto la cessione delle polizze di quest’ultima alla Società X, altro broker, che si era impegnata a pagare ad A il 50% delle provvigioni sulle polizze cedute e su quelle di possibile nuova acquisizione di clientela, nonché a riconoscerle una quota di partecipazione del 5% come socia accomandante per l’attività prestata negli uffici della Società X, ha condannato A e B al pagamento in favore di quest’ultima della  somma di € (omissis) oltre alle spese di lite. Avverso la citata sentenza hanno proposto appello A e B, chiedendone la riforma per l’erronea interpretazione delle clausole contrattuali quanto all’assenza di un obbligo della A di passare a X i clienti che, in caso di mancato gradimento, avrebbero potuto cambiare società, evidenziando il sorgere del diritto alle provvigioni per le polizze riferibili alla stessa A e gestite da X e subordinandolo all’avvenuto incasso dei premi di polizza, avendo il giudicante ritenuto contrario a buona fede il comportamento di A nell’assunto di aver insieme a B convogliato, verso aziende concorrenti, le polizze provenienti da Y e apportate a X, che pertanto non potrebbe lamentare alcun danno derivante da polizze che A non era obbligata a portare, essendo solo suo interesse farlo al fine di percepire le provvigioni ad ogni rinnovo di polizza. La mancanza di buona fede riguarda, piuttosto, il comportamento della sola X, che non ha iscritto A ai corsi necessari per ottenere la qualifica, né nell’ultimo periodo le ha consentito l’accesso agli uffici, in tal modo lucrando sulle provvigioni altrimenti a lei destinate e determinando la crisi del rapporto tra le parti. In merito al quantum liquidato in sentenza sulla scorta della CTU, i calcoli relativi al 2007 sono erronei in quanto si basano sulla differenza tra le provvigioni dovute secondo A e quelle dovute secondo la Società X, mentre per l’anno 2008 i calcoli sono stati eseguiti sulla base di mandati senza data e quindi inidonei a dimostrarne l’avvenuto rilascio prima del rinnovo della polizza. Si è regolarmente costituita in giudizio la Società X, contestando in modo specifico l’avverso gravame di cui ha preliminarmente chiesto il rigetto per inammissibilità sia ex art. 342 c.p.c. a causa della generica formulazione dei motivi d’appello e l’assenza di un progetto alternativo di sentenza sia ex art. 345 c.p.c. per risultare la domanda in I grado limitata alle doglianze sulla mancata iscrizione ai corsi ISVAP, mentre in sede di gravame intende ricomprendere il diritto alle provvigioni di cui alle polizze stipulate da clienti apportati da A alla Società X nell’assunto che essa ne abbia la sola facoltà e non l’obbligo e che il contratto non preveda alcuna clausola limitativa in ordine ad eventuali diverse soluzioni che i clienti avessero voluto adottare in via autonoma; nel merito, ha eccepito l’infondatezza del gravame in fatto e in diritto, ribadendo la mancanza di buona fede nella condotta dei coniugi A e B, che nel maggio/giugno 2007 hanno cessato la loro presenza negli uffici della Soc. X e trasferito verso alti broker le polizze di cui ai contratti ex Soc. Y, essendosi in tale periodo verificate ben n. 122 disdette di posizioni assicurative e il mancato versamento di somme riscosse dai clienti a titolo di premi per l’importo di oltre €. (omissis).   Insussistente   è, inoltre, il diritto a conseguire   il  pagamento  delle provvigioni per gli anni 2007 e 2008, attesa la mancata iscrizione di A nel Registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi tenuto dall’ISVAP ed istituito dall’art. 109 d.lgs. n.209/2005. Con l’appello incidentale ha, infine, chiesto la riforma della sentenza nella parte in cui non ha liquidato l’intero danno subito dalla Soc. X, non potendo esso limitarsi, come da CTU, con esclusivo riferimento alle n. 122 disdette, senza ulteriormente considerare tutte le altre polizze dapprima apportate in X e successivamente risolte a causa del comportamento inadempiente di A e B, foriero di danni nell’ammontare di € (omissis) oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla domanda sino al soddisfo. All’udienza del 2.07.2019, precisate le conclusioni come in epigrafe, la Corte ha trattenuto la causa in decisione. L’appello è infondato e non è meritevole di accoglimento. Dovendo preliminarmente scrutinare l’eccezione di inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c., si osserva a riguardo come, dall’esame complessivo dell’atto di gravame, sia possibile individuare le parti della sentenza colpite da gravame e sia altresì possibile enucleare le censure che l’appellante ha inteso muovere alle parti di decisione impugnate nonché le modifiche richieste alla decisione del giudice, dovendo oltretutto escludersi, come recentemente chiarito da Cass. Civ., sez. I, 12.01.2017, n. 612 e da Cass. SS.UU. 27199/2017, la necessità di utilizzo di particolari formule sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado. L’ulteriore motivo d’inammissibilità dell’atto di appello, poiché articolato su censure non tempestivamente dedotte in primo grado, riguarda il riconoscimento di una provvigione in favore di A sulle polizze stipulate da X verso clienti a questa portati da A e B, in virtù di un’interpretazione del contratto che non avrebbe previsto alcun obbligo in tal senso, vale a dire che sia la clientela che la X avrebbero potuto scegliere di recedere dal contratto originario, essendosi le rimostranze degli appellanti limitate in I grado all’asserito inadempimento della X che, pur avendone l’onere, non li avrebbe iscritti ai corsi ISVAP, pertanto impedendo loro l’iscrizione nell’apposito registro divenuto obbligatorio dal febbraio 2007 per i collaboratori di Società Broker Assicurativi. Osserva la Corte come tali doglianze, oltre a non essere rilevanti ai fini del decidere in quanto l’art. 3 della scrittura prevede che il riconoscimento delle provvigioni avvenga “al momento del loro incasso” (art. 3 scrittura), pertanto solo in caso di mancato recesso dal contratto di assicurazione, non rappresentano comunque una domanda nuova ma una sua semplice specificazione, essendosi gli appellanti limitati ad affermare per la prima volta in sede di gravame il proprio punto di vista interpretativo della scrittura privata, senza tuttavia introdurre un tema d’indagine estraneo alla domanda stessa e quindi senza alterare il regolare svolgimento del contraddittorio (in tal senso Cassazione civile, sez. II, 11.09.2000,n. 11930), in linea con le preclusioni del codice di rito secondo cui è possibile modificare e/o precisare la domanda giudiziale fino alla c.d. prima memoria ex art. 183 c.p.c. Procedendo alla valutazione nel merito proprio della predetta eccezione, dalla lettura dell’accordo del 2.09.2005 emerge con chiarezza l’assunzione dell’obbligo da parte della Soc. Y di ottenere dai propri clienti i mandati di brokeraggio assicurativo in favore di X, che ne diventa proprietaria tramite lettera d’incarico e pertanto nella scrittura non è contemplata l’ipotesi del recesso per mancato gradimento della controparte, in quanto la Soc. X ha sottoscritto l’accordo proprio al fine di gestire l’andamento delle polizze assicurative, sia pure con la codificazione per uso interno a nome di A e, quanto al contraente ceduto, per lui non sono rilevanti le qualità personali del broker assicurativo in relazione alla tipologia della prestazione fornita, che non è fondata sull’elemento fiduciario dei contraenti. Sotto tale aspetto va, altresì, reputata la correttezza della sentenza nella parte in cui ha ritenuto contrario a buona fede il comportamento di A per aver insieme a B convogliato, verso aziende concorrenti, le polizze provenienti da Y che, secondo l’accordo, avrebbero dovuto essere affidate a X, ponendo in essere un’attività di storno della clientela. Osserva la Corte come il divieto predetto sia insito nel sinallagma dell’accordo stesso che altrimenti non avrebbe avuto ragion d’essere, atteso che i coniugi A e B si sono determinati a cedere il proprio portafoglio clienti per non essere più in grado di sopportare i costi dell’organizzazione e della struttura, ricevendo quale corrispettivo dalla Soc. X il riconoscimento di una congrua percentuale di provvigioni nell’ammontare del 50% al netto di ogni onere e spese, circostanza tale da far ritenere auspicabile la permanenza dei clienti precedenti e l’acquisizione dei nuovi in virtù delle previsioni dell’art. 4) dell’accordo. La sentenza ha, altresì, correttamente reputato non rilevante la mancanza dell’iscrizione all’albo, in quanto non prevista affatto dai contraenti quale requisito professionale necessario per la stipula delle polizze e neppure considerata all’esito dell’entrata in vigore nel febbraio 2007 della normativa ISVAP che ne ha imposto l’obbligatorietà, non considerandola quale l’effettiva causa della risoluzione contrattuale peraltro comunicata vari mesi dopo l’entrata in vigore del regolamento citato. Oltre allo sviamento di clientela, il primo giudice ha valutato come condotta contraria a buona fede in sede di esecuzione del contratto anche la trattenuta di alcuni dei premi riscossi da parte di A, che non ha contestato l’addebito giustificandolo con la finalità di operare una compensazione con il credito asseritamente vantato nei confronti della Soc. X: entrambi i suddetti comportamenti, quindi, costituiscono gli estremi di grave inadempimento per l’invocata risoluzione della scrittura, verificatasi nel giugno 2007 per effetto dello scambio di corrispondenza tra le parti, a cui la sentenza impugnata ha correttamente riconosciuto quanto a parte attrice “il diritto a percepire il 50% delle provvigioni per gli affari condotti fino alla data della risoluzione”, mentre a parte convenuta “il diritto al risarcimento dei danni costituiti dalla perdita delle provvigioni relative alle polizze stornate” (così la sentenza a pag. 3), per la cui quantificazione il giudicante ha mutuato sic et simpliciter le risultanze della CTU in quanto del tutto logiche ed esaustive, all’esito dell’accurata indagine che risulta correttamente espletata, in aderenza alla copiosa documentazione versata in atti e nel corso di numerose sessioni in contraddittorio tra le parti, correttamente recependo le osservazioni dei rispettivi CTP e confutandone le contrapposte tesi. La Corte rigetta, infine, le richieste oggetto di appello incidentale, condividendo le motivazioni della sentenza nella parte in cui ha reputato spettante alla Soc. X la somma di € (omissis) a titolo di risarcimento del danno, corrispondente alle provvigioni che secondo l’accordo avrebbe dovuto percepire A in relazione alle n. 122 polizze prodotte in atti, non reputando equa la pretesa della società appellata che fa riferimento a un diverso calcolo scaturente dall’esame anche delle polizze dapprima apportate da A e B e successivamente “perse” a causa del comportamento inadempiente dei suddetti brokers, tuttavia senza necessità di formale disdetta da parte della clientela che, all’epoca dello svolgimento dei fatti, non era obbligata a sottoscrivere alcun mandato di brokeraggio. In considerazione del chiaro ed univoco quadro probatorio delineatosi all’esito del giudizio di I grado, la sentenza impugnata dev’essere interamente confermata e, considerata la soccombenza reciproca, le spese di lite del grado vanno interamente compensate ex art. 92, co.2, c.p.c.

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