Area di proprietà di Ente pubblico destinata dal PRG a Strada Pubblica non realizzata – possesso ultraventennale di un terzo – usucapione – sussistenza Domanda di acquisto del terreno da parte del terzo – irrilevanza

4.5.022 Corte Appello Ancona – Sent. 591/2022 – Pres. Est. Federico

16/05/2022

(omissis) Il Tribunale di Urbino, con la sentenza n. 238/2018, pubblicata in data 26 luglio 2018 accoglieva la domanda di rivendicazione promossa dal Comune di V nei confronti dei sig.ri A, B, C, respingendo la domanda riconvenzionale avanzata da questi ultimi, di usucapione ex art. 1158 cod. civ.           Il Tribunale,     in      particolare,         riteneva        infondata         la          suddetta riconvenzionale, stante il mancato assolvimento dell’onere probatorio in capo ai convenuti, non risultando accertati i relativi fatti costituitivi. Il giudice di prime cure, pertanto, respinta la domanda riconvenzionale accoglieva la domanda di rivendica ritenendo il Comune quale legittimo proprietario del fondo in questione e, per l’effetto, ordinava ai convenuti la restituzione, previa rimozione della recinzione e dei manufatti ivi realizzati. Avverso detta sentenza propongono appello i sig.ri A, B, e C, chiedendo, in via principale, accertare e dichiarare l’intervenuto acquisto per usucapione, ai sensi dell’art. 1158 cod. civ. dell’immobile oggetto della controversia, da parte di essi appellanti ed, in via subordinata, condannarsi il Comune al pagamento in loro favore a titolo di rimborso o risarcimento, ovvero, in subordine, a titolo di indennizzo ex art. 2041 c.c., di tutte le spese e costi sostenuti per l’immobile [e] per l’esecuzione delle opere di manutenzione e per le migliorie ivi effettuate oltre al ristoro delle spese tecniche. Il Comune, costituitosi, resiste, chiedendo l’integrale rigetto dell’appello. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.   Con il primo motivo, gli appellanti denunziano la violazione degli artt. 823 e 824 cod. civ. con riferimento alla statuizione dell’impugnata sentenza che ha affermato l’ inidoneità del bene al possesso ad usucapionem nel periodo anteriore al 1994 per la natura demaniale dello stesso. 1.1.  In particolare, gli appellanti escludono la natura demaniale dell’ immobile in oggetto, poiché dalla motivazione della deliberazione n. 49 del 15.09.1994 del Comune di V, si desume l’assenza di destinazione del bene ad uso pubblico, affermandosi in detta delibera che il terreno era «completamente inutilizzato allo scopo pubblico». 1.2.    Secondo quanto evidenziato dagli appellanti nella proposta di deliberazione redatta dall’ufficio tecnico dell’ente territoriale si prende atto della mancanza di utilità del terreno per fini pubblici già anteriormente al 1994, fermo restando che il 15.3.1994 il sig. P (dante causa degli odierni appellanti) aveva presentato al Comune proposta di acquisizione del terreno che era dallo stesso utilizzato. 2.    Con il secondo motivo di appello, si denunzia la violazione degli artt. 1146 e 1158 cod. civ. in relazione alla ritenuta carenza in capo al sig. P del requisito soggettivo dell’animus possidendi. Si deduce, quindi, l’erroneità della sentenza nella parte in cui il primo giudice ha fatto discendere dalla consapevolezza in capo al sig. P della altruità della res la carenza di animus possidendi ai fini dell’acquisto del bene per usucapione. 2.1.  L’appellante rileva, in contrario, che la proposta di acquisto del bene formulata dal sig. P ed indirizzata al Comune, così come la richiesta di autorizzazione all’installazione di un pozzo, non rappresentano un ostacolo al perfezionamento dell’usucapione. Ne consegue che, avendo il sig. P esercitato sul bene immobile in questione un possesso ultraventennale (iniziato già nel 1964), gli odierni appellanti avrebbero acquistato il bene per usucapione, essendo succeduti nel possesso al loro dante causa ex art. 1146 cod. civ. Con il terzo motivo gli appellanti denunciano l’ errata valutazione delle risultanze processuali, avuto riguardo alla ritenuta carenza di prova dell’esercizio da parte loro di poteri corrispondenti a quelli del proprietario, in contrasto con le dichiarazioni dei testi escussi. I motivi, che per loro connessione possono essere esaminati unitariamente, sono fondati. Conviene premettere che, secondo quanto dichiarato dal tecnico del Comune di V, l’ente territoriale è divenuto proprietario di quest’area (solo) nell’anno 1993, “a seguito della cessione delle strade di una lottizzazione dei signori X.” Deve altresì ritenersi provato che il suddetto terreno, che costituiva il tratto terminale, di circa 40 mq, di una via pubblica, non era mai stato asfaltato, posto che il dante causa degli odierni appellanti P, lo aveva occupato e coltivato. Risulta invero dalla stessa delibera n.49 del 1994, di sdemanializzazione che tale frustolo “era completamente inutilizzato allo scopo pubblico.” Tutti i testi escussi hanno inoltre riferito che il terreno in oggetto era utilizzato in modo esclusivo da P da data di gran lunga anteriore alla cessione del terreno medesimo al Comune. Il teste W ha infatti riferito di aver visto che P coltivava il terreno in questione sin dagli anni ’60 e fino al 1973, allorquando si era trasferito; di essere tornato nel 2008 rilevando che il medesimo terreno era utilizzato dai figli del P. Il teste ha precisato di aver visto i soli P e gli appellanti coltivare il terreno, riferendo che già dal 1973 il terreno era recintato; in esso giocavano i bambini della famiglia ed era stata installata una piscina. Pure il teste Y ha dichiarato che il terreno in oggetto è utilizzato sin dal 1970 dalla famiglia P che lo coltiva, vi tiene un cane, vi ha installato un pozzo ed ha anch’egli riferito che il terreno è recintato e che gli appellanti si occupa io di mantenere il terreno pulito ed in ordine. La teste Z ha riferito che il terreno è sempre stato utilizzato da P e dopo la sua morte dai figli, i quali coltivano l’orto, si occupano della pulizia e del taglio dell’erba; ha inoltre dichiarato che nel terreno vi è una scala esterna, ristrutturata dal P, una cuccia ed un cane e che il terreno esso è recintato.Ha escluso che altri soggetti diversi dai signori P abbiano mai utilizzato il terreno in questione. L’utilizzo esclusivo e la recinzione del terreno da parte degli appellanti e del loro dante causa è stato confermato pure dai testi  S e T. Il teste K ha dichiarato che il terreno in origine era aperto ed utilizzato da tutti, fino a che i P non lo hanno recintato ed hanno cominciato da utilizzarlo solo loro, coltivando piante e fiori, oltre ad effettuare lavori di piccola manutenzione. Il teste non è stato peraltro in grado di indicare l’epoca in cui fu realizzata la recinzione ed iniziò l’uso esclusivo da parte dei signori P.           Orbene sulla base delle dichiarazioni dei testi escussi deve ritenersi provato che il terreno in oggetto, quanto meno dal 1970 fu coltivato ed utilizzato in via esclusiva, dapprima da P e successivamente dai suoi aventi causa e che esso non fu mai adibito a strada pubblica. L’unico teste, S, il quale ha riferito che il terreno originariamente evfino alla sua recinzione, era utilizzato da tutti, ha precisato di non essere in grado di indicare in quale epoca la recinzione stessa fu realizzata, laddove diversi testi escussi hanno dichiarato che l’uso esclusivo e la recinzione risaliva quanto meno agli anni ’70. In ogni caso non risulta che il frustolo fu mai utilizzato come strada pubblica ed abbia mai avuto effettiva destinazione all’uso pubblico, posto che secondo quanto dichiarato dal tecnico comunale esso fu acquistato dal Comune solo nell’anno 1993 e già nell’anno 1994 è stata emanata la citata delibera di sdemanializzazione, in cui si dà atto della assoluta mancanza di utilizzazione pubblica. Ora, mancando un’effettiva destinazione ad uso pubblico, non sussiste alcun limite usucapibilità dell’area ed appare dunque irrilevante la successiva deliberazione di revoca da parte del Comune, intervenuta nell’anno 2005, quando si era ormai ampiamente perfezionata l’usucapione in favore degli odierni appellanti, ai sensi dell’art. 1146, comma 1 e 1158 c.c., a seguito del possesso uti  dominus pacifico ed ultraventennale iniziato dal loro dante causa, sin dal 1970 e continuato da parte di costoro, quali eredi, senza soluzione di continuità. Si osserva, in ogni caso, che la delibera n.5 del 2005 - che revocava la precedente delibera di vendita del terreno al P (n.71 del 1994) non è idonea ad interrompere il possesso utile, posto che, secondo il consolidato indirizzo della S.C.in tema di usucapione, dal combinato disposto degli artt. 1165 e 2943 cod. civ. risultano tassativamente elencati gli atti interruttivi del possesso, e tale tipicità non ammette equipollenti, onde non è consentito attribuire efficacia interruttiva ad atti diversi da quelli stabiliti dalla legge, benché con essi si sia inteso manifestare la volontà di conservare il diritto, a nulla rilevando che tali atti provengano dalla P.A.(Cass.13625 del 2009). 2. Quanto poi al rilievo della proposta di acquisto del terreno e di istanza di autorizzazione alla esecuzione di un pozzo (istanza accolta dal Comune) da parte del signor P, è sufficiente rilevare, che a quella data l’usucapione si era già perfezionata essendo iniziata nel’ 1970. In ogni caso pur datando ad epoca successiva l’uso esclusivo e la recinzione dell’area, segni inequivocabili del possesso uti dominus del terreno (Cass.1796 del 2022), la consapevolezza dell’altruità della res non è incompatibile con l’animus rem sibi habendi, atteso che esso non consiste nella convinzione di essere proprietario, bensì nell'intenzione di comportarsi come tale, a prescindere dallo stato soggettivo di buona o di mala fede del possessore (cfr. Cass. civ. 2021 n. 13153). Da ciò la conseguenza che non è idonea ad interrompere il possesso ad usucapionem la proposta di acquisto del terreno, né tanto meno l’istanza per la costruzione del pozzo. Come si è già evidenziato, gli appellanti hanno dunque provato il possesso utile ad usucapionem, manifestatosi con la recinzione, la coltivazione e la manutenzione del terreno, oltre che con l’utilizzo esclusivo dello stesso anche per il periodo successivo all’anno 1994, continuando senza soluzione di continuità nell’esercizio del possesso del proprio dante causa. Deve dunque ritenersi che, ferma la mancanza di un’ effettiva destinazione dell’area ad uso pubblico, gli appellanti abbiano assolto all’onere di dimostrare un possesso, iniziato dal loro dante causa e da essi proseguito, estrinsecatosi nel pieno ed esclusivo godimento del bene, in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui ed in maniera tale da evidenziare in modo univoco la volontà di possedere uti dominus. L’accoglimento dei primi tre motivi assorbe l’esame del quarto mezzo, con il quale, in via meramente subordinata, si chiede il rimborso di tutte le spese sostenute per il terreno in questione anche in relazione alle opere di manutenzione, nonché alle migliorie sullo stesso eseguite oltre al ristoro delle spese tecniche.             5. In conclusione, in accoglimento dell’appello, va disattesa la domanda di rilascio del terreno spiegata dal Comune di V, dovendo accogliersi la domanda riconvenzionale degli appellanti e dichiararsi l’intervenuto acquisto del terreno oggetto del giudizio, sito in Comune di V, distinto al Catasto (omissis) con ordine al sig. Conservatore dei RR.II. di procedere alla trascrizione della presente sentenza. L’accoglimento del gravame comporta una nuova regolazione delle spese di lite, che, regolate secondo soccombenza, vanno poste, per entrambi i gradi, a carico del Comune appellato e sono liquidate come da dispositivo. (omissis)  

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